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Articolo 21 - Editoriali
Guerra in Libia. E se scoppia la pace, malgrado Berlusconi, Bossi e Tremonti?
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di Gianni Rossi

L’intervento armato della NATO in Libia a sostegno dei rivoltosi contro il dittatore Gheddafi è a un punto di stallo, nonostante gli obiettivi sensibili colpiti. I “Bombardamenti chirurgici”, che vedono anche da alcuni giorni, coinvolti gli aerei italiani, non riescono a colpire “intelligentemente” il nascondiglio di Gheddafi e, nel caso dell’obiettivo colpito, dare una spinta definitiva al termine delle operazioni militari. Al momento, oltre alle dichiarazioni minacciose e demagogiche del Rais libico, gli unici ad essere stati colpiti da un “fuoco intelligente e chirurgico”  sono gli esponenti del  mondo politico italiano.

Il 3 Maggio, salvo ripensamenti, il Parlamento discuterà le varie mozioni pro e contro l’escalation militare del nostro paese a fianco degli Alleati, a 10 giorni circa dalle importanti elezioni amministrative per il rinnovo delle giunte comunali a Milano, Torino, Bologna e Napoli. Le due scadenza si intrecciano e dipendono l’una dall’altra. Per Bossi, la Lega e il loro “Lord Protettore” Tremonti, occorre porre un termine all’intervento italiano per motivi “umanitari”, per contrastare un ennesimo aumento degli sbarchi a Lampedusa e, infine, per non pesare troppo sulle spese del Bilancio dello Stato. In realtà, ai leghisti interessa l’aspetto dei “respingimenti” dei profughi e la tenuta di un elettorale “non belligerante” (ma non ancora pacifista come a sinistra), che potrebbe far mancare i voti in alcune amministrazioni locali. La Lega da settimane non “vola” più nei sondaggi a scapito del PDL di Berlusconi, proprio perché si è fatta “ancella” dei voleri del Sultano di Arcore e il suo elettorato, comunque legato ad alcuni principi morali, non ne può più. La crisi economica, occupazionale ed industriale, che sta colpendo in maniera dura tutto il Nord ha fatto girare il “Vento della Padania”.

Ecco, allora, la tentazione di “dare una spallata” all’alleato storico sul fronte della politica estera, ovvero sul fronte più magmatico parlamentare. E sì perché molto dipenderà dalle mozioni di alcuni partiti dell’opposizione, come il PD, che sulla politica estera si sono sempre schierati sulle posizioni dell’ONU, della NATO, degli Alleati europei, di Obama e hanno sempre accettato le interpretazioni estensive dell’Articolo 11 della costituzione apportate dal Presidente della Repubblica Napolitano. Il rischio è, in realtà, di andare in soccorso “rosso” del Satrapo, del “portatore sano di conflitti di interessi” nel momento della sua più drammatica crisi, quando tutti i sondaggi lo danno per “bollito” e quando si avvede per la prima volta la possibilità per il centrosinistra di avere un candidato al Comune di Milano, l’avvocato Pisapia, in grado di far digerire alla “scialba siora” Moratti il ballottaggio.

Sarebbe uno smacco per Berlusconi e la  sua destra anticostituzionalista! Sarebbe l'anticamera d una strisciante crisi di governo, altro che il "rimpasto" con le "cadreghe" di sottogoverno ai Reposnabili! Ecco, quindi, che l’opposizione ha una possibilità in Parlamento di cavalcare la protesta leghista, che non significa disimpegno tout court dal conflitto contro il dittatore Gheddafi, ma porre dei “paletti” temporali e di tecnicità dell’intervento militare, di una cabina di regia politica paritaria con l’Italia protagonista anche per il “dopo Gheddafi”, con un piano di aiuti concreti alle vittime del conflitto, con l’eventuale spedizione di una forza di “peacekeeping”, da interporre ovunque in Libia (a Misurata, come a Tripoli).

Una posizione che non rigetta dunque il nostro impegno alleato, ma che neppure ci deve vedere come “servi sciocchi” dell’ala più bombardiera dello schieramento NATO (Sarkozy e Cameron, in prima fila!). Sulla base di un’intesa del genere, che guarda più alla pace prossima, futura, sarebbe possibile di fatto scardinare l’alleanza tra la Lega e Berlusconi, puntando quindi sulla complicità discreta del Superministro per l’Economia, Tremonti, il vero guardiano della stabilità di questo sgangherato governo. Altre vie, come quella di votare comunque una risoluzione di parte delle opposizioni che veda l’Italia a fianco “sic et simpliciter” degli Alleati, potrebbe solo far trovare i voti utili al Signore del Bunga Bunga per superare l’ennesima impasse parlamentare e, di conseguenza, recarsi alle urne milanesi con animo rasserenato.

La pace in Libia, in realtà, potrebbe scoppiare da un momento all’altro, proprio perché il Rais è alle corde, i raid lo hanno sfiancato, i capi-tribù lo hanno abbandonato, parte della famiglia sta trattando la “buonuscita” da Tripoli, per poter dopo godersi i frutti della spoliazione del popolo libico in 40 anni di dittatura, e i grandi protagonisti della geopolitica hanno ormai abbandonato Gheddafi alla sua deriva tragica e autodistruttiva (Lega Araba, Cina e Russia compresi). Prima che siano gli eventi esterni a dettarci il calendario della nostra politica estera e nazionale, ci auguriamo che le forze politiche più ragionevoli in Parlamento sappiano interpretare i “segni del tempo”!

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