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Articolo 21 - Editoriali
Ddl intercettazioni: pregiudiziale di costituzionalità già presentato dal Pd nel marzo 2009
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di redazione

Pubblichiamo di seguito la questione pregiudiziale di costituzionalità presentata dal PD nel marzo 2009 sul disegno di legge in materia di intercettazioni telefoniche (A.C. 1415) ed il resoconto dell’illustrazione da parte dell’on. Ferranti.

DISEGNO DI LEGGE: NORME IN MATERIA DI INTERCETTAZIONI TELEFONICHE, TELEMATICHE E AMBIENTALI. MODIFICA DELLA DISCIPLINA IN MATERIA DI ASTENSIONE DEL GIUDICE E DEGLI ATTI DI INDAGINE. INTEGRAZIONE DELLA DISCIPLINA SULLA RESPONSABILITÀ AMMINISTRATIVA DELLE PERSONE GIURIDICHE (A.C. 1415-A) ED ABBINATE PROPOSTE DI LEGGE JANNONE; CONTENTO; TENAGLIA ED ALTRI; VIETTI E RAO; BERNARDINI ED ALTRI (A.C. 290-406-1510-1555-1977)
A.C. 1415-A ed abb. - Questioni pregiudiziali

La Camera,

premesso che:

la nuova disciplina che è contenuta nel provvedimento in esame sottopone l'uso delle intercettazioni telefoniche e degli strumenti ad esse assimilati ad un tale complesso di limitazioni e di condizioni che, al di là delle singole misure in cui si traduce, finisce per ridimensionare gravemente ed irragionevolmente le possibilità di ricorso a tale strumento di indagine e di acquisizione delle prove;
dall'applicazione delle nuove norme risulterebbe compromessa la funzione di repressione penale, spettante allo Stato al fine di garantire l'ordine e la sicurezza pubblica e di restaurare la legalità violata: tali funzioni sono alla base della stessa esistenza dello Stato moderno e sono in più punti presupposte dalla Carta costituzionale, sia laddove la funzione di repressione penale è espressamente menzionata quale forma di limitazione delle principali libertà costituzionali (ad es. articoli 13, 14 e 15) e, al tempo stesso, quale garanzia per il pacifico godimento delle stesse, sia nelle norme che indirizzano e circoscrivono - e perciò stesso presuppongono e riconoscono - la repressione penale (articoli 25 e 27);
inoltre il testo in esame prevede che l'uso delle intercettazioni possa essere autorizzato solo in presenza di «gravi indizi di colpevolezza», il che significa che si potrà richiedere l'autorizzazione dell'intercettazione solo dopo che sia stato già individuato un colpevole: l'intercettazione servirebbe, dunque, solo a reperire riscontri alla ricostruzione accusatoria già effettuata dal pubblico ministero: la lesione di un diritto costituzionalmente tutelato, come la libertà e segretezza delle comunicazioni (articolo 15 della Costituzione), sarebbe consentita quando, ormai, visto lo stato avanzato dell'indagine, essa non sarebbe più indispensabile. La proporzione tra il mezzo e il fine appare assai discutibile e sotto questo aspetto censurabile alla luce degli articoli 3 e 15 della Costituzione. È irragionevole che la compressione della libertà avvenga per finalità che non giustificano adeguatamente tale restrizione: una volta che il pubblico ministero abbia già reperito indizi di reità sembra più che ragionevole esigere che questi possa «blindare» l'indagine e garantire la maggiore saldezza dell'ipotesi accusatoria tramite strumenti diversi dalle intercettazioni e meno invasivi;
il provvedimento presenta, inoltre, profili chiaramente contrastanti con il principio di ragionevolezza, di cui all'articolo 3 della Costituzione, ravvisabili nella parte in cui compie una sostanziale equiparazione tra le intercettazioni telefoniche ed ambientali e le riprese di immagini acquisite in luoghi diversi da quelli privati, o addirittura nei luoghi pubblici: le semplici riprese visive in luogo pubblico non appartengono assolutamente al genus delle intercettazioni, ma sono sicuramente maggiormente assimilabili a quello delle prove documentali, e già incontrano il loro limite costituzionale nel principio della tutela della libertà domiciliare contenuto nell'articolo 14 della Costituzione;
il provvedimento in esame appare, altresì, in evidente contrasto con l'articolo 21 Costituzione, giacché vieta la pubblicazione, anche per riassunto, del contenuto degli atti di indagine anche laddove non sussista il segreto: si ottiene, in questo modo, l'assoluta opacità all'esterno di una fase nevralgica del procedimento penale, quella delle indagini, e si impedisce di fatto ai cittadini e all'opinione pubblica di conoscere e verificare fatti rilevanti della vita pubblica e di realizzare, tramite un corretto esercizio del diritto di cronaca e un legittimo accesso all'informazione, un controllo democratico dell'esercizio dei poteri di gestione dello Stato,

delibera

di non procedere all'esame dell'A.C. 1415.

n. 2. Ferranti, Tenaglia, Amici, Zaccaria, Garavini, Sereni, Bressa


XVI LEGISLATURA
Resoconto stenografico dell'Assemblea
Seduta n. 144 di mercoledì 11 marzo 2009

DONATELLA FERRANTI. Signor Presidente, nella nostra questione pregiudiziale di costituzionalità abbiamo illustrato tutte le nostre motivazioni di contrarietà alla Costituzione del provvedimento in esame.
Le soluzioni che ha proposto il disegno di legge Alfano alle problematiche dei rapporti tra processo penale e informazione, tra diritto alla riservatezza ed efficacia della repressione penale, obbligatorietà dell'azione penale e sicurezza dei cittadini, sono irragionevoli e contrastano con i principi fondamentali della Costituzione.
La fondatezza e la gravità delle questioni sollevate dall'opposizione del Partito Democratico in tutti i lavori di Commissione è avvalorata dalle vicende travagliate di questo testo che, uscito con urgenza dalla Commissione e calendarizzato per la discussione generale, ancora aspetta di essere esaminato.
Nel frattempo assistiamo a dichiarazioni alla stampa che annunciano modifiche, temperamenti e ripensamenti, ma ad oggi non sappiamo ancora quale sia il testo e il contenuto vero di tali ripensamenti. Andiamo ai punti di maggior rilievo e di impatto per la contrarietà alla Costituzione.
Per l'indebita equiparazione del regime relativo agli atti coperti da segreto a quelli degli atti non più coperti da segreto, una parte significativa della fase delle indagini Pag. 80preliminari risulterà sottoposta ad un regime di divieto di pubblicazione, anche per riassunto, con evidente compressione dei valori riconducibili all'articolo 21 della Costituzione, il che può significare che ai cittadini verrebbe vietato di sapere il contenuto delle indagini, se non a distanza di molto tempo dall'inchiesta: 18 mesi, due anni, forse anche di più.
Nessuno ha mai negato che era necessario intervenire sulla disciplina della divulgabilità degli atti di indagine, ma per risolvere questa esigenza bastava affermare che le conversazioni intercettate restassero segrete finché il giudice non avesse selezionato, in contraddittorio con le parti, quelle rilevanti e confinare in un archivio segreto, con divieto permanente di divulgazione, quelle irrilevanti.
Non c'era bisogno di intervenire pesantemente sull'articolo 114 del codice di procedura penale, con norme culturalmente e politicamente regressive, che riportano al codice Rocco, che non possono dirsi ispirate alla tutela della privacy, perché vi è il diritto dei cittadini ad essere informati e, quindi, vi è il diritto di cui all'articolo 21 della Costituzione.
Veniamo poi ad altre abnormità, veniamo alle riprese visive: tutte le riprese visive e non soltanto quelle effettuate di nascosto in luoghi garantiti dalla tutela del domicilio sono state equiparate alle intercettazioni di conversazioni e comunicazioni. Questo non si confronta con il fatto che le riprese visive non sono di per sé destinate ad intercettare conversazioni.
Ne conseguono ripercussioni ed un effetto irrazionale assai pericoloso: sebbene la polizia possa appostarsi per strada, seppure con estrema difficoltà operativa e rischio personale, ad osservare un'abitazione sospetta per verificare chi vi si rechi, non potrà predisporre un apparato di ripresa delle circostanze, perché dovrà prima verificare se quello rientra nell'elenco dei reati, se sussistono gravi indizi di colpevolezza, se c'è un giudice collegiale disposto ad autorizzare.
Sull'altro punto, i gravi indizi di colpevolezza che sostituiscono i gravi indizi di reato, è diffusa forse l'ignoranza e la non conoscenza della differenza esistente tra indizi di reato e indizi di colpevolezza; è bene chiarirlo, forse siamo ancora in tempo: gli indizi di reato indicano che un reato è stato un commesso (esempio: c'è un morto sulla strada con un pugnale infisso sul petto o vi è una donna che denuncia di essere stata stuprata).
Gli indizi di colpevolezza, invece, richiedono che un reato sia commesso da qualcuno specificamente, che a lui sia attribuibile e che, quindi, vi sia un colpevole. Questi sono gli stessi presupposti che sono richiesti per una visura della libertà personale. Il concetto di gravi indizi di colpevolezza indica, quindi, la sussistenza di un quadro definito di elementi di accusa che convergono su un soggetto, ascrivendogli la responsabilità di un fatto criminoso.
È irrazionale parificare ed equiparare questo quadro indiziario, richiederlo come fa il cosiddetto disegno di legge Alfano, in modo irragionevole, per l'autorizzazione ad utilizzare un mezzo di ricerca della prova, qual è l'intercettazione telefonica. Esigere per le intercettazioni telefoniche questi gravi indizi significa veramente svilire, snaturare, ostacolare ed impedire la ricerca della prova per accertare i reati. Un pubblico ministero potrà richiedere l'intercettazione telefonica solo per avere riscontri di una ricostruzione accusatoria già effettuata.
Vi invito a riflettere: la lesione di un diritto, come quelli della libertà e della segretezza delle comunicazioni, viene ad essere sacrificato quando, ormai, non c'è più bisogno e non è più indispensabile. Non vi è proporzione tra il mezzo ed il fine, in quanto il pubblico ministero sarà autorizzato ad intercettare, quando abbia già individuato un colpevole e dovrà individuare degli elementi in più, soltanto, quindi, quando quella finalità sia stata già raggiunta.
Stiamo facendo - state facendo - un regalo alla criminalità, tanto più grave nei casi in cui sono ignoti gli autori dei reati, per il quale il cosiddetto disegno di legge Alfano prevede una disciplina gravemente incostituzionale, in contrasto con gli articoli 3 e 12 della Costituzione. Esso, infatti, subordina l'autorizzazione alla richiesta della parte offesa, per le sole utenze, e nella disponibilità della stessa.
Mi chiedo: nei casi di stupro, di furto in abitazioni, di incendio doloso di un bosco, di una rapina, di un'estorsione, di un omicidio, in cui sono ignoti gli autori dei delitti, chi attiverà gli inquirenti? Quale utilità vi potrà essere nell'intercettare l'utenza della vittima, della persona offesa che, magari, è deceduta, ammesso che sia disponibile, che non sia impaurita, che sia tecnicamente individuabile? Si privatizzano le indagini, si denuncia al potere-dovere dello Stato di perseguire i reati ed individuare colpevoli. Vi è un paradosso: questo disegno di legge è stato elaborato da quelle forze politiche che nel programma elettorale e di Governo hanno posto, tra le priorità, l'ordinato svolgimento della società civile e la sicurezza dei cittadini.
Signor Ministro, non è sufficiente aver pensato a un doppio binario, tanto più irragionevole e contrastante con i principi costituzionali degli articoli 3 e 112 della Costituzione. Infatti, il dato di comune esperienza, dichiarato autorevolmente, più volte, nell'audizione in Commissione, è che spesso le indagini di criminalità organizzata nascono da intercettazioni condotte con riferimento alla criminalità comune (penso ai reati di droga, di riciclaggio, di usura).
Pertanto, se si andrà avanti con questa impostazione voluta dal cosiddetto disegno di legge Alfano, è necessario essere consapevoli che si ostacoleranno e si renderanno più difficili le indagini e l'utilizzo delle intercettazioni per i reati satellite e che, in realtà, in questo modo, si impedirà l'individuazione delle associazioni di criminalità organizzata, che si alimentano dei profitti e dei proventi illeciti della criminalità comune.
Mi appello veramente al senso delle istituzioni e al senso di responsabilità di ciascuno dei parlamentari nei confronti del proprio elettorato, affinché con il proprio voto consapevole sanciscano l'illegittimità costituzionale di questo testo. È necessario tornare indietro e pensare ad un testo che sia rispettoso dei principi costituzionali. Abbiamo bisogno di una riforma della normativa che regoli le intercettazioni. La società tutta ed i cittadini chiedono che vengano emanate norme rispettose delle regole e dei valori della Costituzione, che sappiano realizzare un giusto ed equilibrato contemperamento degli interessi in gioco e che non siano un regalo alla criminalità organizzata e alla criminalità comune (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

 

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