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Articolo 21 - Editoriali
Il ''regalo'' della tassa sul biglietto
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di Maurizio Sciarra

Tra oggi e domani, dopo l’ennesima fiducia, dovrebbe essere approvato il “Milleproroghe”, neologismo entrato nell’uso comune, che maschera obbrobri legislativi e slittamenti lessicali non da poco. Era Moretti che diceva che “sei quello che dici?”. Bene, nessuna speranza quindi! Il cinema e lo spettacolo tutto in effetti non aspettano nessuna proroga, ma una sistemazione organica, oramai da anni. Ma fra le mille proroghe si sono intrufolati alcuni progetti che ci riguardano. Reintegro del FUS, rinnovo (e non proroga!!!) di tax credit e tax shelter per il cinema, fondi per editoria e tv locali... C’è stato un ministro che aveva detto mesi fa che si sarebbe dimesso se non avesse portato a casa tutto questo. Lui è sempre lì, forte di una manciata di voti di fiducia, ma delle sue promesse non c’è traccia tra le mille e più proroghe. C’è però un bel regalino, da leggere con attenzione. Un euro in più per ogni biglietto di chi entra al cinema. Questo fondo dovrebbe essere sufficiente a finanziare il tax credit, e dovrebbe fare ancora qualcos’altro. Per esempio, dare ai produttori dei film più di successo dei film che il botteghino ha strapremiato, degli aiuti pubblici. La storia di questi che si chiamavano un tempo ristorni è antica, tanti anni fa (le parole contano!) erano la restituzione di una parte degli incassi che gli stessi produttori non vedevano grazie alla tassa sul biglietto. Oggi, che la tassa sul biglietto non c’è più da una decina di anni, sono un bell’e proprio regalo, uno di quegli aiuti di stato che l’Europa non tarderebbe a bocciare, se ne fosse a conoscenza. Ma questi regali ai cinepanettoni e alle pur meritevoli commedie che hanno portato in questi ultimi mesi la quota di cinema italiano al botteghino oltre il 40% (evviva, che bello, non succedeva da anni!!!) verranno sottratti alla quota da investire nella produzione di quei film “difficili” (qualificazione che ci viene dall’Europa), difficilmente finanziabili sul mercato, ma non per questo “noiosi” e “troppo culturali” (paura della destra al governo!), come possono dimostrare alcuni stracitati esempi, Divo e Gomorra in testa. E per di più, l’euro in più ha scatenato la guerra tra poveri, ha messo contro esercenti, produttori, autori, le stesse figure che solo pochi mesi fa occupavano insieme il red carpet di Roma per chiedere proprio quelle misure che Bondi ha promesso e non ha ottenuto. Occorre tenere i nervi a posto, e capire prima di tutto alcune cose: 1) E’ il Governo, Tremonti più che Bondi, e i vari capigabinetto, che hanno inventato questa tassa. 2) Gli autori da anni chiedono che su tutta la filiera (cinema, tv, satellite, internet provider, telecom, ecc...) sia applicato il prelievo che dovrebbe finanziare, attraverso un trasparente Centro Nazionale di Cinematografia, la produzione, i sostegni a distribuzione ed esercizio, la cultura cinematografica, Cinecittà e le scuole. 3) Questo euro viene spacciato come tassa di scopo, ma non è che un lontanissimo parente dell’idea iniziale. 5) Detto questo, non ci possiamo nascondere che senza questa misura, tra tre mesi non si produrrà un solo film in Italia, e che già ora i produttori non intendono parlare di nuovi film neanche sotto tortura.
E allora. Riprendiamo tutti insieme a discutere, ciascuno forte delle sue ragioni e delle sue necessità, ma consci che ciascuno in questa fase deve fare la sua parte, anche quell’anello finale, l’esercizio cinematografico, che fino ad ora ha ottenuto (perché sono bravi, sono una lobby che funziona!) risultati notevoli (IVA al 10%, annullamento della tassa sul biglietto assorbita dai guadagni, agevolazioni sulla digitalizzazione, aumenti del biglietto non contestati da nessuno, soprattutto sul 3D, ecc.) e che fra l’altro è attraversata da una delle più grandi operazioni di concentrazione e fusione mai visti negli ultimi decenni. Quegli stessi esercenti dovrebbero chiedersi perché le politiche di sostegno alle sale di città, che gli autori per primi hanno sostenuto ,non hanno dato i loro frutti, e come mai c’è stato questo enorme cambiamento dei luoghi fisici del cinema. Dalle sale dei centri storici ai multiplex dei centri commerciali, dalla proprietà diffusa, alle grandi catene in mano a Medusa/Benetton, da tanti tipi di cinema ad un cinema sempre più massificato, dallo slow cinema al poc corn movie.
Se dobbiamo trovare le soluzioni, tutti insieme, è da una analisi seria e spregiudicata che dobbiamo partire. Consapevoli che ancora una volta chi ci ha imbrogliato è un governo che di cultura non vuol sentire neanche lontanamente parlare.

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