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Articolo 21 - Editoriali
Un paese di plastica
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di Pina Picierno*

Quello che abbiamo sotto gli occhi in questi giorni è un quadro desolante, triste, patetico. E’ l’immagine di un Paese ridotto a rotocalco patinato, trasformato in un set a metà tra un reality e un film a luci rosse, a un concorso per miss con litigi e pianti isterici.
Un’Italia finta, di plastica in cui tutto è transazione economica, scambio commerciale, marketing dell’esistenza che nasconde e stravolge il paese reale: l’immagine di un vecchio riccone al potere che non sa più distinguere tra verità e menzogna, tra affetto e opportunismo, tra vita privata e indecenza pubblica. Un’Italia surreale, fatta di donne disposte a tutto pur di entrare nelle grazie del capo. Un’Italia distante mille miglia dai problemi, dalle fatiche e dall’impegno di milioni d’italiane.
Di plastica, finto, è Berlusconi, la sua ossessione per la giovinezza, il suo circondarsi di graziosi ninnoli in carne e ossa e l’attenzione morbosa che rivolge a queste giovani donne.
E’ di plastica la favola del principe ricco che, incantato dalla grazia di povere fanciulle, le aiuta con generosità. Di plastica è la sua patetica difesa,costruita sull’ennesima denuncia di una persecuzione da parte dei pm (mentre a perseguitarlo sono solamente i suoi vizi, a cui non sa rinunciare, nonostante gli scandali) e sull’annuncio dell’esistenza di una presunta fidanzata ufficiale. L’ultima trovata di chi crede che tutto possa essere risolto con un casting e qualche fotoromanzo su “Chi”. Ora lo sappiamo, ci sarà una prescelta. Tutte ci sperano, con il tifo di parenti, amici, persino fidanzati, una sola ce la farà. L’Italia trasformata in uno qualunque dei programmi della tv che egli stesso ha creato, in cui essere famosi giustifica tutto, anche le più incredibili umiliazioni.
E le vittime di tutto questo sono naturalmente i giovani italiani. A loro, in 15 anni di potere politico e mediatico berlusconiano, è stato proposto un solo modo di essere: quello per cui l’apparenza è tutto, la spregiudicatezza è fondamentale, tutto è concesso per vincere. E vincere significa essere famosi, a qualunque prezzo, per essere ricchi. Famosi senza saper fare nulla, ricchi per farsi i fatti propri. Avere una casa a Milano, accendere un mutuo, salvare un figlio dalle favelas brasiliane, ottenere una parte in tv, una mano per la carriera, un posto in politica: tutto è possibile, se si è disposte a tutto. Ragazzi ridotti alla parte dei finti fidanzati di copertura, ad architetti dei presunti ricatti, a spettatori indifferenti dei festini a cui partecipano le loro “plasticose” ragazze.
Se non ci liberiamo di quest’uomo, delle sue ossessioni, del suo mondo di squallida finzione, sarà impossibile spiegare ancora ai nostri figli che l’impegno paga, che la fatica premia, che la bellezza e la dignità non sono separabili. Se non ci liberiamo di lui e del vergognoso rotocalco in cui ci ha costretti a vivere, dovremo spiegare ai nostri figli perché mai nessuno si è occupato di costruire un futuro, di risolvere i problemi del Paese, di creare occupazione per oltre 15 anni. 
Ilvo Diamanti ha raccontato divinamente in cosa consiste la vera “sindrome della giovinezza” (non quella patologica di Berlusconi) che porta i giovani in tutto il mondo a ribellarsi, per difendersi e rivendicare un futuro. Anche in Italia questo autunno gli studenti sono scesi in piazza per le stesse ragioni. Soprattutto a loro, a questi ragazzi, dobbiamo l’impegno a mandare a casa chi tenta di privarli di ogni dignità.
Mandiamo Berlusconi dove non saremo più costretti a guardarlo, a chiederci se sia sopportabile farci rappresentare da un individuo del genere. E si consegni la guida del Paese in mani capaci di distinguere la plastica dalla carne, la menzogna dalla verità, l’opportuno dallo sconveniente, il pubblico dal privato, la ricerca di un’etica pubblica dal bieco moralismo. Si consegni il Governo, non solo a qualcuno di più sobrio nella propria camera da letto, ma a qualcuno che per lo meno non compili pagelle la mattina dopo, con il rischio che i premi vadano da una bustarella a una carica politica. Per pietà.

*parlamentare PD, articolo tratto da l'Unità

 

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