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Articolo 21 - Editoriali
Stefano Rodotà, “Non si tutela così la privacy, è un diritto dei cittadini quello di sapere”
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di Coordinamento 1 luglio

“Aderisco ovviamente perché sia sulla questione della legge che sui tagli alla cultura mi sono già ampiamente espresso. Le ragioni sono molto semplici: quella riguardante la legge sulle intercettazioni, la legge bavaglio per intenderci, mi pare che sia una conferma del valore dell'iniziativa presa dal momento che il numero elevatissimo di adesioni, centinaia di migliaia,  all'appello che è stato lanciato ha avuto certamente un peso nelle decisioni politiche che sono state prese in questo periodo e che hanno messo in discussione la legittimità di quel tipo di legislazione, comunque di alcune sue parti e che stanno rendendo difficile l'approvazione fulminea che era stata chiesta dal presidente del Consiglio.
Per quanto riguarda i tagli alla cultura i commenti sono quasi ovvi: un paese che fa i tagli alla cultura è un paese che, non come è stato detto, rinuncia alla propria identità ma che rinuncia anche al proprio futuro, cioè alla possibilità di avere nella cultura uno strumento importante di organizzazione sociale, di crescita complessiva del paese”.

Tornando alla legge sulle intercettazioni: uno degli argomenti usati per giustificarla soprattutto dal presidente del Consiglio Berlusconi è la difesa della privacy un tema a lei molto caro su cui è stato sempre impegnato. Regge questa argomentazione?
“Assolutamente no, perché se si vuole un'effettiva e difendibile tutela della privacy è sufficiente intervenire, e io avevo anche proposto che si facesse uno stralcio, sulle intercettazioni estranee alla materia dell'indagine o che pur riguardando persone indagate si riferiscono a conversazioni del tutto indifferenti per quanto riguarda le indagini. Irrilevanti. Se fosse stato fatto questo tipo di stralcio ci sarebbe stata un'approvazione rapidissima, con benefici certamente per la tutela delle privacy delle persone che non sono coinvolte nelle indagini.
Per quanto riguarda invece tutto ciò che riguarda le intercettazioni ma più in generale gli atti giudiziari qui entra in gioco un altro principio, e cioè quello della cosiddetta ridotta aspettativa di privacy delle figure pubbliche, che non è un'invenzione di queste settimane perché nel 1998 fu approvato dal Garante e dall'Ordine dei giornalisti un codice di deontologia professionale che è una vera e propria norma, applicabile anche dall'autorità giudiziaria, che all'articolo 6 dice che c'è una tutela ovviamente della privacy delle cosiddette figure pubbliche a condizione che le informazioni che li riguardano non abbiano alcuni rilievo per la valutazione della loro attività. Ora non c'è dubbio quindi che tutto quello di cui stiamo parlando e di cui si vorrebbe impedire l'approvazione invece riguarda direttamente l'attività di questi soggetti, quindi ha rilievo e i cittadini lo devono sapere perché, oltre ai controlli che ci sono amministrativi contabili e giudiziari, c'è il giudizio dei cittadini su chi esercita questo tipo di attività”.   
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