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Articolo 21 - Editoriali
Informazione e voglia matta di potere
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di Federico Orlando

Non meraviglia che questa maggioranza, nata undici anni fa con lâ??assalto al Giornale fondato da Montanelli, concluda (o rischi di concludere) la sua esistenza in un fuoco dâ??artificio di notizie dal mondo dellâ??informazione: possibile scalata di nuove cordate proprietarie al Corriere della sera, trionfalistico bilancio della Rai, vendita di una rilevante quota delle azioni Mediaset di proprietà del presidente del Consiglio. Non meraviglia perché lâ??informazione è nodo strutturale irrisolto del nostro sistema politico e imprenditoriale; e perciò torna con prepotente protagonismo ad ogni vigilia di elezioni.

Per questo, nessuna delle tre notizie riferite è davvero nuova. Della voglia matta di Berlusconi di impadronirsi del Corriere della sera si parla dallâ??inizio della legislatura, con lâ??operazione Ligresti. Ma la scalata al quotidiano che fu di Albertini è più ardua di quella del Cervino, perché nel patto di sindacato che ha la maggioranza si entra solo per cooptazione. E conoscendo la tempra morale e intellettuale di una certa imprenditoria, specie nuova, riesce difficile pensare che essa voglia compromettere futuri rapporti â??politiciâ? per favorire un Berlusconi in declino. Magari fosse vero: potrebbe addirittura piacerci, per assaporare finalmente quella certa â??etica protestanteâ? sempre sconosciuta al nostro capitalismo. Ma se ad essa sono rimasti estranei i capitalisti seri, figurarsi quelli rampanti. Ci pare dunque probabile che le presunte convulsioni di via Solferino, nel momento in cui vi governa un direttore prestigioso, che il premier intrattiene per due ore a Palazzo Grazioli, siano solo il ciclico manifestarsi della voglia matta di cui si diceva.

Lo stesso vale per la Rai. Solo la voglia matta di conservare il più a lungo, con nuovi amministratori e soprattutto nuovi dirigenti a livelli funzionali, il colosso pubblico conquistato dal padrone del colosso privato, induce i triumviri Cattaneo-Gasparri-Romani a celebrare come â??il miglior bilancio nella storia dellâ??aziendaâ? quello che sâ??è chiuso con un utile di 113 milioni di euro. Dimenticando: a) che la politica dellâ??oculatezza fu sostenuta fino alle dimissioni dalla presidente di garanzia, Lucia Annunziata; b) che lâ??attuale livello culturale della Rai è il peggiore nella storia di unâ??azienda che non produce più nulla e compra i format dove può, perfino quello di Bonolis; c) che nel frattempo il bilancio Mediaset si chiude con un utile cinque volte superiore, grazie alla pubblicità.

E quanto a Mediaset, la voglia matta del suo proprietario di salvaguardare il sistema perverso proprietà-informazione-politica anche ricorrendo alla chirurgia plastica, si coglie nel fatto che quel 17 per cento di azioni di cui si disfa ha tutta una serie di connotati che con la democrazia politica e del mercato non ci azzeccano.

Riepiloghiamoli: a) le azioni non vengono messe in Borsa, ma trattate con â??investitori istituzionaliâ? italiani o stranieri, forse amici, forse legati al premier-padrone, forse condizionabili; b) lâ??operazione non intacca il potere di controllo del proprietario, nelle cui mani resta il 34 per cento (Tronchetti Provera domina Telecom col 30); c) mette la proprietà al riparo da eventuali modifiche della legge Gasparri; d) aumenta la possibilità di investimenti del premier-padrone di oltre 4000 miliardi di lire, che potranno essere indirizzati, chissà, proprio verso Telecom o affini, oltre che in una campagna elettorale di proporzioni americane, capace di ridurre a â??puzzetteâ? gli alleati e togliere il respiro al centrosinistra; e) ridicolizza ogni parvenza di par condicio modello Usa della spesa elettorale; f) fa credere ai fessi dâ??aver risolto il conflitto dâ??interesse mentre invece lo monetizza; g) placa i conflitti domestici (vera innovazione della politica italiana, rispetto a quei tangheri di De Gasperi, Einaudi, Nenni, Togliatti, Moro, Berlinguer, La Malfa quello vero, Almirante, Malagodi, Andreotti, Prodi, per dire sessantâ??anni di storia italiana).

Pp

Dicevamo anche, allâ??inizio, che questo intreccio perverso di informazione, politica e proprietà, strutturale in Italia, si manifesta con più virulenza in ogni vigilia elettorale. Ma alzi la mano chi può dire di ricordare qualcosa di simile a quel che vediamo in questi giorni, anche ai tempi in cui i giornali e lâ??unica tv di Stato erano tutti felpatamente governativi; oppure quando, trionfando il conformismo opposto, il Corriere di Maria Giulia Crespi brandiva la â??rivoluzione culturaleâ?: e restava, anche così, lontano dal New York Time, che non sta né con Bush né con Kerry fino a quindici giorni prima del voto: solo dopo aver accompagnato i lettori con informazione equanime per tutta la campagna elettorale, dà alla fine la propria opinione. Speriamo dâ??aver racchiuso in questo esempio il nodo strutturale della nostra democrazia, appunto lâ??intreccio perverso di proprietà, politica e informazione. Nodo che tutti hanno sfruttato o subìto, e che neppure il centrosinistra seppe non dico sciogliere ma affrontare fino in fondo. Dobbiamo rassegnarci per sempre alla protervia dellâ??imprenditore che, diventato editore in modo complementare alla sua attività primaria, per favorire questa strumentalizza lâ??editoria asservendola alla politica? Non sapevamo anche noi che, non rimuovendo questa condizione strutturale, avremmo assistito prima o poi alla riunione di imprenditoria, informazione e politica nelle mani di uno solo, forte, tanto forte da potersi infischiare del â??conflitto dâ??interessiâ? e di altri principi di â??corretta democraziaâ??

Ps

Nella scorsa legislatura abbiamo fatto molte cose: lâ??Autorità delle telecomunicazioni, la liberalizzazione del sistema tlc, lâ??Antitrust, numerose altre leggi, ma non arrivammo alla riforma della Rai e della pubblicità per le nostre divisioni interne, soprattutto sulla Rai. E il conflitto di interessi fu una vera e propria sottovalutazione. Câ??è dunque da riprendere nella prossima legislatura, se vinceremo, il cammino volutamente incompiuto nel quinquennio 1996-2001. Lo scriviamo perché si tratterà pure della quadratura del cerchio, ma il centrosinistra dovrà provarsi con migliore buona volontà e soprattutto unità a porre il problema allâ??attenzione degli italiani e a risolverlo. Altrimenti, se vinceremo nel 2006, riperderemo la volta successiva.
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