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Articolo 21 - Editoriali
Quella clava su Enzo Biagi
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di Loris Mazzetti*

La violenza del Giornale, il quotidiano usato come clava contro chi osa criticare B.e le sue aziende, va ben oltre la storia di chi la subisce e di chi la mette in atto. E’ in gioco la credibilità del giornalismo e il futuro dei giornali. Sono schizzi che colpiscono non soltanto i vari Feltri, Salusti, Porro, aggiungerei nella combriccola il direttore di Libero Belpietro, ma anche chi svolge la professione con il giusto rispetto verso la verità. E’ grave la perquisizione dei carabinieri al Giornale? Non lo so, sicuramente inutile e ingenua, come le dichiarazione dell’Ordine dei giornalisti e della Federazione nazionale della stampa in proposito. Che centrano le telefonate intimidatorie al portavoce del presidente di Confindustria con il ruolo del giornalista? Per capire il livello di violenza delle minacce invito il lettore ad andare sul sito ilfattoquotidiano.it è importante sentire il tono usato da Porro con Arpisella quando gli dice: “Ora ci divertiamo, per venti giorni romperemo il cazzo alla Marcegaglia come pochi al mondo”. In tutta questa immondizia si viene a sapere che la signora Marcegaglia per difendersi dalle minacce non si rivolge al suo legale e successivamente ad un giudice, chiama direttamente Fedele Confalonieri, a cui chiede aiuto in qualità di presidente di Mediaset, consigliere della Mondadori o amico intimo di B.? Inoltre si apprende che Gianni Riotta è diventato direttore del Sole24 Ore grazie alla benedizione di B. Ecco perché gli schizzi stanno colpendo tutta la categoria. La lista dei percossi comincia ad essere lunga: Travaglio, Di Pietro, Santoro, Veronica Lario, Boffo, Fini e Marcegaglia. Nella realtà è molto più lunga perché il braccio armato di B. comincia a colpire prima dell’editto bulgaro. La strategia è quella della goccia cinese, lenta ma inesorabile, nei confronti della vittima. Chi non ha bisogno di rincorrere gli amici di B. perché non ha nulla da nascondere e si rivolge direttamente al magistrato porta a casa giustizia e risarcimento economico. Accadde anche con Enzo Biagi che non telefonò a Confalonieri. Il giornalista che menava era un certo Filippo Facci che aveva un solo obiettivo: distruggere la credibilità dell’autore del Fatto. Facci per molte settimane gli dedicò una rubrica pubblicata in prima pagina. Il giudice Cesare de Sapia il 12 luglio 2006, condannò Facci, Belpietro, allora direttore, e la società proprietaria del Giornale per lesione della professionalità, diffamazione “non potendosi configurare un legittimo esercizio del diritto di critica, in quanto basato su fatti non veri”.

* Il Fatto Quotidiano – 12 ottobre 2010

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