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Articolo 21 - Editoriali
La libertà di stampa in Italia, vista dall'estero
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di Giulio D'Eramo

Il 21 maggio le maggiori testate internazionali hanno riportato le parole di Lanny A. Brauer ( sottosegretario USA al Dipartimento con delega alla criminalità organizzata internazionale), ma da allora nulla o quasi è apparso sui giornali anglo-americani.

 Quello di notizie a effetto riportate in prima pagina per poi cadere rapidamente nell'oblio è un fenomeno vecchio quanto la stampa libera, che non dipende dalla dalla linea editoriale degli organi di informazione quanto dalle leggi di mercato che ne regolano il funzionamento, leggi che impongono la ricerca costante di scoop a scapito della completezza dell'informazione. Ma ricordandoci le forti prese di posizione dei giornali d'oltre manica nei confronti del nostro primo ministro, il silenzio che sta accompagnando quest'ultimo giro di vite sul potere contestatorio dei Media italiani nasconde una profonda stanchezza e disillusione nei confronti del Bel Paese.
 Lo sconcerto e la preoccupazione nel vedere stravolti i presupposti stessi del buon funzionamento di una democrazia, in particolare per quanto riguarda il principio della divisione dei poteri, sono stati  piano piano soppiantati dalla percezione che ormai i giochi siano fatti, e che il fenomeno Berlusconi sia legato più alle caratteristiche specifiche della nostra cultura politica che al potere propagandistico dell'impero berlusconiano.

Parlando con amici giornalisti a Londra, ho cercato di sottolineare l'accelerazione della deriva autoritaria del nostro governo, spiegando come il clima sia lentamente cambiato:
 Il grande comunicatore, l'uomo che grazie al suo stile e alle sue televisioni aveva mostrato infine come la censura sia un'arma obsoleta, inutile in un mondo in cui piuttosto che nascondere le informazioni si può semplicemente raccontare una realtà parallela, distaccata dai fatti se non in contrapposizione con essi, sta senza dubbio ritornando sui suoi passi rispolverando strumenti di controllo a dir poco coercitivi. Insisto facendogli notare come l'uomo cresciuto all'ombra della loggia P2, che nel suo terrificante programma d'azione ribadiva comunque la volontà di agire all'interno di un ordinamento democratico-costituzionale, stia democraticamente smantellando gli organi vitali della repubblica, accentrando i vari poteri nelle mani dell'esecutivo (nomina dei candidati da parte dei vertici dei partiti, limitazioni e influenza diretta sull'operato di magistratura e stampa). Insomma sta superando se stesso e i propri istinti autoritari, ed è la prima volta che vedo traballare l'ordinamento della nostra repubblica parlamentare . Stanco e provato da questa tirata, con lo stesso senso di colpa e di vergogna che mi attanaglia le viscere quando mi capita di lamentarmi in pubblico della mia ragazza, riprendo fiato e mi guardo intorno cercando di cogliere l'umore dei miei interlocutori. E li trovo lì che mi  fissano negli occhi con espressione affettuosamente ironica: “beh, ma queste cose si sapevano già. Finché riusciva ad essere popolare senza censura lo ha fatto, è normale però che in un momento di difficoltà cerchi di ampliare e blindare i mezzi coercitivi che ha a disposizione”.

Quindi ormai dal problema Berlusconi l'attenzione si sta spostando sul problema -che ben conosciamo- di una mancata opposizione, dell'inesistenza di un'alternativa politica pensata per vincere e non per mercanteggiare con un governo che non ha nessun bisogno di scendere a compromessi.

 

 

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