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Articolo 21 - Editoriali
Media, una ferita europea
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di Michele Santoro

C'è una contraddizione con la quale l'Europa deve sapersi misurare per evitare che il suo lento ma (fino adesso) inesorabile cammino verso la costruzione di un'unione di popoli e di stati non affondi nelle sabbie mobili dei diritti diseguali. Una volta Bobbio ha detto: "Se in una sola parte di un paese, per quanto piccola non sventoli la bandiera  ovvero se lo stato è messo in discussione, vuol dire che quell'intero paese deve sentirsi minacciato nella sua sovranitĂ ". Si riferiva alla mafia e all'Italia. Ma allo stesso modo noi non possiamo rifiutarci di vedere una ferita profonda all'idea stessa di una comune cittadinanza europea quando, anche in solo paese, viene minacciata la libertĂ  di espressione. In Italia siamo di fronte ad una concentrazione di poteri senza precedenti in una democrazia che vede concentrarsi nelle mani della stessa persona potere politico, televisione e capacitĂ  di condizionare il mercato da una posizione dominante. PiĂš volte ho sottolineato che battersi per il superamento di questa anomalia è cosa diversa che demonizzare Silvio Berlusconi, perchĂŠ siamo di fronte ad una crisi di un intero sistema economico, politico e sociale nel quale non hanno funzionato gli anti-corpi che avrebbero dovuto garantire la libertĂ .
 
"Proprio per questo si impone una riflessione che consideri il cosiddetto caso italiano non un'escrescenza isolata ma un processo degenerativo che è drammaticamente visibile in Italia ma i cui sintomi cominciano ad affiorare in molti altri stati e, a mio parere, interessano l'intera Europa.
Nel nostro continente la Televisione si è sviluppata prima nella forma di monopolio pubblico poi con un forte dualismo tra servizio pubblico e mercato. Questo equilibrio che è stato uno degli elementi caratteristici delle nostre democrazie è oggi dovunque sottoposto alle pressioni delle multinazionali ed a un profondo cambiamento delle abitudini di consumo per lo sviluppo delle televisioni a pagamento e delle nuove tecnologie. Si impongono quindi rapidi processi di riforma per impedire che i servizi pubblici siano progressivamente devitalizzati ed indeboliti e che la combinazione tra  denaro e potere mediatico possa diventare determinante per le nostre democrazie. Si è detto che le recenti elezioni regionali avrebbero dimostrato come in Italia i mezzi di comunicazione non siano in grado di determinare la volontĂ  degli elettori. Esasperando questo ragionamento potremmo arrivare a dire che negli Stati Uniti gli eventi avrebbero lo stesso corso anche se si abolissero il Washington Post e il New York Times? D'altra parte è indubitabile che in una societĂ  nella quale le notizie continuano a circolare in mille maniere e si può votare liberamente è possibile rovesciare un cattivo governo, la propaganda, infatti, non può ribaltare il giudizio che deriva ai cittadini dalla concretezza materiale della propria condizione.
 
Tuttavia, è altrettanto indubitabile che l'impoverimento delle fonti, dei punti di vista del pluralismo influirà sulla qualità delle soluzioni, del mercato e della democrazia. Per esempio sarebbe interessante analizzare come in Italia il monopolio dell'informazione si sia accompagnato ad un mutamento di collocazione internazionale che ha visto il governo Berlusconi affiancare Bush nella guerra in Iraq, rompendo i tradizionali legami con francesi, tedeschi e spagnoli. Sarebbe stato possibile questo se un'opinione pubblica che è per il 60% contraria all'occupazione americana fosse fedelmente rispecchiata dalla televisione? Dunque, se gli italiani non devono certo rivolgersi all'Europa per risolvere i problemi che spetta ad essi stessi risolvere, l'Europa non può evitare di considerare la necessità di emanare direttive in materia di libertà di espressione, conflitto di interessi e difesa della sua identità culturale se vuole individuare almeno una soglia di diritti comuni ed inviolabili senza la quale il sogno europeo finirebbe inevitabilmente per inaridirsi.

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