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di Montesquieu
Vi è un profilo sostanziale ,nella richiesta di dimissioni dall’incarico istituzionale del presidente della Camera, che fa pendere la bilancia dalla parte dei richiedenti. Il carattere dirompente dell’iniziativa politica che ha squassato la coalizione maggioritaria non lascia dubbi sulla scarsa aderenza degli invocati precedenti di capi di partito al vertice di un ramo del Parlamento , e sulla originalità del caso di oggi. Anche se a questo presidente è stata fin qui riconosciuta ,per unanime attribuzione,una rigorosa conduzione dei lavori parlamentari , ininterrottamente fino ad oggi,e c’è da pensare che sarà ancor più rigorosa, da qui in avanti.
Vi è anche un profilo costituzionale formale ,che azzera la provenienza politica del presidente una volta eletto, e recide ogni radice politica precedente ,per l’intera durata del mandato , e ogni vincolo con la coalizione che lo ha eletto. La natura stessa di un incarico di così intensa garanzia non ammette relazioni politiche preferenziali,nemmeno sottotraccia. Da qui la impossibilità di revocare la fiducia al presidente di un ramo del parlamento in corso di mandato.
La richiesta di dimissioni ,fino a quando rimane tale, non solo è legittima ,ma appartiene alla sfera delle regole non scritte ,e non sempre virtuose ,della politica istituzionale ,sempre meno istituzionale e sempre più politica. Lo si fa ritualmente con i parlamentari che cambiano gruppo durante la legislatura ,a denunciare l’incoerenza del gesto ,e senza alcun riguardo della protezione costituzionale della libertà del deputato o senatore. Briciole di costituzione materiale, con chiare finalità politiche , indipendenti addirittura dall’esito dell’invito ,o dell’esortazione.
Diverso è il caso in cui le dimissioni vengano pretese ,come sembra accadere oggi,costi quel che costi. Addirittura invocando l’intervento ,impossibile ,del capo dello Stato ,con un chiaro intento intimidatorio ,a valere nei prossimi sviluppi della crisi politica. Si intravede ,in questa mossa avventurosa ,un possibile ulteriore obiettivo: indebolire il presidente della Camera e ,ancor più, isolare il capo dello Stato. Se l’obiettivo è indurre il Quirinale allo scioglimento anticipato, una grande influenza può avere l’insieme dei pareri che gli perverranno,per previsione costituzionale, dai presidenti delle Camere ,soprattutto se univoci in favore della fine della legislatura. La partita pretende l’eliminazione di un presidente della Camera divenuto inaffidabile ,addirittura competitore politico ,e la sua sostituzione con una fotocopia del vertice dell’altro ramo del Parlamento, anch’esso ben piantato nella dialettica politica -e proprio nella conduzione dei lavori -,seppure in modo meno vistoso perché allineato ,secondo le regole della scuderia.
Apparentemente ,comunque ,una dura ,ma normale contesa politica ,non fosse per il tentato coinvolgimento del capo dello Stato ,al quale converrebbe forse chiedere il motivo dell’incontro prima di accordarlo, privilegiando egli stesso ,per una volta ,la sostanza al galateo istituzionale .In apparenza ,almeno, perché la richiesta di violazione delle forme costituzionali è nella stessa richiesta del confronto.
Non fosse inoltre , e soprattutto, per la pericolosa e non sufficientemente contrastata tendenza in atto di introdurre una sorta di diritto aziendale per la composizione dei contrasti politici e istituzionali. Un diritto non diritto ,fatto di prevalenza di mezzi, economici e non solo, di dossieraggio industriale, di meri rapporti di forza ; con l’ obiettivo non di prevalere democraticamente sul competitore ,quanto di toglierlo di mezzo Una sorta di auto giustizia, cui si accompagna il disconoscimento della giustizia istituzione. I metodi diventano tutti leciti, e li abbiamo quotidianamente sotto gli occhi,anche se l’impressione è attutita da una sonnolenta , imperdonabile assuefazione all’uso di qualsiasi arma. Tanto da poter invocare l’istituto dell’omissione di soccorso :a difesa della democrazia .









