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Articolo 21 - Editoriali
Mussolini e la pipì
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di Gaetano Alessi

Capita, in un paese eccezionale come il nostro, di ritrovarsi a presentare un libro che parla della partigiana primo sindaco donna della Sicilia Vittoria Giunti in un ex casa cantoniera occupata. E subito dopo di trovarsi dentro un atrio bellissimo ad assistere ad una iniziativa di un associazione multietnica G.A.3, il cui nome è legato all’articolo della Costituzione italiana che garantisce pari dignità a tutti. Capita quindi in un bailamme di suoni, colori e culture di approfittare un tantinello del bar ed essere costretto, da impellenti ragioni fisiologiche, a cercare quella che un tempo era definita “la ritirata”.

Capita di infilarsi allora in una porticina in fondo al grande atrio che ospita la festa e d’imbattersi in una targa di marmo appoggiata a terra, di fianco la porta del bagno, che regala un piccolo svarione e un immediato senso di nausea. Capita quindi di chiedersi se l’alcool ingerito fosse così tanto o se quello che mettono a fuoco i tuoi occhi siano proprio “fasci littori!”. Capita allora di scorrere la lapide, sforzandosi di battere la nausea, e leggere il suo contenuto “ Il popolo italiano ha creato col suo sangue l’impero, lo feconderà col suo lavoro e lo difenderà contro chiunque con le sue armi” firmato Mussolini e datato 9-5-1936. Capita quindi di chiedersi in quale città una lapide simile, che ricorda i crimini dell’imperialismo italiano, possa trovare ricetto. Predappio? No, Latina? No, Valguarnera Caropepe in provincia di Caltanissetta? No. Reggio Emilia? Si. Proprio Reggio Emilia, città medaglia d’oro per la Resistenza, dove è nata la bandiera tricolore.

 E non in un luogo sperduto, gestito da vili revisionisti, ma in uno spazio pubblico chiamato “Ex Stalloni” in una via dedicata al sommo Alighieri con tanto di questura di fronte e a nemmeno 500 metri dalla stele da cui parte la via emilia. Capita quindi di chiedersi “ma sta porcheria che ci fa qui?” . Oddio la lapide risulterebbe anche attuale visto che siamo tornati in guerra grosso modo negli stessi posti, però dato che siamo agli “Ex Stalloni” e si parla di Mussolini un certa attinenza si potrebbe anche trovare. Capita quindi di chiedersi come una città carica di sangue partigiano possa accettare che il ricordo di un assassino possa campeggiare in uno spazio del comune.

 Capita anche di pensare che solo un paese come il nostro possa rimpiangere una dittatura da operetta. Capita anche di perdersi nei pensieri e attualizzare che anche adesso viviamo in una dittatura (mascherata) con un capo del governo ormai divenuto macchietta, dove tutto è possibile, anche offendere chi ha liberato il paese. Capita anche di voltare lo sguardo e trovare alla sinistra bloccato tra la porta del bagno e la lapide un uomo sulla settantina, avvolto da una maglietta rossa, dal nome evocativo: Adelmo Cervi. A cui il signore firmatario della lapide, insieme ad un alleato col baffetto di nome Adolf, sterminò la famiglia, il padre e 6 zii.

Capita di vederlo sorridere di fronte a quei fasci littori ostentati e capita che ti dica “sai non so dove pisciare prima” e capita, nella ridente e “rossa” Reggio Emilia , di non potergli dare proprio torto.

 

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http://gaetanoalessi.blogspot.com/2011/01/e-finita.html

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