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Articolo 21 - Editoriali
L’Irak, Wikilealks, Tarek Aziz e la pena di morte. Possibile che tra i plastici di Avetrana e i processi in diretta non si trovi spazio e modo per informare anche su questo?
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di Valter Vecellio

Credo che Duilio Gianmaria abbia colto l’essenza e il cuore del problema. Tarek Aziz va salvato in quanto persona: come si legge nel sacro libro, nessuno deve toccare Caino; e nessuno doveva toccare Saddam (e non siamo stati capaci di salvarlo, nonostante meritasse non una, ma cento forche, anzi proprio per questo), e nessuno oggi deve toccare Tarek Aziz. Ma non solo per questo, per non essere come lui e tanti come lui furono, e sono. Ma – è qui il cuore del problema – perché come Duilio scrive e ricorda, “Tarek Aziz è un personaggio chiave per saperne di più”.
   Saperne di più su che cosa? Sempre Duilio ricorda che Pannella e i radicali da tempo chiedono una Commissione d’Inchiesta sul modello di quella inglese sulle ragioni e lo svolgimento della seconda guerra in Irak.
   Giorni fa il sito “Wikileaks” ha reso noti circa 400mila documenti riservati su questa guerra. Documenti che hanno fatto dire al vicepremier britannico Nick Clegg, intervistato dalla “Bbc” che ora la gente si aspetta una risposta ufficiale alle "sconvolgenti" rivelazioni contenuti nei file: “Possiamo rammaricarci di come quei documenti siano potuti uscire”, dice Clegg, “ma ritengo che la natura di quanto denunciato sia estremamente grave, sono cose penose da leggere e molto, molto gravi. Presumo che l'Amministrazione Usa fornirà la sua risposta e non spetta a noi dire come debba farlo". Accuse sono venute anche dal vice liberaldemocratico di David Cameron, che in passato aveva giudicato illegale la partecipazione britannica all'invasione dell'Irak: "Qualunque indicazione che le regole di ingaggio e le fondamentali regole della guerra siano state violate e che la tortura sia stata in alcun modo tollerata è estremamente grave e va approfondita".
   Per quanto gravi – e sono gravissime – le rivelazioni di Wikileaks – si continua comunque a girare intorno alla questione; e la questione è una guerra, voluta per alimentare il complesso militare-industriale, e il boicottaggio da parte di George W. Bush e di Tony Blair, con la complicità di Silvio Berlusconi e di Muhammar Gheddafi, dell’alternativa a questa guerra, un’alternativa costituita dalla proposta di esilio per Saddam e i suoi, che la Lega Araba stava proponendo e Saddam stava accettando. La documentazione e le testimonianze che suffragano quanto Marco Pannella, in sciopero della fame dal 2 ottobre, e ora della sete, va dicendo da tempo, è disponibile, accessibile. Eppure su questa verità accecante la si preferisce ignorare, nascondere, occultare. Non uno – uno! – dei tanti programmi di approfondimento di televisioni pubbliche e private ha ritenuto di dover affrontare la cosa, non foss’altro per dire che quelle di Pannella sono scempiaggini, bischerate e corbellerie senza fondamento.
   Duilio, nel corso di un dibattito a “Radio Radicale” ha riconosciuto che non si tratta di corbellerie, di scempiaggini, di bischerate; di aver colto anche lui che c’era qualcosa che si muoveva in questo senso (nel senso dell’esilio), e che quell’alternativa alla guerra non la si volle perseguire; e lo ha confermato un altro collega esperto di Medio Oriente, Alberto Negri del “Sole 24 Ore”. Non tanto per il petrolio, che ai petrolieri e alle compagnie avrebbe piuttosto fatto comodo mettersi d’accordo con Saddam che non chiedeva di meglio. Era sbagliato lo slogan pacifista: “No blood for oil”. La molla è stata piuttosto il complesso militare industriale.      
   Quel mostro contro il quale ci aveva messo in guardia in anni lontani, alla fine del suo mandato, il presidente-generale Eishenower. Per inciso: è stato lui, molto prima di Sandro Pertini, a invocare: “Si svuotino gli arsenali, si riempiano i granai”. Del resto, sapeva bene quel che diceva, avendola vista e combattuta, la guerra, e avendo negli occhi i suoi orrori e scempi.
Per tornare alla riflessione che meritoriamente ci propongono Duilio e “Articolo 21”: ma è davvero una missione impossibile che il servizio pubblico televisivo dedichi uno dei suoi tanti spazi per cercare di capire e sapere di più su questa questione? Possibile davvero che tra i plastici di Avetrana, i processi in diretta, le prime e le ultime parole, non ci trovi spazio e modo per informare e informarci anche su questo? 

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