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Articolo 21 - Editoriali
Adda veni Buglione ( Ecco l'inchiesta sull'imprenditore rapito)
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di Nello Trocchia*

Antonio Buglione è stato 'rapito' domenica notte, questa mattina si è liberato da solo. Ad inizio settembre La Voce delle Voci ha pubblicato una mia inchiesta sui fratelli Buglione.

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La casta si auto-assolve. Ormai un disco rotto, nonostante il finto dibattito ferragostano sulla questione morale e sulla corruzione (che fine avra' fatto la legge per inasprire le pene?). L'ultima boa di salvataggio e' stata lanciata a Vincenzo Nespoli, senatore del Pdl, nonche' sindaco di Afragola, provincia di Napoli. Ma dietro la sua vicenda, un crocevia di affari, consociativismo, personaggi e, su tutto, l'ombra nera della camorra.
Nel maggio scorso il gip del tribunale di Napoli Alessandro Buccino Grimaldi, su richiesta dei pm Maria Di Mauro, Vincenzo Piscitelli e Henry John Woodcock, ha disposto per lui gli arresti domiciliari. E' indagato per diversi reati: riciclaggio, bancarotta fraudolenta, violazione del testo unico delle leggi recanti norme per l'elezione alla Camera dei deputati. Renato Schifani ha provveduto alla sostituzione di Nespoli: era infatti componente della giunta per le immunita' parlamentari, che lo ha salvato, bocciando la richiesta dei domiciliari. Una decisione confermata da Palazzo Madama, nel luglio scorso, in nome del fumus persecutionis.
Il gip aveva disposto i domiciliari per evitare che Nespoli inquinasse le prove. «Tale misura coercitiva - si legge nell'ordinanza - cosi' come disegnata, precludendo al Nespoli Vincenzo la possibilita' di muoversi liberamente sul territorio e di avere contatti con soggetti estranei al nucleo familiare (...) risulta al momento idonea ad impedire a costui di porre in essere ulteriori condotte delittuose omologhe a quelle in esame ed ulteriori atti volti ad ostacolare l'attivita' investigativa».
Il gip fa riferimento, nel motivare i domiciliari, alle attivita' immobiliari ancora in corso e agli atti di inquinamento probatorio posti in essere per il tramite di Camillo Giacco, nipote di Nespoli, anch'egli indagato (per lui e gli altri 6 indagati, respinte le misure cautelari).

VIGILANZA, VOTI E MALAFFARE
Vincenzo Nespoli, scrive la Procura, e' dal 2001 amministratore di fatto di una societa' di vigilanza, la Gazzella srl, fallita nel 2007 (con un passivo di 25 milioni di euro), affidata nelle abili mani di uomini di fiducia: Mario Razzano e Emilio Bilotta, entrambi indagati. Secondo l'accusa e le accurate ricostruzioni documentali della Guardia di Finanza, dai bilanci dell'istituto sono stati distratti soldi che sarebbero confluiti nelle societa' immobiliari (Immobiliare San Marco e Sean spa) riconducibili al senatore, impegnate in attivita' di lottizzazione eseguite nel comune di Afragola, dove Nespoli e' anche sindaco. Ma non solo. Nespoli avrebbe proceduto all'assunzione di lavoratori, nonostante le gravi condizioni economiche dell'azienda e lo stato di mobilita', in cambio di denaro: ognuno sborsava almeno 15 mila euro, in cambio del posto e anche dei voti. Lo squallido baratto - negato da Nespoli, che dice di non sapere niente della Gazzella - sarebbe avvenuto nella sede di un mobilificio intestato a Tommaso Redine, anch'egli indagato. La rete inizia a districarsi. Redine infatti, distante politicamente, viene definito uomo di fiducia del senatore, ex An.
Non e' finita. Mentre Camillo Giacco, nipote del ras politico, amministratore della Sean, veniva assunto alla Gazzella, «peraltro mai visto al lavoro, in quanto a disposizione dello zio, on. Nespoli, in qualita' di autista)», giovani del posto, per pagare il prezzo dell'assunzione, accendevano mutui e accumulavano debiti. A riprova del do ut des, all'atto del fallimento i lavoratori si sono ritrovati tutti davanti al mobilificio in un comune confinante, Cardito, piuttosto che presentarsi nella sede della Gazzella ad Afragola.
La Gazzella ha anche beneficiato dei fondi dell'Aifa, erogati per corsi di formazione regionali finalizzati all'assunzione. La giunta Bassolino mise sul piatto 52 milioni di euro, 297 mila dei quali andarono all'istituto controllato da Vincenzo Nespoli. Un'intercettazione ambientale spiega che fine hanno fatto quei soldi. E' il 19 ottobre 2009, Mario Razzano parla con il curatore fallimentare Gennaro Stradolini e racconta: «Anche i ragazzi del contratto Aifa non hanno mai lavorato, pero' Nespoli si e' preso i soldi anche da loro perche' c'era l'accordo che avrebbe dovuto assumerli. L'assunzione avveniva sempre dietro pagamento, ma questo l'ho saputo solo dopo. Dal momento che questi farabutti si sono rubati un sacco di soldi, ma perche' io devo passare un guaio per loro? Io il guaio voglio passarlo comunque, anche perche' come sto io il guaio lo passo…».
Assunzioni inutili mentre altri lavoratori erano in mobilita'; cosi' gestita l'azienda sarebbe andata diritta verso il fallimento, arrivato puntuale nel 2007. L'anno prima all'istituto viene revocata la licenza dalla prefettura. E qui si apre un'altra pagina dai risvolti inquietanti. Revocata la licenza, c'era la possibilita' di cedere i clienti ad un altro istituto per fare cassa imponendo l'assunzione dei lavoratori, invece i clienti vanno ad Antonio Buglione, anch'egli indagato, e alle sue ditte (gestite con i fratelli). Buglione: un nome, una garanzia. Il regalo che certifica la morte della Gazzella e la disperazione per i lavoratori, ormai disoccupati.

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Clienti niente male per la Gazzella e poi per l'Iss, International security service, una delle ditte della galassia di guardie giurate dei fratelli Buglione. Banche, Unieuro, Societa' Italiana per Condotte Acque spa, Tav, fanno parte del pacchetto clienti dato in dono all'Iss.
A scavare nel passato dei fratelli Buglione, originari di Saviano, si scopre la bufera giudiziaria che li travolse, risoltasi con la loro assoluzione per non aver commesso il fatto. Per decenni sulla cresta dell'onda fin dai tempi di o ‘ntufato, al secolo Carmine Alfieri, anch'egli originario di Saviano, boss e capo della Nuova famiglia, con il quale Antonio Buglione era in contatti. Poi vennero i tempi dei rapporti con Carmine Mensorio (stesse logiche e scambi societari), il senatore del Ccd di Casini e Mastella, “suicidato” cadendo da una nave nel 1996. Buglione sempre in auge anche ai tempi del Cis di Gianni Punzo, oggi in affari con Luca Cordero di Montezemolo e Diego Della Valle per l'alta velocita': un Cis (Centro Ingrosso Commercio) controllato armi in pugno dagli uomini degli istituti dei Buglione. Dagli anni novanta si arriva cosi' al 2005 (un anno prima di accaparrarsi i clienti della Gazzella), quando i Buglione vincono l'appalto per la sicurezza della Regione Campania guidata da Antonio Bassolino.
E qui la faccenda diventa bipartisan. La Gazzella srl passa di mano nel 2001, gli uomini di Nespoli acquisiscono le quote dall'ex deputato di An Antonio Pezzella (la societa' era riconducibile a suoi uomini di fiducia). Se Nespoli compra, altrettanto fa Gennaro Mola, Pd, ex assessore alla nettezza urbana del comune di Napoli. Infatti Mola e' rappresentante, nello stesso anno, della Mondial security controllata dai Buglione. Scriveva nel 2007 Fabrizio Gatti sull'Espresso: «Non e' solo rappresentante dei Buglione. È anche in affari con loro: insieme alla Iss, Mola e' socio di maggioranza nella Vigilanza partenopea, un istituto di cui l'assessore e' amministratore unico. La quota l'ha comprata poco dopo la campagna elettorale da una societa' dell'onorevole di An, Antonio Pezzella. Il terzo socio, con Pezzella prima e con Mola poi, e' un'altra agenzia di polizia privata, La vigilante, conosciuta a Napoli per avere ottenuto con la Iss importanti appalti dal consiglio regionale. E anche per essere di proprieta' del figlio del testimone di nozze di uno che conta: Eduardo Contini, 52 anni, boss di Vasto, Arenaccia e Poggioreale». Un groviglio, insomma, che parte da Antonio Pezzella (An), che vende, e arriva a Nespoli e Mola, che comprano. Consociativismo armi in pugno. Nel mezzo, i fratelli Buglione, che da Nespoli prendono il pacco dono dei clienti e con Mola hanno fatto affari.
La sentenza li ha assolti, ma i guai non sono finiti. Nel marzo scorso la prefettura di Napoli ha spiccato un'interdittiva antimafia per l'Iss e gli affari dei Buglione si sono nuovamente fermati. Le possibilita' sono due: o siamo davanti ad un errore, oppure banche, grandi aziende e perfino la Regione Campania in questi anni si sono fatti difendere dalle imprese che puzzano di contiguita'. In una informativa dei carabinieri del nucleo di Castello di Cisterna si riportano stralci della sentenza di assoluzione che contiene il duro giudizio sul profilo morale dei fratelli Buglione. «Nel corso del lungo e articolato processo - si legge nella sentenza del 2002 che li ha assolti - e' emerso con certezza che le condotte tenute dagli odierni imputati, pur se non hanno dato luogo a specifiche violazioni della legge penale, sono sicuramente censurabili sotto il profilo etico. Invero, le irregolarita' amministrative emerse nel corso dell'istruttoria dibattimentale, i rapporti con noti esponenti della criminalita', la gestione privata e clientelare della cosa pubblica realizzata per il tramite di un diffuso ricorso alla raccomandazione e ai rapporti privilegiati con esponenti politici e con uomini delle istituzioni, dimostrano che ci troviamo sicuramente di fronte ad uomini - e non si fa riferimento solo agli odierni imputati - disonesti e privi di scrupoli».
Lo strumento dell'interdittiva antimafia non e' una condanna penale, ma costituisce una misura di carattere preventivo che prescinde dall'esito processuale: e' una forma di “autotutela amministrativa a fronte di possibili ingerenze criminali nell'attivita' imprenditoriale”.
Ma la rete dei Buglione non e' finita. Carmine e Antonio sono sotto processo per corruzione in un procedimento che li vede imputati con Roberto Conte, ex Verdi, ex Pd (corrente rutelliana), condannato in primo grado per camorra. La prefettura di Napoli adduce questo come ulteriore indizio della collusione della ditta di famiglia. Sembra assurdo, ma e' cosi'. Una volta erano i politici che dovevano evitare frequentazioni, ora e' il contrario. Carmine e Antonio finirono ai domiciliari nel 2008, avevano messo su una societa', la Europa Immobiliare, dove Conte era socio occulto, che gestiva locali dati in affitto alla Regione Campania.
Roberto Conte e' stato rieletto nel marzo scorso nuovamente consigliere regionale, nella lista Alleanza di popolo, a sostegno di Stefano Caldoro. Conte e' stato sospeso, vista la condanna, e ha lasciato lo scranno di consigliere a Carmine Sommese, secondo in lista. Sommese e' nato a Saviano dove il sindaco si chiama Rosa Buglione: e' la sorella dei fratelli Buglione.
Quando ci furono le elezioni comunali, nel 2007, Rifondazione comunista pose il problema di Rosa Buglione, insegnante e mai sfiorata dalle indagini, ma con un cognome pesante. Il Prc decise di correre da solo e di non appoggiare il candidato sindaco della Margherita. La difesa del futuro primo cittadino fu chiara: «Rifondazione ha attaccato senza motivo, in maniera brutale. A Saviano - dichiaro' Rosa - sanno tutti che persona sono, sempre disponibile e onesta, in politica come nella vita. Dico subito che sono orgogliosa della mia famiglia e del cognome che porto e preciso che i miei fratelli sono stati assolti da ogni accusa. Veramente non capisco questo attacco ingiustificato».
L'allora coordinatore provinciale della Margherita Salvatore Piccolo, ex gavianeo doc, appoggio' in pieno Buglione. Oggi l'International security service e' appiedata dall'interdittiva, altre sigle restano in piedi, Rosa e' primo cittadino, Nespoli e' senatore della repubblica. Mentre Salvatore Piccolo, Pd, fa il commissario antimafia.


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La mala pianta dei Nespoli

Inizio agosto di morte, ad Afragola. Tre cadaveri sotto le macerie di una palazzina da quinto mondo, «non crollata per la pioggia», nota il sempre laconico procuratore capo di Napoli Giovandomenico Lepore. «Nessuna responsabilita' - commenta il sindaco - comunque abbatteremo le case fatiscenti». Dieci giorni prima, il 20 luglio, l'assemblea di palazzo Madama aveva negato (146 contro 99, 10 gli astenuti) la richiesta di autorizzazione agli arresti domiciliari per lo stesso sindaco, Vincenzo Nespoli, che e' anche senatore Pdl (rimasto fedele al Cavaliere), accusato di riciclaggio, bancarotta e corruzione elettorale. Al centro della maxi inchiesta una ditta di vigilanza (un settore che fa segnare nel napoletano un oligopolio camorristico), la Gazzella.
Novembre 1998. La commissione d'accesso di nomina ministeriale (Interni) redige un esplosivo rapporto a carico del consiglio comunale di Afragola, presieduto dal sempreverde Nespoli. Il municipio viene sciolto. Poi il ricorso al Tar, che annulla il provvedimento. «Un copione che negli anni si e' ripetuto e continua a ripetersi - osservano in procura - ultimo, clamoroso caso quello di San Giuseppe Vesuviano, altro comune supersciolto e regolarmente reinsediato. Tutto un lavoro investigativo che va in fumo».
A rileggere le 119 pagine di quel dossier dimenticato, “cassato” via giustizia amministrativa, c'e' da rabbrividiere: tra i “capi d'accusa” piu' pesanti, proprio gli appalti per la vigilanza, Gazzella in primis. E poi - tra un affaire e l'altro - quello edilizio, gestito in particolare da una sigla, Sean, riconducibile alla moglie di Nespoli. Ecco, di seguito, alcuni stralci di quelle pagine “bomba”: proprio perche' messe nero su bianco - da rappresentanti istituzionali - la bellezza di 12 anni fa. E senza che nel frattempo alcuna altra “autorita'” abbia assunto iniziative giudiziarie (e non solo) tese ad evitare la progressiva dissoluzione dell'hinterland partenopeo.
Partiamo dal capitolo intitolato “Elementi indizianti sulla colleganza tra l'istituto di vigilanza La Gazzella srl e la criminalita' organizzata”. Vien fatto riferimento ad un'informativa riservata del questore di Napoli, ottobre 1998, in cui si scrive: «corrisponderebbe al vero che il presidente del consiglio comunale, dott. Enzo Nespoli, abbia interessi nell'istituto di vigilanza privata La Gazzella, pur non comparendo formalmente nella struttura societaria». Istituto - viene precisato - che «svolge servizio di vigilanza estiva delle scuole e di altri edifici pubblici». Ancora: «ulteriore circostanza che comproverebbe la partecipazione del Nespoli nella societa' e' rappresentato dalla utilizzazione della guardia giurata, Paone Gennaro, dipendente della Gazzella, quale proprio autista e portaborse». Non basta, perche' «uno dei soci, tale Quattrocchi Angelo, avrebbe tenuto rapporti professionali con un personaggio di spicco camorristico di Afragola, Caputo Salvatore, il quale avrebbe autorizzato e favorito, ricevendo un consistente tornaconto, l'incremento degli affari di detto istituto. Il Caputo si sarebbe distinto, nel corso delle ultime elezioni amministrative tenute in Afragola, per l'attiva e onerosa campagna fatta per caldeggiare l'elezione del Nespoli e di altri politici collacati nell'area politica afferente nel polo delle liberta'». Un altro socio, poi, «risulta tal Migliore Umberto, attuale (siamo nel 1998, ndr) consigliere comunale, eletto nella lista elettorale di AN e sul conto del quale la polizia di stato non ha escluso che la propria quota sociale di partecipazione alla Gazzella srl di fatto sia di Nespoli Vincenzo».
Passiamo alla “Vicenda Sean”, un vero e proprio ginepraio di sigle, nomi, prestanome, pregiudicati e affari. Nel quale fanno capolino le famiglie Moccia (gli storici capibastone della zona) e Marrazzo, leader incontrastati del business monnezza in tutto l'hinterland partenopeo (a capo Angelo Marrazzo, il cui fratello Nicola e' oggi consigliere regionale per Italia dei Valori, riconfermato alle amministrative di marzo 2010). Nel dossier si parte da una societa', Immobiliare S. Marco, di cui sono socie Agnese De Luca, cioe' lady Nespoli, e Concetta Pollastro, moglie dell'allora sindaco Roberto Caiazzo. Sean compra «un grosso appezzamento di terreno, proprio di fronte all'abitazione del Nespoli, da Moccia Francesco, gia' amministratore unico della Ri.san», la corazzata dei rifiuti di casa Marrazzo che nello stesso periodo - guarda caso - stravince l'appalto per la raccolta n.u. e vince anche un lauto contenzioso con un comune “stranamente” inerte. Ancora: il collegio sindacale a quel tempo della Sean (Mario Razzano, Emilio Bilotta, Quirino Razzano, Oreste Napolitano) «e' lo stesso della societa' Ri.san. amministrata di fatto da Moccia Francesco». A guidare Sean, poi, provvedeva Carolina Mazzotti (consorte di Arcangelo Caiazzo, un An doc), in sella anche a CAI.MA. srl, altra ditta edile a tutto campo, e socia della S.Marco (quindi - secondo gli investigatori di allora - vero trait d'union tra Nespoli e Sean), che poi, per incanto, si trasforma in M.Group srl. E - rappresentata dall'ubiquo Francesco Moccia - vende alla stessa Sean un terreno ad Afragola per la bellezza (dichiarata) di 2 miliardi e 500 milioni dell'epoca.
Il rapporto-bomba di allora (val la pena di citare gli estensori: Giovanni Lucchese, Vincenzo Sposito, Salvatore Carli, Attilio Nappi, Aniello Mautone, Massimiliano Palumbo, Ottorino Galvan) passava ai raggi x una sfilza di altre zone grigie e appalti piu' che sospetti, e in forte odore di condizionamento camorristico: oltre al piatto forte della monnezza, commesse per la pulizia di «uffici e strutture sportive», la sistemazione di strade comunali, scuole e del «cimitero vecchio», fino al business targato Ipercoop, il maxi centro della distribuzione utilizzato a piene mani come serbatoio elettorale.
Agghiacciante la ricostruzione dello scenario - si fa per dire - politico. Ecco l'incipit: «gia' durante la campagna elettorale che ha portato al vertice dell'amministrazione comunale la coalizione di centro destra, molti personaggi gravitanti nel clan Moccia sono stati visti orbitare intorno ai candidati di tale coalizione. In particolare, i candidati di An Franco Costato e Vincenzo Nespoli, che hanno ricoperto, rispettivamente fino al 10-3-99 e all'8-3-99 la carica di vice sindaco e di presidente del consiglio comunale».
Cosi' scrive lo storico britannico Thomas Behan, docente alla Canterbury University e autore, tra gli altri, di “See Naples and die - The Camorra and organized crime”, pubblicato in Italia nel 2009 per i tipi di Newton Compton: «Inizialmente alcune fonti della polizia facevano pensare che una famiglia camorristica avesse aiutato la campagna elettorale di Costato, il quale, oltre ad essere un politico locale, era un avvocato specializzato nella difesa di persone accusate di abusivismo edilizio». Circostanza di non poco significato, dopo i fatti odierni. E ancora, sempre Behan: «L'altro politico che si trovo' ad avere a che fare con la giustizia fu il presidente del consiglio comunale Vincenzo Nespoli, anch'egli esponente di An. Secondo uno schema ormai familistico, Nespoli possedeva “effettivamente” (ma non ufficialmente) una quota azionaria di una societa' di sicurezza privata, che in segito vinse una gara di appalto indetta dal consiglio in circostanze apparentemente irregolari».
Quando le vicende di “casa nostra” varcano anche la Manica...
Andrea Cinquegrani

 

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