Articolo 21 - Editoriali
Primus inter pares
di Montesquieu
C’è da quando impera la seconda repubblica ,e limitatamente ai periodi in cui governa la coalizione di destra , un problema istituzionale di dimensioni rilevanti , che ci si ostina a derubricare a una questione politica di competizione personale ,di quelle che spesso sconfinano nel pettegolezzo politico ,nelle dietrologie di modesta qualità.
Il sempiterno ministro del tesoro ,in sintesi estrema ,non accetta l’esercizio del coordinamento del capo del governo :né quello diretto su di lui come titolare di un settore della pubblica amministrazione ,né quello che istituzionalmente il capo del governo è tenuto ad esercitare sugli altri ministri per quanto riguarda le decisioni economiche ,le dotazioni e ,di questi tempi ,le ablazioni di bilancio dei singoli dicasteri.
Quasi una repubblica indipendente dentro il sistema di governo ,che è sì un sistema necessariamente decentrato ,ma sempre riconducibile ad unità quando il capo del governo decida di esercitare il suo necessario ,indefettibile potere di coordinamento. Il principale potere assegnato nel nostro ordinamento a chi guida l’esecutivo,e che apparentemente questo capo del governo non ha nemmeno il bisogno di ricordare ,tale è il dislivello quasi devozionale tra lui e tutto quanto orbiti all’interno dei confini della coalizione di centro destra ,soprattutto all’interno del maggiore partito della stessa.
A questo non irrilevante potere costituzionale il capo del governo non accenna mai nei suoi ricorrenti sfoghi legati a quella che definisce l’impotenza del proprio ruolo nel nostro ordinamento ,alla quale riconnette l’esigenza di una radicale riforma istituzionale : solo che quella che lui fa è una rivendicazione ,e insieme una doglianza ,di tipo annessionistico nei confronti delle altre istituzioni , quasi che il suo campo sia un’ oasi tranquilla dove regna l’armonia nel segno dell’infallibilità del capo. Armonia al cui riconoscimento ,nel segno del capo ,non si sottrae formalmente ,e non si è mai sottratto lo stesso ministro del tesoro ,e della quale si appaga il nostro presidente del consiglio ,primus inter pares”.
In realtà , il sistema di comando all’interno di una coalizione segnata ,con l’esclusione di un alleato , dalla totale sottomissione al capo , ha caratteristiche di grande accentramento formale ,e di sostanziale incontrollato decentramento,a seconda delle materie . Alcune di esse ,fin dall’inizio dell’avventura berlusconiana ,sono di totale ,esclusivo e intrattabile appannaggio del capo della coalizione ,e sono quelle genericamente ricomprese entro il confine degli interessi diretti : la gestione dell’informazione ,la giustizia quotidiana e contingente ,la rappresentanza esterna .Per taluni aspetti anche la politica estera ,divenuta nei suoi anni di governo politica di prevalente commercio estero ,al quale sono state piegate le sottili arti di una diplomazia di lunga tradizione politico istituzionale.
Per fare un esempio ,c’è un abisso tra la cura personale e diretta dimostrata in tema di approvvigionamenti energetici o di penetrazione industriale e la distrazione con cui è stato seguito dal capo del governo il tema delle delicate e spesso tragiche missioni internazionali ; così come è plateale la riserva esclusiva di relazione diretta con alcuni capi di Stato ,con una logica che segue una gerarchia incomprensibile con gli schemi di potenza o di affidabilità da parte della comunità internazionale..
Altrettanto può dirsi per settori vitali quali quelli dell’educazione e della formazione ,del lavoro , dell’ambiente (questo con qualche eccezione) ,persino dell’ordine pubblico ,la cui gestione è stata integralmente delegata a ministri spesso di limitata esperienza e competenza .
Tra le materie generosamente delegate vi è stata ,in questi diciotto anni di cui la metà di crisi economica,quella delle politiche di bilancio ,di finanza , in una parola la politica economica . Il ministro delegato ha agito con l’autonomia che gli veniva elargita in maniera rapportata al disinteresse del presidente del consiglio per le questioni non attraenti ,con l’autorevolezza che oggi gli è riconosciuta soprattutto all’estero ,dove interessano le quantità più che la qualità e i riflessi interni delle decisioni politiche legate all’economia .L’importanza delle decisioni in materia economica ,soprattutto in periodi difficili , e la dipendenza di tutti i dicasteri da quelle decisioni hanno trasformato il nostro sistema di governo in un sistema bicefalo :una testa coordina l’intera economia ,la seconda cura il segmento che si è riservato , e si gode il devoto riconoscimento da parte di tutti ,compreso il ministro dell’economia ,della propria leadership.
Questo è il problema istituzionale ormai insolubile che attanaglia oggi il capo del governo e della coalizione :insolubile per la forza autonomamente acquisita del ministro dell’economia ,per il sistema di relazioni da lui sempre posseduto con l’alleato leghista ,a sua volta alleato non più riconducibile entro i confini di un normale e corretto rapporto di alleanza ; per il reciproco riconoscimento con le opposizioni. Problema oggi reso più acuto dalla evidente debolezza del capo del governo ,evidenziata dai recenti risultati elettorali ,ma non solo.
Un problema non nuovo , che qualche anno fa esplose per opera dell’odierno presidente della Camera ,oggi non più utile alla bisogna.
Questo schema istituzionalmente anomalo priva il capo dell’esecutivo – che va in caccia di trofei nei dominii stranieri e ignora i problemi del proprio possedimento- del suo vero potere,quello di coordinamento ,e snatura la fisionomia del nostro governo e del nostro sistema istituzionale. E’ come se avessimo un’ organizzazione di tipo societario in cui l’ amministratore delegato che ha in mano tutto e il presidente unisce il ruolo di rappresentanza a quello di gestore diretto di qualche affare di prevalente interesse soggettivo .
Oggi ,non ci sono le condizioni per un riallineamento dei ruoli ,e questa situazione rischia di essere ,tra gli altri noti motivi di debolezza ,quello che più imprigiona il dominatore di questo ventennio , e che lo condanna alla corrosiva sindrome di progressiva impotenza ,in una relazione istituzionale ,l’unica , della quale è ,per superficiale generosità , vittima e non artefice.
Il sempiterno ministro del tesoro ,in sintesi estrema ,non accetta l’esercizio del coordinamento del capo del governo :né quello diretto su di lui come titolare di un settore della pubblica amministrazione ,né quello che istituzionalmente il capo del governo è tenuto ad esercitare sugli altri ministri per quanto riguarda le decisioni economiche ,le dotazioni e ,di questi tempi ,le ablazioni di bilancio dei singoli dicasteri.
Quasi una repubblica indipendente dentro il sistema di governo ,che è sì un sistema necessariamente decentrato ,ma sempre riconducibile ad unità quando il capo del governo decida di esercitare il suo necessario ,indefettibile potere di coordinamento. Il principale potere assegnato nel nostro ordinamento a chi guida l’esecutivo,e che apparentemente questo capo del governo non ha nemmeno il bisogno di ricordare ,tale è il dislivello quasi devozionale tra lui e tutto quanto orbiti all’interno dei confini della coalizione di centro destra ,soprattutto all’interno del maggiore partito della stessa.
A questo non irrilevante potere costituzionale il capo del governo non accenna mai nei suoi ricorrenti sfoghi legati a quella che definisce l’impotenza del proprio ruolo nel nostro ordinamento ,alla quale riconnette l’esigenza di una radicale riforma istituzionale : solo che quella che lui fa è una rivendicazione ,e insieme una doglianza ,di tipo annessionistico nei confronti delle altre istituzioni , quasi che il suo campo sia un’ oasi tranquilla dove regna l’armonia nel segno dell’infallibilità del capo. Armonia al cui riconoscimento ,nel segno del capo ,non si sottrae formalmente ,e non si è mai sottratto lo stesso ministro del tesoro ,e della quale si appaga il nostro presidente del consiglio ,primus inter pares”.
In realtà , il sistema di comando all’interno di una coalizione segnata ,con l’esclusione di un alleato , dalla totale sottomissione al capo , ha caratteristiche di grande accentramento formale ,e di sostanziale incontrollato decentramento,a seconda delle materie . Alcune di esse ,fin dall’inizio dell’avventura berlusconiana ,sono di totale ,esclusivo e intrattabile appannaggio del capo della coalizione ,e sono quelle genericamente ricomprese entro il confine degli interessi diretti : la gestione dell’informazione ,la giustizia quotidiana e contingente ,la rappresentanza esterna .Per taluni aspetti anche la politica estera ,divenuta nei suoi anni di governo politica di prevalente commercio estero ,al quale sono state piegate le sottili arti di una diplomazia di lunga tradizione politico istituzionale.
Per fare un esempio ,c’è un abisso tra la cura personale e diretta dimostrata in tema di approvvigionamenti energetici o di penetrazione industriale e la distrazione con cui è stato seguito dal capo del governo il tema delle delicate e spesso tragiche missioni internazionali ; così come è plateale la riserva esclusiva di relazione diretta con alcuni capi di Stato ,con una logica che segue una gerarchia incomprensibile con gli schemi di potenza o di affidabilità da parte della comunità internazionale..
Altrettanto può dirsi per settori vitali quali quelli dell’educazione e della formazione ,del lavoro , dell’ambiente (questo con qualche eccezione) ,persino dell’ordine pubblico ,la cui gestione è stata integralmente delegata a ministri spesso di limitata esperienza e competenza .
Tra le materie generosamente delegate vi è stata ,in questi diciotto anni di cui la metà di crisi economica,quella delle politiche di bilancio ,di finanza , in una parola la politica economica . Il ministro delegato ha agito con l’autonomia che gli veniva elargita in maniera rapportata al disinteresse del presidente del consiglio per le questioni non attraenti ,con l’autorevolezza che oggi gli è riconosciuta soprattutto all’estero ,dove interessano le quantità più che la qualità e i riflessi interni delle decisioni politiche legate all’economia .L’importanza delle decisioni in materia economica ,soprattutto in periodi difficili , e la dipendenza di tutti i dicasteri da quelle decisioni hanno trasformato il nostro sistema di governo in un sistema bicefalo :una testa coordina l’intera economia ,la seconda cura il segmento che si è riservato , e si gode il devoto riconoscimento da parte di tutti ,compreso il ministro dell’economia ,della propria leadership.
Questo è il problema istituzionale ormai insolubile che attanaglia oggi il capo del governo e della coalizione :insolubile per la forza autonomamente acquisita del ministro dell’economia ,per il sistema di relazioni da lui sempre posseduto con l’alleato leghista ,a sua volta alleato non più riconducibile entro i confini di un normale e corretto rapporto di alleanza ; per il reciproco riconoscimento con le opposizioni. Problema oggi reso più acuto dalla evidente debolezza del capo del governo ,evidenziata dai recenti risultati elettorali ,ma non solo.
Un problema non nuovo , che qualche anno fa esplose per opera dell’odierno presidente della Camera ,oggi non più utile alla bisogna.
Questo schema istituzionalmente anomalo priva il capo dell’esecutivo – che va in caccia di trofei nei dominii stranieri e ignora i problemi del proprio possedimento- del suo vero potere,quello di coordinamento ,e snatura la fisionomia del nostro governo e del nostro sistema istituzionale. E’ come se avessimo un’ organizzazione di tipo societario in cui l’ amministratore delegato che ha in mano tutto e il presidente unisce il ruolo di rappresentanza a quello di gestore diretto di qualche affare di prevalente interesse soggettivo .
Oggi ,non ci sono le condizioni per un riallineamento dei ruoli ,e questa situazione rischia di essere ,tra gli altri noti motivi di debolezza ,quello che più imprigiona il dominatore di questo ventennio , e che lo condanna alla corrosiva sindrome di progressiva impotenza ,in una relazione istituzionale ,l’unica , della quale è ,per superficiale generosità , vittima e non artefice.
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