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Articolo 21 - Editoriali
Questione morale. Quale salvacondotto perché Berlusconi esca di scena?
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di Gianni Rossi

Potrebbe essere questione di giorni, di qualche settimana forse, ma i nodi della presunta trattativa tra apparati dello stato, ambienti politici e la mafia, negli anni cruciali tra il 1992 e il ’93, potrebbero essere sciolti dalle indagini dei pm di Caltanissetta, Sergio Lari e Nico Gozzo.  "Siamo a un passo dalla verità sulla strage di via D'Amelio. Una verità clamorosa di cui la politica potrebbe non reggere il peso", hanno detto alla Commissione Antimafia, i due pm di Caltanissetta che hanno riaperto le indagini sull'eccidio di via D'Amelio, dove nel luglio del 1992 perse la vita il giudice Paolo Borsellino e la sua scorta, pochi mesi dopo l’altra strage nella quale fu ucciso Giovanni Falcone e sua moglie.

E’ il nodo della nuova “Questione morale”, quella che coinvolge politici e “servitori dello Stato” tutt’ora in servizio permanente effettivo. Lo andiamo ripetendo da molti anni (purtroppo inascoltati) su questo sito: più che dei processi milanesi sugli scandali finanziari, Berlusconi deve preoccuparsi delle reazioni a catena che potrebbero pervenire dai risultati delle inchieste giudiziarie di Caltanissetta, perché coinvolgeranno il sistema di potere che si è istaurato a partire proprio dalla gestazione della sua “discesa in campo”. Altro che governo di larghe intese o di emergenza nazionale!

Da sinistra si è troppo spesso ridimensionato il problema della Questione morale (la stessa che fu indicata negli anni Ottanta dall’allora segretario del PCI, Enrico Berlinguer), forse perché  alcuni settori dei partiti dell’opposizione non sono immuni dalla berlusconizzazione imperante dell’ultimo Ventennio. Anche gli ultimi scandali testimoniano di un sistema di corruzione, intrighi, ricatti, di una miscela esplosiva anti-istituzionale formata da apparati riservati e deviati dello Stato, settori della criminalità organizzata e ambienti politici, a volte espressioni anche dei governi nazionali e locali, usi a tecniche storicamente proprie della massoneria deviata, come la disciolta loggia P2 di Licio Gelli. Questo sistema di potere sta portando il nostro paese alla deriva, al degrado morale, alla lotta tra “bande”, al declino economico, culturale e sociale.

Il regime berlusconiano è di certo una “faccia” del sistema di potere condito dai vizi pubblici e privati della classe politica italiana, passata indenne dagli scandali degli anni Ottanta e Novanta: una sorta di “riciclaggio” dei vecchi metodi in uso tra le coalizioni del centro-sinistra, nelle quali la DC era la centro e i suoi alleati (PSI, PLI, PSDI, PRI) giravano attorno come satelliti alla ricerca di posti di comando, per poter “sbarcare il lunario”. Oggi la situazione è ben più grave, perché il sistema dialettico della politica “di piazza” è stato cancellato dal ricorso alla “politica mediatica”, alla personalizzazione estrema del leaderismo a tutti i livelli e per tutte le cariche in lizza. Il ricorso quindi a strane alleanze, ai dossier, fino ad arrivare ai ricatti e al malaffare si è fatto sistema di politica attiva. Questo nodo, questo intreccio forse sta per essere reciso proprio da uno dei poteri costituzionali, quello della magistratura inquirente, anche grazie agli esigui spazi rimasti al libero giornalismo d’inchiesta.

Certo a far precipitare gli eventi è stata la grave crisi economica, che da tre anni il paese sta attraversando, dalla quale non si vede nessuno spiraglio di uscita da un tunnel che la stessa classe politica dominante ha costruito nei decenni (sia la destra monetarista e iperliberista, sia la sinistra “imbambolata” dalle ricette neoliberiste e privatizzatrici). Di fronte alle cricche politico-affaristiche che continuavano ad arricchirsi, al virus endemico dell’evasione ed elusione fiscale rinfocolato dai condoni, alla creazione di nuovi imperi economico-finanziari dalle oscure origini e dal dilagare della delinquenza affaristica, solo la magistratura è riuscita con enormi difficoltà a trovare il bandolo della matassa del “nodo gordiano” che sta letteralmente strozzando l’Italia. Ma anche perché dalle cancellerie internazionali dei maggiori paesi alleati, quelli che “dominano” il G8, è partito da tempo l’imput a “disboscare” i rami intricanti di questo “dirty affair”, del malaffare intrecciato con la politica governativa.

E così si leggono gli avvertimenti di settori dei servizi segreti alleati nei confronti dei nostri settori d’indagine rispetto a contratti e alleanze geopolitiche che riguardano il settore energetico e delle TLC. “La misura è colma”, sembrano aver detto alcuni dei “grandi” dei paesi alleati: “l’anomalia italiana va risanata, prima che si estenda come un virus”!Ecco, quindi, che l’esecutivo berlusconiano ha intrapreso una corsa forsennata contro il tempo per “imbavagliare” giudici e giornalisti, per ridurre l’impatto sanzionatorio di molti reati finanziari, per dare a “Cesare e ai suoi famigli” leggi salvacondotto che li renda immuni da qualsiasi inchiesta giudiziaria e da eventuali condanne. La “cicala” Berlusconi canterà ancora per tutta l’estate e poi scomparirà, lasciando sugli alberi ormai disseccati dalla calura la vecchia muta?

La cicala è un animale strano: vive fino a 17 anni sotto terra o nella linfa degli alberi per poi mostrarsi al cielo con una metamorfosi straordinaria. Tutta l’estate canta per ammaliare le femmine e riprodursi in quantità. Poi, una volta che la specie ha iniziato la riproduzione sotterranea, la cicala adulta scompare, muore. “Ha cantato una sola estate!”, ma ha vissuto tante stagioni, molto più delle frenetiche formiche e delle laboriose ed inventive termiti. Tremonti, il superministro dell’Economia, assurto a nuovo “fustigatore” dei conti pubblici, ha con un piacere quasi edonistico stigmatizzato il vivere degli italiani appunto come quello di tante “cicale”. Profezia da Cassandra per il suo capo o intuito “meneghino” da chi è a capo anche della Guardia di Finanza, l’organo di polizia dedicata ai crimini finanziari e assai legata ai servizi alleati?

Saranno le indagini a svelarci l’arcano. Ma, intanto, è proprio lui il più “amato” dall’opposizione per sostituire la “cicala” di Arcore. Come dire è meglio Rasputin dello Zar Nicola! Qui sta l’altro nodo della politica italiana: quella della fuoriuscita dal regime berlusconiano. E’ chiaro che si è arrivati al countdown, ma come e con che cosa sostituire il Sultano e tutti i suoi Visir resta indecifrabile.

Aspettarsi una svolta giudiziaria, istituzionalmente corretta e pacata a livello mediatico è quasi impensabile, data la situazione di monopolio televisivo berlusconiano e di asservimento di molta parte della stampa. E poi è troppo debole la nomenclatura politica delle forze di opposizione per poter seguire un iter così naturale nel resto del mondo occidentale. La soluzione che si farà strada sarà quella di un Salvacondotto per “Cesare e suoi famigli”, che faccia mantenere al “Gran Capo”  la nuda proprietà del suo impero affaristico, ma senza possibilità alcuna di interferire nelle decisioni, e che vieti per sempre qualsiasi connubio, commistione con la politica: una specie di decreto legge sui conflitti di interessi, con retrodatazione. Verrebbe così messo al riparo dai guai giudiziari, mentre i suoi collaboratori più invischiati nella rete non si salverebbero.

A chi il “comando delle operazioni”? A una personalità della destra, legata al rispetto dei principi costituzionali e alla difesa delle regole democratiche. Un governo costituzionale, insomma, di transizione, che insieme alla legge sui conflitti di interesse, modifichi la “porcata” di quella elettorale, avvii una riforma fiscale, una manovra finanziaria per lo sviluppo e gestisca le nuove elezioni politiche anticipate. Nel frattempo, si spera che l’opposizione di centrosinistra si avvii alla rigenerazione: non tanto per generi né per età, quanto per valori etici nuovi, sensibilità sociali e culturali moderne e,soprattutto, per una visione del mondo più libera, trasparente e solidale.

Non è fantascienza, è il domani che si avvicina a passi da gigante! 

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