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Articolo 21 - Editoriali
La scuola di Stato non appartiene ai partiti
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di Stefania Fusero e Sabrina Caneva

Il presidente del Consiglio Silvio Berlusconi ha dichiarato durante il recente Congresso dei Cristiani-riformisti: “Educare i figli liberamente vuol dire non essere costretti a mandarli in una scuola di Stato dove ci sono degli insegnanti che vogliono inculcare dei principi che sono il contrario di quelli che i genitori vogliono inculcare ai loro figli educandoli nell'ambito della loro famiglia» - affermazione alquanto singolare da parte di chi dovrebbe rappresentare proprio quello Stato, che sembra invece considerare, a quanto pare, come qualcosa di estraneo o addirittura di ostile.

Tale affermazione è chiaramente lesiva della dignità e della professionalità di chi, come noi, lavora come insegnante nella scuola di Stato, ma non rappresenta certo un’offesa isolata nel percorso dell’attuale compagine di governo; basti ricordare la frase pronunciata dal ministro per la Pubblica amministrazione e l'Innovazione R. Brunetta il gennaio 2009 a Neveazzurra, la kermesse invernale del Pdl: “Il tornitore alla Ferrari ha il sorriso e la dignità di dire al figlio che cosa fa, l’impiegato al catasto, i professori, i burocrati no”.
Per M. Gelmini, Ministra dell'Istruzione Università e Ricerca, “La sinistra guarda alla scuola pubblica italiana come ad un luogo di indottrinamento ideologico», immagino che con ciò sottintenda che da parte loro gli insegnanti a ciò docilmente si prestino.

Vogliamo informare questi signori che da parte nostra non ci presteremmo mai ad indottrinare i nostri studenti, qualunque sia la parte politica al governo, perché è grande il rispetto che abbiamo per la loro e la nostra dignità e libertà, e perché cerchiamo di informare il nostro lavoro non agli interessi contingenti di questo o di quel partito, ma ai principi della Costituzione italiana, che all’articolo 3 recita: Tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono eguali davanti alla legge, senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali, e all’art. 9: La Repubblica promuove lo sviluppo della cultura e la ricerca scientifica e tecnica.

Non cerchiamo quindi di “inculcare” principi, onorevole Silvio Berlusconi, ma di aiutare piuttosto gli alunni a crescere come cittadini responsabili, consapevoli della propria e dell’altrui dignità. Abbiamo molto chiara la distinzione che deve correre fra un insegnante e un imbonitore, non facciamo propaganda e non cerchiamo di rifilare patacche, trattiamo i nostri studenti con il rispetto che è loro dovuto in qualità di esseri umani, senza chiederci se siano etero o omosessuali, ricchi o poveri, Italiani da una o da venti generazioni, senza propinare loro lezioni teoriche sulla sacralità della Famiglia, ma limitandoci invece a rispettare LE famiglie da cui provengono.

La scuola di Stato non è un pulpito per indottrinatori; al contrario essa è stata e continua ad essere, nonostante i tagli e le delegittimazioni, e grazie alla fatica quotidiana di chi vi lavora, quel luogo in cui ogni alunno può sentirsi a casa propria ed esercitarsi nella difficile arte della cittadinanza e della convivenza civile.
Difendiamola quindi, potenziamola, perché essa è uno dei pilastri della nostra democrazia; il nostro Paese non sarà certo né più civile né più sicuro se e quando le famiglie saranno indotte a mandare i propri figli a scuole differenziate in base ad appartenenze etniche o religiose.
 

 

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