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Articolo 21 - Editoriali
Il testamento etico di Antonino Caponnetto al "Mucchio Selvaggio"
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di Massimo Del Papa

A spasso con la Fondazione. Così ha passato gli ultimi due anni il cronista di una rivista rock. Che fondazione? Quella dedicata ad Antonino Caponnetto, il giudice antimafia, il creatore del pool di Palermo con Giovanni Falcone, Paolo Borsellino ed altri giovani magistrati capaci, per la prima volta, di mettere alle corde Cosa Nostra: il primo maxiprocesso a fine anni '80, con 360 mafiosi condannati a complessivi 2665 anni di carcere. Lì la mafia capì di non essere infrangibile, si rese conto che lo Stato, forse senza volerlo, si era messo a fare sul serio: dal mare stagnante delle cautele, delle omissioni, delle convivenze con la mafia che oggi si sbandierano ma da un secolo e mezzo si praticano, era uscito un giudice sessantatrenne, avviato alla pensione in Toscana, che dopo l??attentato a Rocco Chinnici s??era preso sulle spalle il compito di andarlo a sostituire: senza neppure avvisare la moglie.

Caponnetto era uomo di stravaganti prodigi. Chissà perché la sua ultima intervista, sorta di testamento etico, l??ha voluta lasciare a una rivista musicale, ??il Mucchio Selvaggio?, l??antivigilia di Natale del 2001. Chi la ottenne ricorda quegli occhi che senza parlare dicevano tutto, si commuovevano, mandavano lampi d??indignazione. Occhi orgogliosi di chi ha guadagnato la sua vita, ha fatto qualcosa d??importante. Occhi liberi, perché solo nell??impegno c??è libertà. In quell??intervista-testamento Caponnetto distillò a piene mani, senza averne l??aria, verità urticanti, o ispirate, anche ironiche: ??La democrazia è la possibilità di rimettere sempre tutto in gioco?, ??le battaglie in cui si crede non sono mai perse?, ??il guaio del centrosinistra è di non aver saputo offrire un ideale ai giovani?, ??nessun partito mette più nel suo programma la lotta alla mafia?, "proprio così ha detto quel ministro, che dobbiamo imparare a convivere con la mafia...".

Un anno dopo Caponnetto moriva, e nasceva la Fondazione che lo tiene in vita. Anche il cronista della rivista rock comincia a viaggiare l??Italia, raccontando di un uomo incontrato per un??ora, che impara a conoscere dopo morto, incontro dopo incontro, scolaresca dopo scolaresca, città dopo città. Un viaggio perenne per sparpagliare il messaggio del ??Nonno?, suo nome in codice, fatto di lotta contro ogni mafia, di tutela della legalità, rispetto della democrazia, difesa della Costituzione (profetico Nonno). In compagnia di Betta, ormai per tutti ??la Nonna?, che del suo Nino ha gli occhi, ha l??anima e quando parla i ragazzi smettono di respirare. Insieme al presidente della Fondazione, il vulcanico Salvatore Calleri, all??editore Mimmo Bilotta, cui si deve il libro su Caponnetto, ??Eroe contromano in difesa della legalità?, al prestigioso giurista professor Alfredo Galasso, grande. E ad una serie di presenze che ruotano, magistrati giornalisti, vittime di mafia, politici (pochissimi) realmente impegnati su questa frontiera.

Gli stravaganti prodigi di nonno Nino: a forza di girare, s??incontra una ragazza, studentessa, stupenda, che dopo un incontro ti dice ??Finita l??Università voglio fare il giudice, e voglio andare a Palermo?. S??incontra un soldo di cacio di 13 anni che ti viene incontro, ti saluta senza parlare e il suo silenzio, i suoi occhi, sono quelli di nonno Nino: occhi pieni di libertà, di un impegno che certo non mancherà.

A spasso con la Fondazione, il cronista scopre un Paese dentro il Paese, come una farfalla in uno scafandro, e da dentro: non da un computer sopra un tavolo. Un'Italia fatta di cittadini allarmati, di giovani consapevoli, di studenti curiosi, di professori che li allertano per passione e per dispetto contro uno Stato truce, che tratta i suoi vivaisti umani come gli ultimi paria. Di consulenti culturali, ex professori dimessisi in polemica con la Moratti, che portano nelle aziende un impegno solidale. Di insegnanti di scuola materna fantasiosi, coraggiosi, romantici. Di volontari antimafia, di agenti e carabinieri partecipi, di albergatori responsabili. Con qualche protagonismo, qualche falsità, qualche presenzialismo, ma comunque un Paese contromano, che si sottrare alla rassegnazione, che combatte le sue battaglie perdenti sapendo che ??non sono mai perse?; una comunità a macchia di leopardo che non accetta il regime di Berlusconi, la dittatura delle Lecciso, la resa alla mediocrità imperante, alla miseria di una politica circense. Un??Italia vicaria, che tra lavoro e famiglia si accolla il peso di un impegno che la politica bandisce, mentre l??informazione serva della politica finanziera si adegua.

Gli stravaganti prodigi di Nonno Nino, che al cronista intimidito disse ??quello che fai è importante?: e non era un crisma, ma una scommessa al buio. ? diventata realtà. Grazie al lascito di un uomo che non c??è più, ed è sempre più presente. Tra gli stravaganti prodigi del Nonno, la riscoperta giornalistica di questo Paese-calabrone, che fatto come è fatto, non dovrebbe volare eppure vola.

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