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Articolo 21 - Editoriali
Le armi della politica nel Paese dei cedri
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di Luciano Vecchi*

da L'Unità

Nelle scorse settimane qualche commentatore politico, evidentemente poco informato, ha accusato la sinistra italiana di essere indifferente o addirittura infastidita dalle novità e dai fermenti democratici che si stanno manifestando in vari Paesi arabi e in Libano in particolare.
Le cose, naturalmente, non stanno così. Se si leggessero i quotidiani libanesi e si guardassero le televisioni arabe, ci si renderebbe conto, invece, che è proprio dalla sinistra (dall'Internazionale Socialista, con un ruolo importante dei Democratici di Sinistra e dello SDI italiani) che stanno venendo alcune delle iniziative politiche più significative volte a sostenere la â??primavera di Beirutâ? e ad incoraggiare i processi di pacificazione e democratizzazione nel Medio oriente.
La scelta di usare in modo efficace le â??armi della politicaâ? contro la â??politica delle armiâ?, la volontà di sviluppare quella â??politica preventivaâ? da taluni ingiustamente considerata imbelle, è oggi, invece, la strategia di quanti intendano costruire sistemi democratici fondati sul protagonismo dei cittadini in società aperte e plurali.
La democrazia è, più che mai, un valore universale ma nel mondo arabo occorre saper costruire le condizioni interne ed internazionali affinché essa sia percepita come tale e non come â??pretestoâ? per la penetrazione politico-economica o per la destabilizzazione di Paesi o di intere regioni del mondo.
L'Internazionale Socialista, unica famiglia politica mondiale a contare tra i propri membri partiti e movimenti di gran parte dei Paesi del medio oriente, è stata sinora l'unica a sviluppare un'iniziativa forte ed incisiva nella Regione.
Lunedì scorso si è tenuta a Beiteddine, in Libano, la riunione del Comitato Mediterraneo dell'IS, ospitata dal Partito Socialista Progressista di Walid Jumblatt, alla quale hanno partecipato tutti i partiti politici dell' â??opposizione nazionale pluraleâ? libanese.
Nel prossimo maggio, per la prima volta nella storia, la riunione del Consiglio dell'Internazionale si realizzerà in Israele e nei Territori palestinesi, in collaborazione con il Partito Laburista e lo Yachad di Israele e Al-Fatah palestinese, protagonisti assoluti della nuove speranze di pace apertesi in Medio oriente.
Il senso di queste iniziative, che stanno avendo grande impatto in tutta l'area, è quello di sostenere le forze democratiche e di offrire una sponda a quanti intendano incamminarsi o proseguire sulla strada della costruzione di società democratiche e di risolvere pacificamente e politicamente i conflitti esistenti.
Ma è dalle forze democratiche libanesi che ci vengono oggi alcuni messaggi e richieste assai forti a cui occorrono risposte da parte di ogni attore sulla scena internazionale.
L'assassinio dell'ex Premier Rafiq Hariri ha scatenato un'ondata di mobilitazione senza precedenti nella storia del Paese dei cedri che ha saputo coinvolgere centinaia di migliaia di cittadini, soprattutto giovani, appartenenti a tutte le confessioni religiose, ai più vari orientamenti politici e a tutti i ceti sociali.
L'emergere di una forte società civile sta costituendo le basi per una più forte unità nazionale.
Per la prima volta, da almeno tre decenni, in Libano un grande movimento di massa ha messo a tacere la prevaricazione armata e ha imposto una nuova agenda politica a cui occorre guardare senza semplificazioni. La prima e più pressante richiesta è quella di mettere fine all'ingombrante tutela siriana del Paese, con il ritiro delle truppe e degli apparati di sicurezza, secondo quanto previsto dalla risoluzione 1559 del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite ma anche dagli accordi di Taif del 1989.
Il secondo obiettivo è quello di un rinnovamento profondo della politica libanese, di un cambio di classe dirigente, di una moralizzazione della vita pubblica. Da qui la richiesta di tenere alla scadenza prevista le elezioni parlamentari, le prime in un Paese non più sotto occupazione straniera.
Infine, si vuole che la commissione internazionale d'inchiesta faccia luce su esecutori, mandanti e complici dell'assassinio di Hariri.
Quello che colpisce di più è la forte consapevolezza delle forze politiche libanesi, da sinistra a destra, che occorre salvaguardare e valorizzare la â??specificitàâ? libanese, basata sul pluralismo etnico, religioso e politico.
Evitare la â??decomposizione confessionaleâ? del paese richiede comunque di fondare le regole della società e delle istituzioni su un ampio consenso di tutte le componenti. In questo quadro si pone la questione di Hezbollah e del disarmo delle sue milizie, come richiesto dalla 1559. Tutte le forze dell'opposizione libanese chiedono alla comunità internazionale che non si ostacoli la possibilità di raggiungere un accordo che permetta di trasformare il più importante movimento sciita in un partito politico democratico pienamente integrato nelle istituzioni. In caso contrario vi è il rischio che riprenda un clima di scontro violento. Beirut è oggi come sospesa tra le speranze di un nuovo inizio di libertà e il timore di una nuova guerra civile.
Sulla stessa â??questione sirianaâ? le opinioni sono molto chiare. La richiesta della fine della tutela siriana si accompagna alla consapevolezza della necessità di mantenere un forte rapporto di collaborazione con quel Paese.
Lo sviluppo del processo di pace tra Israele e i palestinesi diviene poi fondamentale sia per costruire condizioni generali di sicurezza nella Regione, che per permettere di affrontare il dramma degli oltre 400.000 profughi palestinesi in Libano.
Quanto sta accadendo ci dice quindi che, se si vuole promuovere realmente la democrazia nel mondo, non si può prescindere dal protagonismo responsabile delle forze che rappresentano le aspirazioni della loro società, fornendo loro un sostegno esterno che sia rispettoso della dignità e della sovranità di ogni popolo.
Il Libano può essere oggi un fattore di modernità per tutto il mondo arabo.
Ã? su queste basi che oggi le forze del socialismo internazionale, e i DS tra loro, intendono promuovere quella umanizzazione delle relazioni internazionali per cui vale la pena di battersi.
L'espressione della solidarietà al movimento per un Libano indipendente, sovrano e libero assume un'importanza che va al di là dei confini di quel Paese.
La centralità della promozione della democrazia, tema che viene posto con forza nell'agenda della comunità internazionale, può trovare ampie alleanze nel mondo arabo. A condizione naturalmente di saper interloquire con quelle società e che ciò si accompagni a una chiara volontà di risoluzione di tutti i problemi politici che investono il Medio oriente.
*Luciano Vecchi è Responsabile esteri DS

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