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Articolo 21 - Editoriali
Qualche verità dimenticata nella polemica Renis-Dalla Chiesa
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di Federico Orlando

Cara Europa, ho letto lâ??articolo di Nando Dalla Chiesa che avete pubblicato in prima pagina, sullâ??apertura del Mantova Musica Festival, che, quasi contraltare a Sanremo, va in onda tutte le sere su Odeon tv dalle 20,30 allâ??1,30. Ma non ho trovato nulla della polemica di Tony Renis che, con stile di cui posso immaginare la scuola, contesta Dalla Chiesa, disseppellendo un morto, Indro Montanelli, e scagliando un suo articolo di undici anni fa contro il senatore della Margherita. Non ho capito bene cosa câ??entrino Montanelli con Dalla Chiesa, Tony Renis con Montanelli, la Rai con Odeon, Sanremo con Mantova: a me pare il solito Far West senza regole che piace al nostro premier, applicato ai festival e ai comportamenti soggettivi. Dico senza regole nel senso di senza leggi e senza etica. Disseppellire un morto che non può più parlare, per usare le sue parole da vivo come corpo contundente contro un avversario, mi sembra del tutto degno del regime in cui viviamo. Potete chiarirmi le idee?

FILIBERTO DI MENNA, NAPOLI

RISPONDE FEDERICO ORLANDO

Caro Di Menna, facciamo subito due rapide premesse. Non sono in grado di parlarle di Odeon, Sanremo, Rai ecc. perché non mi sono mai occupato di festival, e le canzonette mi limito a canticchiarle quando nessuno mi sente. La seconda è che lei sembra attribuire al signor Renis una memoria da Pico della Mirandola, che gli avrebbe permesso di tirar fuori lâ??articolo scritto undici anni fa da Montanelli contro la candidatura di Nando Dalla Chiesa a sindaco di Milano. Stia sicuro, quellâ??articolo è stato messo in tasca a Tony Renis da altri. Quanto alla durezza polemica dellâ??articolo, occorre ricordare che nella primavera del 1993 il Giornale era schierato su posizioni centriste, diciamo pure Martinazzoli-Segni, e quindi si contrapponeva sia alla destra bossiana (la più forte destra milanese, Berlusconi non era ancora in campo) sia alla sinistra unita, che aveva trovato nel professor Dalla Chiesa, esponente della Rete, un leader credibile e moderno. A Montanelli, che ancora non aveva potuto vedere allâ??opera â??questa destraâ?, non piaceva neanche â??quella sinistraâ?. Montanelli ce lâ??aveva con tutti i sindaci milanesi di sinistra â??da Aniasi in giùâ?, che secondo lui non avevano amministrato bene la città. La cosa irritò il padrone del Giornale, perché Aniasi era presidente della commissione Cultura del Senato, da cui dipendevano grossi interessi televisivi. Peccato mortale, dunque, attaccare i socialisti, unici santi patroni, dal momento che «la Dc è in mano ad anticapitalisti puri, Martinazzoli è per Dalla Chiesa, ecc. ecc.». Montanelli non se ne diede per intesi, anzi continuò più di prima («più giù di Aniasi è difficile andare», scrisse nellâ??editoriale dellâ??8 giugno 1993, due giorni dopo la vittoria del leghista Formentini su Dalla Chiesa). Con la stessa vis polemica con cui aveva trattato i socialisti trattò Dalla Chiesa, ma limitatamente a una sua presunta inesperienza; né ebbe nulla in contrario che io, suo condirettore, partecipassi alla grande tavola rotonda della Camera del Lavoro di Milano a favore della candidatura Dalla Chiesa. Spiegai che da parte del Giornale non câ??era nulla contro il candidato, mentre câ??era un impegno a sostenere posizioni centriste. Montanelli fece di più. Volle dimostrare che anche lui non aveva nulla contro Dalla Chiesa (lo chiamava «clintoniano della Bovisa», ma lo faceva anche con Bassetti e altri importanti politici milanesi di centrosinistra); e quando lâ??anno successivo lâ??editore Rizzoli pubblicò, a cura di Eugenio Melani, la raccolta dei fondi di Montanelli nei ventâ??anni del Giornale (La stecca nel coro, pag. 522), lâ??articolo di fondo citato da Tony Renis non vi fu incluso. Come lei ricorderà, sei mesi dopo le elezioni di Milano, Montanelli abbandonò lâ??editore e il Giornale che aveva fondato ventâ??anni prima, e si schierò decisamente con lâ??opposizione, sulle posizioni centriste di sempre. Finì così col ritrovarsi nello stesso schieramento politico di Dalla Chiesa, votando per lâ??Ulivo di Prodi nel 1996 e di Rutelli nel 2001. E inâ?¢ne non dimentichi, caro Di Menna, che lo stesso candidato leghista Marco Formentini, contro cui Dalla Chiesa si era battuto senza successo nelle elezioni amministrative del â??93, si ravvide della scelta leghista-polista, e passò anche lui, come Montanelli, con lâ??Ulivo. E oggi è eurodeputato della Margherita, dello stesso partito, cioè, di cui Nando Dalla Chiesa è senatore. Dal che si conclude che dei protagonisti di questa polemica il primo a intravedere nel centrosinistra moderato la strada maestra per lâ??Italia (Montanelli diceva â??giolittianaâ?), fu Nando Dalla Chiesa. Che vi sia arrivato prima di noi, è un fatto. Che per arrivare a quella visione chiara delle cose politiche abbia pagato un prezzo indicibile, forse superiore a quello dello stesso Montanelli gambizzato dai terroristi ed espulso dal padrone, è un altro fatto, che ce lo rende anche più caro. 

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«Europa»  Rubrica Lettere - Via di Ripetta 142, 00186 Roma email: rubrica.lettere@europaquotidiano.it

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