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Articolo 21 - Editoriali
Caso Masi. L'arroganza alla Rai
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di Vincenzo Vita

da L'Unità
La Rai è pur sempre, malgrado la sua evidente crisi identitaria, un avamposto della, nella vicenda politica italiana. Nei giorni passati, a cavallo tra il vecchio e il nuovo anno, è avvenuta una piccola ‘rivoluzione copernicana' nelle relazioni industriali e sindacali. Il Tribunale di Roma ha condannato l'azienda per comportamenti antisindacali, citando più volte il ruolo di Mauro Masi.

E il direttore generale ha risposto in modo incredibile, persino beffardo, personalizzando il conflitto con il segretario del sindacato dei giornalisti della Rai, Carlo Verna. Proprio il sindacato aveva promosso un referendum sul ruolo del ‘supermanager' (sic transit gloria mundi...), in cui il ‘no' era andato oltre il 90%, risultato pure sbeffeggiato. Tra l'altro, le contestazioni del giudice si riferivano a gravi violazioni procedurali inerenti alla soppressioni delle rubriche ‘Europa' e ‘Neapolis', oltre a diverse modifiche nei palinsesti informativi delle testate. La vicenda di ‘Neapolis' ha, per di più, un aspetto ulteriormente inquietante, avendo la Rai risposto ad una interrogazione in seno alla commissione parlamentare di vigilanza in modo opposto: la bella trasmissione fatta a Napoli sui new media non avrebbe chiuso i battenti.... Su tutto questo, sempre nella sede parlamentare, si dovrà riaprire la discussione.

Ovviamente. Tuttavia, ciò che è accaduto, cui hanno risposto con efficacia i comitati di redazione, apre un'altra fase. Che scimmiotta in modo persino un po' grottesco la vicenda Fiat - Masi non ha mancato la ‘chicca' di paragonare l'Usigrai alla Fiom- con l'intenzione di rompere con la lunga stagione del dialogo. Per imboccare la strada della resa dei conti? L'attacco è rivolto all'essenza della democrazia interna del servizio pubblico, inaugurata dalla riforma del 1975. Così appare, e guai a sottovalutare le cose.

La Rai, in verità, è appesa a fili formali esilissimi. Il contratto di servizio che regola i rapporti con lo Stato concessionario non è ancora firmato; l'impalcatura normativa che presiede alla bilancia dei poteri è visibilmente desueta e, comunque, aggirata nei fatti. I conti sono in rosso non si capisce di quanto; il piano industriale è ‘segretato'. Masi si comporta da amministratore delegato e non lo è.

Turbano i silenzi del Presidente di garanzia e risulta chiara la difficoltà del consiglio di amministrazione. Mentre confortano rigore e saggezza di Sergio Zavoli, che con la sua autorevolezza ricorda, al contrario, il ruolo di ‘indirizzo e vigilanza' del Parlamento. Negato ed eluso da un direttore fuori posto. Cui bisognerebbe richiedere semplicemente di ritornare nei ranghi o di andare altrove a tentare di esercitare la volontà di potenza. E' stato prodotto un vulnus assai significativo. Masi ha replicato con durezza padronale che la gente si disinteressa di tali avvenimenti. Purtroppo è l'unico bagliore di verità. Alla società italiana -dati e ricerca lo confermano- manca via via la percezione del servizio pubblico e della missione per cui ha tuttora simile funzione l'azienda che dirige. E le eccezioni sono costantemente nel mirino censorio.


Vincenzo Vita

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