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Articolo 21 - Editoriali
Carlo Rognoni: Romani alla Rai? Una proposta inaccettabile
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di Natalia Lombardo*

Paolo Romani direttore generale della Rai, quando il Cda sarà finalmente rinnovato? «Alla faccia del conflitto dâ??interessi, una proposta inaccettabile», sbotta a caldo Carlo Rognoni, responsabile informazione per la Quercia. Perché Paolo Romani è lâ??uomo di fiducia di Silvio Berlusconi nel campo delle tv come responsabile informazione di Forza Italia. E, come relatore della Legge Gasparri alla Camera, si è speso perché la norma che nei fatti favorisce Mediaset fosse approvata, senza modificarne lâ??impianto dopo il rinvio alle Camere da parte del presidente Ciampi. Lâ??ipotesi di Romani come Dg Rai al posto di Flavio Cattaneo (che scadrà insieme al Cda ed è visto in prossima spedizione alle Poste) è stata diffusa ieri da «Repubblica», con una battuta del diretto interessato che la confermerebbe. Romani, però, al telefono smentisce ipotesi e battuta, ma senza troppo impegno: «Non ho nulla da dire, non entro nelle polemiche e non inseguo le ipotesi giornalistiche». Ha altre grane: «Ã? un momento particolare della politica e del partito, mi sto occupando di questo». Sarà, ma sembra davvero che lâ??ipotesi, se non la richiesta da parte di Berlusconi, sia stata fatta a Romani quasi un mese fa. In tempi non sospetti sia per lâ??esito disastroso del voto per la Cdl che come ricompensa per lâ??azzeramento, fra gli altri, del ruolo di coordinatore lombardo di FI. Unâ??ipotesi più gradita alla sinistra sarebbe Gianni Minoli, ma è più probabile che allâ??inventore di Mixer vada la direzione di una rete.
Dal centrosinistra insorge la Quercia: «Più che uno scandalo, è unâ??indecenza» secondo il Ds Giuseppe Caldarola, la sola idea che «uno degli uomini-ombra di Berlusconi diventi direttore generale della Rai». E rincara: «Più si va avanti e più il modello politico di Berlusconi risponde a quello di Putin, cioè all'idea del controllo pieno dello Stato». Insomma, «se Berlusconi vuole Romani se lo porti a Mediaset». Unâ??idea... Dalla Margherita, invece, si tira fuori Paolo Gentiloni: «Non partecipo al toto nomine. Lâ??unica cosa certa è che la Rai ha bisogno, sia come presidente che come direttore generale, di personalità autorevoli, competenti e indipendenti». Lo sostiene anche il Ds Giulietti: «Il punto è costituire un Consiglio che sappia garantire qualità, cultura e competitività» fra persone di valore al di fuori dei Poli. «Il problema non è chi levare, ma cosa aggiungere alla Rai».
A Viale Mazzini si aprirebbe comunque una lotta intestina fra An e Forza Italia, con una «candidatura» di Romani che pure è stato fra gli «sponsor» di Cattaneo. E lâ??Udc da sempre mira alla presidenza. Il nodo del rinnovo del Cda Rai, monocolore e senza presidente da un anno, sembrava vicino, ma il marasma nella maggioranza tende ad allontanarlo. Martedì il Consiglio approverà il bilancio 2004, ma lâ??assemblea dei soci che deve dare il via libera definitiva è convocata il 20 maggio. Se non si dimette subito il Cda «sfora» anche la scadenza del 30 aprile votata in Parlamento su una risoluzione della maggioranza, primo firmatario proprio Paolo Romani. Si va per le lunghe, on un vertice di sola maggioranza ancora più illegittimo dopo la sconfitta.
Berlusconi negli ultimi mesi sta collocando uomini di fiducia in posti chiave del controllo sullâ??informazione: Antonio Pilati, vero ispiratore della Gasparri, è ora allâ??Antitrust, mentre il sottosegretario alle Comunicazioni, Renzo Innocenti (FI, uomo macchina e tv nel lungo corso della legge) è ora commissario dellâ??Authority delle Comunicazioni, organo bloccato sul nome del presidente Calabrò, secondo lâ??opposizione imposto senza condivisione dalla maggioranza.
Soprattutto per i vertici Rai, in un anno (se non di meno) di campagna elettorale, la condivisione fra maggioranza e opposizione è indispensabile, come hanno chiesto Prodi e Fassino. Così come lo è, per il centrosinistra, trovare unâ??intesa su figure autorevoli e indipendenti non solo per il presidente di Viale Mazzini, ma anche per il Direttore generale (indicato dal Tesoro) che il presidente stesso dovrà approvare. Ã? un problema di pesi, perché con il nuovo Statuto Rai il presidente avrà poteri meno rilevanti di prima, e sono previsti due vicepresidenti, uno o più consiglieri delegati, pari agli Ad. Il rischio, insomma, è che si nomini un presidente che sta bene a tutti ma senza voce in capitolo, rispetto a una struttura dirigente con pieni poteri gestionali. E questo Berlusconi lo sa bene.

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Lâ??imprenditore tv, amico di Berlusconi e padrino della legge Gasparri

Editore, giornalista, deputato. La vita professionale e politica di Paolo Romani è variegata assai. Nel 2001 è stato rieletto alla Camera con il maggioritario (45.498 voti, 54.2%), ma già era stato componente della commissione di Vigilanza sulla Rai (dal 1996) e della commissione Trasporti (dallâ??ottobre del 2000).
Coordinatore di Forza Italia in Lombardia, si è duramente scontrato con il governatore Formigoni che ne ha chiesto più volte la testa: non lâ??ha ottenuta mai. Anzi, il nodo Formigoni sembra ancora aperto. A dimostrarlo, il fatto che persino ora, revocato con tutto lo stuolo dei coordinatori regionali dopo la sconfitta elettorale, Romani verrebbe promosso a una delle cariche più ambite. Perché? Innanzitutto Berlusconi gli vuole bene: è amico del fratello Paolo, ma anche Silvio si precipitò a presenziare al matrimonio del figlio di Romani. Poi perché negli anni â??Ottanta, come il premier, ha vissuto la stagione avventurosa della nascita delle tv private.
Infine perché, e questo per il Presidente del consiglio è sempre un tasto sensibile, in questo periodo ha qualche guaio giudiziario. La procura di Monza, giorni fa, ne ha chiesto il rinvio a giudizio per «bancarotta preferenziale». Proprietario di una tv di Cinisello Balsamo, Lombardia 7, nel 1995, sostiene lâ??accusa, ne vendette le frequenze senza pagare tutti i creditori, cosa che avrebbe portato al fallimento successivo.
Avrà solo la maturità classica, Romani. Ma a metà degli anni 70 aveva messo in piedi, insieme a Marco Taradash, Tele Livorno. Con Tele Biella, protagonista della legalizzazione dellâ??etere: i pretori sequestrarono le antenne abusive, ma poi decretarono: purché localmente, trasmettere si può. Ã? stato anche editore di Millecanali, rivista specializzata per lâ??emittenza radiotv, per un breve periodo lavorò in Mondadori. Gli anni Ottanta furono lâ??era di Canale 51 e Rete A. Poi Salvatore Ligresti lo chiamò a guidare Telelombardia, da cui uscì per fondare la sua Lombardia 7. Un tg con cinque giornalisti e un format dâ??appeal: «Vizi privati», strip caserecci condotti da Maurizia Paradiso. Nel â??94 dice sì a Berlusconi, mette in vendita la sua tv, entra in politica e si candida: verrà eletto.
Nel 2002 il condottiero per conto del Cavaliere nella battaglia per la Gasparri câ??è lui, relatore di maggioranza. E gli è rimasto il piglio dellâ??imprenditore, spiccio, indaffarato, concentrato su quel che conta davvero. Sintesi, sintesi. Ã? per questo che per la Gasparri presenta una relazione di cinquantun cartelle che glissa soavemente sulla vicenda delle frequenze di Retequattro: stucchevole il dibattito su una tv in più o in meno.
Quanto al rapporto con lâ??opposizione, le dichiarazioni sono esplicite: pluralismo, apertura totale, dibattito approfondito, Ciampi docet. Il risultato del dibattito poi sâ??è visto, un percorso e una votazione blindata, come in tutte le leggi dâ??interesse di Berlusconi. Del resto, aveva detto nellâ??agosto del 2003, a dibattito ancora spalancato, aveva detto: «Se non passasse la Gasparri, la Rai avrebbe una perdita secca di 300 miliardi di lire lâ??anno. Se lâ??obiettivo delle opposizioni è penalizzare Mediaset, a queste operazioni solo politiche e non economiche non ci sto». Però la sua ex tv - che diversamente dal premier si premurò di vendere prima di fare il deputato - faceva parte del pacchetto di 39 emittenti che Cattaneo presentò in Cda, provvidenzialmente bloccato dalla presidente Annunziata.

*da L'Unità

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