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Articolo 21 - Editoriali
Un'unica certezza. Rimanere in Irak è sbagliato
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di Giulietto Chiesa

Tutto il paese è giustamente sconvolto per l'accaduto. Sconvolto e indignato. I media - come al solito - salvo i servi del potere che dirigono alcuni dei principali canali televisivi pubblici, che cercano perfino di occultare le notizie più clamorose - inondano la gente di stucchevole retorica, impedendo (invece di aiutarla), all'opinione pubblica di raccapezzarsi.

Noi tutti, a cominciare da me, non sappiamo nulla di ciò che è realmente accaduto. Arrampicarsi in ardite ipotesi è inutile. Ma una cosa è certa, una sola: che il tritacarne iracheno è ormai terra di bande e di intrighi, dove tutte le peggiori nefandezze sono possibili, come lo sono tutti gl'incroci trasversali tra terrorismo e servizi segreti di ogni provenienza.

Credo sia del tutto inutile attendersi qualche lume dalla versione dei fatti che le autorità statunitensi prima o dopo saranno costrette a fornire all'Italia. Essendo loro all'origine di tutto ciò, essendo i principali responsabili di tutto ciò che vi accade, non ci diranno che quello che loro fa comodo.

Ma s'impone, per tutti, incluso il Governo di questo disgraziato paese, il riesame della situazione. Rimanere in Irak significa essere coinvolti in quelle nefandezze che vi si compiono. Qui non è più nemmeno questione di dividersi tra pro-americani e anti-americani (trappola che è scattata per l'ennesima volta sulla lingua perfino di esponenti del centro-sinistra): è questione assai semplice di realismo politico.
Calipari non è il primo e, purtroppo, non sarà l'ultimo morto italiano in Irak. Vogliamo dircelo? O preferiamo tacere?

Ha un senso tutto ciò? Siamo là per fare cosa? Siamo utili a qualcuno? Solo una cecità assoluta, al servizio di un gruppo di dementi fondamentalisti che guida la politica mondiale, può impedirci di vedere la verità. Certo, se si pensa che l'Irak è ormai diventato un paese democratico, avviato verso un radioso futuro di progresso occidentale, si può restare ad attendere il momento in cui ci toccherà una parte di quel mercato. Ma è l'unico modo per sostenere la presenza militare italiana in Irak.

E questo e tutti gli altri sono semplice, cruda corresponsabilità preventiva per la morte di altri italiani.

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