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Articolo 21 - Editoriali
Quando l’Africa potrà davvero dire la sua?
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di Jean-Baptiste Sourou*

In una delle ultime interviste rilasciate prima della sua scomparsa, il grande storico africano Joseph Ki-Zerbo affermava che l’Africa, dal suo incontro con l’Europa, “è stata svuotata dalla sua essenza”, intesa come quello che faceva la sua anima, la sua spina dorsale. Un torpore si abbatte sul continente che, a mio avviso, perde continuamente le sue capacità di reagire, di farsi sentire, di dire la sua, di affermarsi. La storia dimostra chiaramente come molti regni ed imperi africani si siano opposti agli invasori europei. Oggi però il continente subisce, vive, secondo me, in una totale apatia e fa fatica a farsi sentire.
Se considero la situazione creatasi in Libia e purtroppo quella in Costa d’Avorio, dove in questi giorni una feroce guerra sostenuta dalla Francia con, ci dicono, l’appoggio del Segretario delle Nazione Unite miete centinaia di morti al giorno per il controllo del potere, c’è da chiedersi dov’è l’Africa. Un esercito africano può venire a dettare legge in Occidente? Perché sono solo i Paesi occidentali a decidere per noi e l’Africa subisce? La stessa reazione mi viene di fronte al fenomeno della cosiddetta immigrazione clandestina dall’Africa sulle coste italiane. Dove sta l’Africa?

Africa cosa ne fai dei tuoi figli?

Da molti anni mi occupo della questione dell’immigrazione africana per i vari media internazionali con cui collaboro. Mi sono recato a Lampedusa, ho visitato più volte il famoso “Hotel Africa” di Roma dove sudanesi, eritrei, somali, uomini, donne e bambini in attesa dell’esito delle loro domande di asilo risiedevano in condizioni abominevoli, “indegne di animali italiani”. Tutto questo per parlarne, scrivere, raccontare e mi sono accorto della grande  ipocrisia e del menefreghismo che esiste in vari ambienti in Italia riguardo  queste persone. Ma quello che mi fa ancora più male è il silenzio dell’Africa stessa.
A mio avviso, l’Africa, le sue istituzioni politiche continentali e regionali non si sono mai soffermate a pensare seriamente a come fare per scoraggiare le popolazioni ad intraprendere il viaggio della morte attraverso il deserto e il Mediterraneo  verso l’Europa. Questo vorrebbe dire avere il coraggio di chiedere ad alcuni Paesi come l’Eritrea, il Sudan, la Libia di ravvedersi in materia di diritti dell’Uomo.
Non solo, significherebbe inoltre  che molti Paesi africani dovrebbero dedicare più fondi allo sviluppo, all’istruzione, all’educazione per aiutare i giovani a realizzare i propri sogni in patria, senza pensare sempre che solo in Occidente tutto è possibile.
Significherebbe anche che i Paesi africani dovrebbero avere il coraggio di dire no all’Europa quando essa chiede loro di fare da gendarmi, firmando accordi e offrendo loro strumenti per arrestare i candidati in partenza via mare e via terra.

Occidente: le popolazioni africane meritano più rispetto
Invece di cercare Stati gendarmi, l’Europa avrebbe dovuto firmare accordi di cooperazione allo sviluppo e seguire in modo stretto l’utilizzo del denaro.  Le popolazioni africane non sognerebbero l’Europa come la terra della salvezza se trovassero sul posto le possibilità per realizzare i loro sogni. D’altronde per molti immigrati l’Europa si è rivelata un disincanto totale che ha costretto molti di loro allo sconforto, allo smarrimento e addirittura alla follia. “Piuttosto morire per la guerra che venire qua a vivere in queste condizioni” mi disse un’immigrata eritrea un giorno. E non è la sola a pensare così.
Molti dei tunisini che stanno sbarcando in questi giorni sognano un’Europa terra di libertà, di accoglienza, ma si vede chiaramente la loro delusione appena approdati dopo una traversata pericolosissima. L’Europa non corrisponde a quell’immagine che vuole dare di sé presso le popolazioni africane. Gli immigrati lo capiscono, ma spesso è troppo tardi.
C’è anche da ricordare che non ci sarebbero Stati corrotti in Africa senza l’ausilio straniero. Tutti i dittatori che ha conosciuto il continente hanno avuto dei governi  sostenitori in Occidente, sia per assicurarsi materie prime, sia per mantenere la propria egemonia in una regione.

In questi giorni l’Italia e la Francia temono l’ondata degli immigrati nord africani. Questi signori che pensano di dominare il mondo, di fare colpo sull’opinione pubblica per  vincere le prossime elezioni e soggiogare tutti con la forza delle armi, non avevano mica pensato che le popolazioni impaurite e affamate si sarebbero ammassate alle loro porte?  Scuotendo cielo e terra perché si bombardasse la Libia, la Francia pensava forse che l’ondata di eventuali immigrati avrebbe riguardato solo l’Italia.
Ed ecco che gli immigrati  bussano anche alle sue porte, ma Parigi non li vuole. Valeva allora la pena iniziare la guerra senza dare all’Unione Africana la possibilità di tentare la via del dialogo?  L’Occidente, per interessi che tutti conoscono, pensa ancora di dover risolvere le questioni africane, ignorando gli africani o lasciando loro i cocci rotti, come fece vent’anni fa in Somalia.  Ci sono troppi ingredienti che fanno pensare che la Libia, dopo l’intervento degli Occidentali sarà un’altra Somalia.  
Però questa volta l’Europa sarà anch’essa vittima delle conseguenze.
L’Africa deve anch'essa svegliarsi, battere i pugni se non vuole subire il diktat dell’Occidente. Allora mi viene voglia di invocare alcuni re intrepidi dell’Africa come Samory Touré, Behanzin ed altri, affinchè ci insegnino la resistenza ad ogni tipo di prevaricazione, come fecero loro nel diciannovesimo secolo.

*Autore del libro “Affondo” ed. San Paolo 2011. Nel libro, l’autore presenta una denuncia documentata e durissima, non solo della situazione italiana (da Lampedusa ai campi di reinvio), ma di tutta la situazione mediterranea. Parla anche dei silenzi dell’Africa e delle cose che i media non dicono sull’immigrazione clandestina.
    
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