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Sit-in a Roma: continua l'odissea dei lavoratori di Rosarno
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di Bruna Iacopino
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I lavoratori migranti di Rosarno ( quelli arrivati a Roma) sono tornati ieri in Piazza Santi Apostoli. Si sono ritrovati in una cinquantina di persone, tra migranti e italiani facenti parte della rete antirazzista romana, per tornare a chiedere con urgenza un incontro col prefetto, incontro atteso da mesi, ma ancora sospeso, come sospesa è la sorte di questi “senza diritti”. Dopo un primo contatto interlocutorio, avvenuto il 9 febbraio scorso, la prefettura non ha ancora acconsentito ad un incontro ufficiale al fine di trovare una soluzione degna per uomini che chiedono soltanto di poter vivere e lavorare onestamente sul suolo italiano. In seguito ai fatti di Rosarno, infatti, il permesso di soggiorno per motivi umanitari era stato concesso solo a 11 dei feriti, mentre per tutti gli altri rimaneva soltanto la via della fuga, o come sostengono le reti antirazziste “ della deportazione”.
I 150, che da Rosarno sono approdati a Roma, riuniti in assemblea ( ALAR) e sostenuti dalle realtà di movimento della capitale, si sono già mossi diverse volte, con manifestazioni di protesta, sit-in, conferenze stampa, per raccontare e raccontarsi per chiedere che ... nell'Europa dei diritti, nel'Italia dei diritti, anche a loro “sono dovuti” dei diritti.
“Perchè noi non siamo clandestini, siamo migranti, ma non clandestini!” Strilla al megafono un altro ragazzo nel corso del sit-in, dove a turno, si prende la parola.
Da due mesi, a Roma, vivono in condizioni precarie: in molti dormono all'addiaccio, per strada, dove capita, altri, più fortunati hanno trovato posto e ospitalità all'interno dei centri sociali e degli edifici occupati, in pochi, pochissimi, all'interno di strutture religiose.
Mancano di tutto, dei più elementari mezzi di sostentamento: quello che hanno per vivere è frutto della rete solidale che si è stretta intorno a loro e continua da accompagnarli in questa battaglia.
Sono visibilmente stanchi. Stanchi dello sfruttamento subito a Rosarno e nelle “tante Rosarno d'Italia”, eppure nonostante, questo, vista la mancanza di risposte istituzionali, in quelle “Rosarno” sono anche diposti a ritornarci pur di avere un lavoro con cui poter campare e, magari, inviare qualche soldo a casa.
E, visto l'approssimarsi della stagione estiva e la raccolta dei pomodori, la prospettiva si fa man mano più concreta.
Nel frattempo attendono e chiamano a gran voce i responsabili istituzionali perchè non si voltino dall'altra parte e si assumano le proprie respnsabilità. “ Tutti hanno presentato formale richiesta di protezione umanitaria – si legge nel volantino distribuito ai presenti- in ragione delle situazioni oggettive di pericolo e di persecuzione nei loro paesi d’origine, rinforzate dalle condizioni di sfruttamento para-schiavistico vissute nella campagne calabresi e dai relativi traumi psicofisici riportati come esito drammatico delle aggressioni subite.”
“Dopo quelle vicende in tanti - spiega un attivista della rete antirazzista – soffrono di disturbi da stress post-traumatico... ”
Rosarno non è mai finita.
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