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Articolo 21 - Editoriali
Intercettazioni: per qualcuno non cambia nulla, per altri tutto
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di Alberto Spampinato*

Sulle intercettazioni c’è un’ampia mobilitazione. Si levano alte proteste. Ma molti restano indifferenti, non sanno neppure di che si tratta. Altri lo sanno, ma non credono che ci sia veramente una minaccia da scongiurare. Come farglielo capire? Credo che la prima cosa da fare sia ascoltare tutte le voci, cominciando da quelle che ci dicono di non preoccuparci, perché chi strepita contro lo scempio della libertà e della democrazia, esagera. Perché con questa legge non cambierà nulla…
E’ vero, per qualcuno non cambierà nulla. Ma per chi? Per chi è abituato a girare la testa dall’altra parte e a mettersi d’accordo con il più forte. Per chi già censura le notizie o si auto-censura, per paura, per convenienza, o per connivenza. Ed è probabile, come suggeriscono alcuni, che i nuovi divieti saranno applicati all’italiana: cioè come i divieti di sosta o di costruire abitazioni abusive. Saranno cioè generalmente ignorati e tollerati. Saranno contestati ad alcuni (a chi?) e non ad altri. Non c’è niente di rassicurante in questa prospettiva, perché nascerebbero ulteriori discriminazioni, si spingerebbero i più deboli e i più accomodanti a conservare il favore di chi detiene il potere di togliere una multa, di sanare una licenza, di applicare un condono. Non sarebbe una conclusione gradevole. Ma anche questa eventualità preoccupa solo alcuni. Ci sono intorno a noi persone che riescono a convivere con molte cose sgradevoli e probabilmente troveranno il modo di “ convivere” anche con i nuovi divieti, e magari di guadagnarci qualcosa.  Tutta questa gente fa bene a non preoccuparsi. Ma tutti gli altri hanno motivo di preoccuparsi. Tutti i cittadini che pretendono una amministrazione trasparente e il rispetto della legalità. I giornalisti che non si accontentano delle versioni ufficiali e addomesticate, delle ‘veline’ e dei comunicati stampa celebrativi. I cronisti che rischiano in proprio, e a volte subiscono minacce, pur di raccontarci i fatti senza peli sulla lingua, anche quando riguardano personaggi potenti e vendicativi. I cronisti giudiziari che seguono passo passo le inchieste dei magistrati inquirenti; che, come i bravi arbitri di calcio durante la partita, corrono dietro alla palla e fanno più chilometri dei giocatori. Tutti costoro fanno bene a preoccuparsi e a mobilitarsi. Se questa legge entrerà in vigore dovranno pensarci due, tre, quattrocento volte prima di scrivere, sulla base di attendibili indiscrezioni o di fonti non rivelabili, che un noto imprenditore, o qualche assessore o un ministro, è implicato in strani maneggi, scambi di favori, tangenti, o è indagato per qualche reato. Per scrivere queste cose, bisognerà attendere la prima udienza pubblica, cioè da tre a sei anni… E’ già rischioso pubblicare queste notizie. Ma se entrerà in vigore questa legge sarà molto più rischioso: scatteranno pesanti multe, carcere, sospensione obbligatoria dall’esercizio della professione. Prima di pubblicare una notizia del genere, il cronista dovrà convincere non solo il suo caporedattore e il suo direttore – come avviene adesso –  ma l’editore, che a sua volta, per queste trasgressioni, rischia multe fino a 460 mila euro. Questo è un punto importante, anche se molti non si rendono conto di cosa significa fare decidere al proprietario del giornale se una notizia può o non può essere pubblicata. Significa la fine di ogni parvenza di autonomia dell’attività giornalistica. Un’autonomia solennemente affermata e finora garantita dalla figura del direttore, quale fiduciario e garante sia dell’editore che della redazione. E’ vero che alcuni giornali già si regolano così. Hanno anticipato la riforma da tempo, di fatto, derogando alle regole: lasciano che sia il “padrone” a governare la redazione. Non c’è da esserne fieri, perché la libertà di stampa non ci ha guadagnato, anzi ha fatto dei passi indietro. Se in futuro, in tutti i giornali, a  decidere la pubblicazione di una notizia importante non sarà più il direttore – cioè un giornalista vincolato a un codice deontologico che impone di privilegiare l’interesse dei cittadini a conoscere le notizie di rilevante interesse generale – ma il proprietario della testata, un imprenditore interessato agli utili, preoccupato di rimetterci dei soldi e di compromettere relazioni utili con qualche amico o finanziatore, la natura dell’impresa editoriale cambierà radicalmente. Le notizie saranno prodotte come una qualsiasi merce, come i cuscinetti a sfera o i bulloni.  Avremo giornali docili, strutturalmente privi di notizie incisive, che sono le più costose. Avremo ‘cani da guardia’ sdentati. Questi giornali non avranno bisogno di giornalisti. Desteranno meno di oggi, io credo, l’interesse dei lettori, e anche dal punto di vista imprenditoriale saranno meno solidi.
Dunque io mi preoccupo, e fanno bene a preoccuparsi e a mobilitarsi tutti i giornalisti e i cittadini che considerano l’informazione giornalistica una infrastruttura portante della democrazia; una infrastruttura civile irrinunciabile, una infrastruttura non meno importante dei trasporti pubblici e della rete idrica. E’ giusto preoccuparsi e partecipare alla mobilitazione generale contro la legge bavaglio, anche se non è detto che alla fine questa legge entrerà in vigore.

*da Narcomafie

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