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Articolo 21 - Editoriali
Il silenzio uccide: Sakineh e le altre
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di Rosa Villecco Calipari *

Da Teheran arrivano notizie contraddittorie. La prima, che ci riporta tutti nell’angoscia, è che Sakineh non sarà lapidata, ma sarà impiccata perché è accusata di complicità nell’omicidio del marito e non di adulterio reato, che pero la legge islamica, è punito con la lapidazione. La seconda ci lascia un po’ di speranza: il portavoce del ministro degli esteri iraniano fa sapere che ‘il processo legale è ancora in corso e non è stata ancora emessa una sentenza definitiva su nessuno dei due capi di imputazione’.

La speranza di chi pensa che non ci sia pena di morte che faccia giustizia è che davvero si stia svolgendo nel lontano Iran un ‘processo legale’. E che al termine di questo, qualunque sia la decisione della corte, a Sakineh Mohammadi-Ashtiani che ha dovuto confessare in diretta tv un delitto forse non commesso,  venga risparmiata la vita.

Ci siamo mobilitati in tanti, dopo giorni e giorni di silenzio anche il governo italiano ha fatto sentire la sua voce guadagnandosi le ire di Teheran. Nelle nostre città ci sono grandi manifesti di Sakineh e il suo viso di giovane donna coperto dal velo nero, è sulle prime pagine dei giornali. Siamo tutti impegnati perché quella condanna non si esegua e guai a fermarsi.

Eppure, quasi in silenzio di società civile, governi, media, un’altra donna è stata giustiziata il 23 settembre. L’hanno chiamata la ‘Sakineh americana’, ma nessuno è intervenuto presso il governo Usa o ha raccolto firme per Teresa Lewis, disabile mentale, riconosciuta colpevole di avere finanziato gli omicidi del marito e del figlio di questo nel 2002 allo scopo di incassare i premi dell’assicurazione sulla vita.

E, quasi in silenzio di società civile, governi, media, un’altra donna è stata uccisa e un’altra ha cercato di togliersi la vita perché era stato suo figlio a sparare alla prima. Stavolta è successo nella vicina Napoli.  Teresa Bonocore, alias ‘madre coraggio’, aveva avuto l’ardire di denunciare, due anni fa, il vicino di casa che aveva abusato di sua figlia. Si era costituita parte civile, non aveva nascosto il viso e aveva fatto sì che quell’uomo, nel giugno scorso, fosse condannato a 15 anni per abusi sessuali.
Le hanno sparato dieci giorni fa in via Ponte dei Francesi, nell’area del porto e non si sa se ad armare la mano dei killer sia stata la famiglia del pedofilo o qualcun altro. Quello che ha saputo Flora Scognamiglio è che suo figlio, Giuseppe,  era uno dei killer. Per questo ha tentato due volte di morire gettandosi dal balcone di Portici.
Per la vergogna. Perché la solitudine, il silenzio, insieme alle pistole, avevano ucciso una madre coraggio.

Ma anche una disabile americana o una donna iraniana.
Per questo continuiamo a mobilitarci per Sakineh. Il silenzio del mondo sarebbe la sua morte.

(*)vicepresidente dei deputati PD.
 

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