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Articolo 21 - ESTERI
Cosa sta accadendo in Iraq?
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di Erfan Rashid

Cosa sta accadendo in Iraq? Perché questo martoriato paese è balzato di nuovo alle prime pagine dei News e dei media? La deflagrazione e il rimbombo delle due esplosioni avvenute la mattina di domenica 25 ottobre segnano una nuova fase di terrore che porterà una lunga scia di dolori e acuirà lo scontro tra le fazioni irachene in lotta per la suddivisione del potere in vista delle elezioni politiche fissate per il 16 gennaio 2010.  Gli attentati di domenica scorsa non sono nuovi né sono gli  unici accaduti in questi ultimi mesi ma sono, senz'altro, quelli con il più alto numero di vittime e i più pericolosi e preoccupanti perché sono avvenuti in rapida successione l'uno dopo l'altro; e anche perché sono esplosi in una zona che veniva considerata fino a quel momento sicura o, perlomeno meno vulnerabile da altre.  Sono avvenuti davanti alla sede del ministero della giustizia e il palazzo provinciale di Baghdad, due luoghi simboli della legalità. Gli obbiettivi scelti preludono ad un messaggio politico chiaro: coloro che hanno armato e azionato l'ingente quantità di tritolo hanno voluto inviare un chiaro messaggio di sfida al governo, al suo capo Nouri Al Maliki e alle forze politiche dominanti che si azzuffano in questi momenti sugli emendamenti che debbano apportare alla leggi con cui gli iracheni dovranno ritornare alle urne. Non è casuale neanche il momento dei due attentati perchè sono avvenuti nel momento più colmo e più frenetico del movimento della gente in quella zona popolosa di Baghdad e nel giorno in cui il Consiglio Politico e di Sicurezza si riuniva per discutere gli emendamenti da apportare alla legge elettorale. Ed è arrivata, puntuale, la rivendicazione di Al Qaeda annunciando una seria di attentati e terrore che farà centinaia di vittime e metterà in serio imbarazzo e pericolo il governo di Al Maliki che ha fatto della questione della sicurezza e de " Lo Stato di Diritto" la sua bandiera annunciando di scendere in campo per le prossime elezioni con una lista che porta proprio questo nome. La cosa preoccupante è che Al Qaeda e le fazioni religiose che lottano per il dominio del paese hanno dato inizio alla loro "campagna elettorale" a suon di tritolo e molto in anticipo, e prevedendo un lungo periodo di vuoto di potere dopo le prossime elezioni si potrebbero immaginare lunghi mesi di terrore e sangue, esattamente come è accaduto dopo la passate tornata elettorale del 2005 e dopo il fallimento delle forze politiche di indicare subito una coalizione governativa, le varie milizie ( Sunnite e Sciite) hanno approfittato della situazione e hanno esteso il loro dominio su intere province del paese. Alla fine quando le lunghe trattative tra sciiti, Kurdi e sunniti portarono al compromesso Nouri Maliki, il paese era intriso di sangue con un lunghissimo elenco di morti, sfollati ed esiliati ai paesi confinanti.

Sarebbe molto facile addossare la colpa dell'accaduto ai gruppi fondamentalisti (Iracheni e esteri come Al Qaeda) o ai cosiddetti "Rimasugli del vecchio partito Baath", come si sono affrettati a condannare i vari portavoce del governo e come lo stesso Al Maliki ha detto visitando i luoghi colpiti dagli attentati. Ma la questione è molto più profonda e lo spettro verso il quale bisognerebbe indicare il dito accusatorio è molto vasto e, non è assolutamente escluso, che siano nati "Matrimoni di convenienze" dei nemici del passato per imporre una nuova  strategia del terrore. E per impedire il varo della nuova legge elettorale che toglie ai gruppi ( Sciiti e Sunniti) dominanti oggi lo strapotere che hanno acquistato con la vecchia legge che dava ai capi delle liste, cosiddette chiuse, di decidere la formazione del parlamento. Gli stessi che hanno impedito al parlamento uscente nelle settimane passate, persino, di iniziare la discussione sulla nuova legge elettorale. Era nella previsione che la situazione di sicurezza precipitasse con l'avvicinarsi della tornata elettorale. E dal momento in cui la politica dominante aveva fallito nell’intento di riportare la sicurezza alla gente, nessuno escludeva l'eventualità del ritorno del terrore.

I due attentati di domenica avvengono dopo pochi giorni dal provvedimento giudiziario nei confronti del deputato sunnita Mohammad Al Daini indicato come mandante e organizzatore dell'attentato dentro il palazzo del parlamento che causò 3 morti, di cui un deputato, e 20 feriti e molti danni materiali, e dopo alcune ore della richiesta della magistratura irachena di rievoca dell'immunità parlamentare della deputata Taysir Mashadani   "Partito Islamico" della quale leadership la Mashadin fa parte, ed è il partito che esprime il presidente del parlamento. La Mashadani e suo marito, membro del consiglio provinciale di Diyala sono accusati di avere organizzato e dato l'appoggio a gruppi terroristici nella martoriata provincia  di Diyala ( 60 Km a nord Est di Baghdad), e a pochi giorni il nesso tra i mandati giudiziari e gli attentati non è automatico, e pur non essendo del tutto escluso, attentati di tale portata e organizzazione non possono essere messi in atto in così poco tempo.
Fatto sta che né la deputata Mashadani né il suo collega Daini sono stati privati, ancora, dell'immunità parlamentare. E subito dopo l'annuncio del nuovo provvedimento della magistratura c'è stata la levata degli scudi da parte del "Partito Islamico" della quale leadership la Mashadin fa parte, ed è il partito che esprime il presidente del parlamento. I suoi commilitoni del partito di Mashadani hanno considerato tale provvedimento "Un ricatto e un tentativo di bruciare l'immagine di una parlamentare attiva che è stata essa stessa oggetto di attacchi terroristici e rapimenti". Una difesa molto simile a quella alzata in favore del Ex ministro della cultura Asaad Al Hashimi, indicato dalla magistratura come mandante dell'attentato nei confronti del deputato liberale Mithal Al Alousi in cui morirono due dei suoi figli.

Da non trascurare assolutamente la chiamata della guida suprema degli sciiti Ayatollah Ali Al Sistani dalla sua residenza nella città santa di Najaf, al sostegno delle Liste Aperte che offrono al cittadino la possibilità di scegliere i suoi rappresentanti al nuovo parlamento e tolgono ai gruppi etnici e confessionali il dominio sulle sorte del parlamento. La chiamata di Sistani ha avuto subito un forte applauso da molti settori della società irachena. Da un lato, l'idea di Sistani ha coinciso con la richiesta in questa direzione sostenuta da molti partiti e personalità laiche. Sistani ha creato non pochi scompigli tra partiti e gruppi di estrazione sciita che hanno dovuto rinnegare le loro scelte schierandosi in favore della chiamata della suprema guida religiosa.  Non di meno è stato l'imbarazzo dei gruppi sunniti di fronte a una scelta di questo tipo e non sarà di minore importanza per i governi dei paesi confinanti cm l'Iraq, in modo particolare L'Iran e La Siria, che dovranno riconsiderare i loro appoggi ai gruppi adeguandoli alla nuova situazione.
Le Liste Aperte riportano tutto alla luce del sole e impongono a tutti i partiti il dovere di presentarsi con programmi credibili e facce fresche e, soprattutto, con mani pulite dal sangue e dalla corruzione. Compito arduo per i settori religiosi che hanno raccolto il consenso con l'ausilio dei simboli religiosi rispettati da gran parte della popolazione.  L'utilizzo abusato della religione da parte di molti partiti e milizie ha creato un solco molto profondo tra questi gruppi e gran parte delle popolazioni. Le elezioni dei consigli regionali hanno dato una chiara indicazione in questa direzione. Dure sconfitte sono state rifilate ai rappresentati dei partiti religiosi e non è escluso che lo scenario si ripeta al livello del parlamento nazionale e da qui nasce la preoccupazione che i probabili sconfitti utilizzino il terrore delle autobombe per imporsi.

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