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Articolo 21 - Editoriali
«Sia Ciampi a dare un segnale di democrazia»
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di Simone Collini

Intervista a Fausto Bertinotti*

Se il governo non viene in Parlamento c??è il rischio che le istituzioni siano assorbite nel pantano della crisi

da L'Unità

ROMA «La separazione tra paese reale e governo diventa ogni giorno più grande. Il rischio è che le stesse istituzioni vengano assorbite nel pantano della crisi». Per questo, dice Fausto Bertinotti, «se il governo continua a non venire in Parlamento per un confronto, sia la presidenza della Repubblica a dar voce a una elementare esigenza di trasparenza e di democrazia».
Onorevole Bertinotti, vuole essere accusato di tirare la giacca a Ciampi in un momento delicato come questo?
«Lo dico con tutta la cautela richiesta dal caso: penso che al punto in cui siamo giunti, il presidente della Repubblica, che è il garante del funzionamento democratico del Paese, debba nelle forme e nei modi che gli sono consentiti, porre il problema ineludibile di un??immediato passaggio parlamentare».
A che punto siamo giunti?
«Pubblicamente si parla di Berlusconi bis e invece nelle istituzioni si pensa a una formula di rimpasto che eviti la soluzione di discontinuità, perché quella sarebbe la dimostrazione del fallimento delle politiche berlusconiane. Questa doppiezza è inammissibile. E credo che il garante delle istituzioni non possa non vederla. Né possa accettarla, perché in qualche modo lo vedrebbe destinatario, come il Parlamento, di una mistificazione che non è semplicemente un elemento di cattiva educazione nei confronti delle istituzioni, ma è una vera e propria posizione politica di occultamento».
Una parte delle forze della maggioranza, però, chiede proprio un segnale di discontinuità.
«Se ritengo che siamo giunti al punto in cui è richiesto un intervento istituzionale è perché vedo un contrasto clamoroso, una separazione incolmabile tra il governo e il paese reale. Basti pensare allo sciopero generale dei metalmeccanici, al tema del potere d??acquisto dei salari, alla redistribuzione del reddito in un paese mortificato da un impoverimento gigantesco, al rinnovo del contratto del pubblico impiego. Di fronte a tutto questo, c??è una crisi che sprofonda nelle sabbie mobili di una palude che non ha alcun rapporto con queste grandi discriminanti programmatiche. Capirei l??obiezione se una parte del governo dicesse che i metalmeccanici hanno ragione e l??altra no. Ma qui siamo di fronte soltanto a dei bizantinismi che nulla hanno a che fare con la ricerca dei fondamenti su cui operare la rimessa in marcia di un governo sconfessato dal responso elettorale».
Lei è tra quanti, nell??opposizione, non ha chiesto di votare a giugno. ? perché pensa che ci siano altre soluzioni per uscire dalla crisi?
«Quello che penso è che siamo di fronte ad una crisi senza via d??uscita e che questo governo costituisce un ingombro. Cioè, si conferma anche sul terreno dei rapporti nella maggioranza quello che le elezioni hanno messo in luce: la fine dell??era berlusconiana. ? in corso un terremoto, ma che si svolge già sul post Berlusconi, con un??operazione al confronto della quale quelle che vengono chiamate sprezzantemente da prima Repubblica costituiscono dei manuali di vita democratica e di trasparenza. E anche questo è il segno della crisi profonda. Lo abbiamo visto sul piano dei contenuti e ora anche su quello delle forme. Chi era venuto sulla scena come l??antipolitica, seppure nella populistica affermazione di un??esigenza di contestazione delle formule sclerotizzate della politica della fine della prima Repubblica, riprecipita nel peggiore di quegli spartiti».
Ma se questa è la situazione, perché non chiedere le elezioni anticipate?
«Tutto quello che sta accadendo è sulla scia del risultato delle elezioni regionali, e quindi sarebbe stato improprio, seppure valutando il carattere politico del voto, trarre un fine eterogeneo rispetto a quello dichiarato. ? chiaro che ora questa deontologia istituzionale non può far velo al fatto che ormai il governo Berlusconi costituisce un ingombro alla ricerca dell??alternativa di cui il Paese ha bisogno. Per questo ciò che va chiesto ora è un dibattito in Parlamento, che al di là degli esiti determinati dai rapporti numerici, può avere due effetti. Il primo: restituire al Paese una leggibilità della crisi, perché almeno le opposizioni possono mettere in luce ciò che il governo cerca di occultare, cioè il carattere profondo e irreversibile della sua crisi. Il secondo: evidenziare quanto la persistenza di questo governo sia nociva. Questo è il compito che spetta all??opposizione, che è di tipo politico. Il compito di tipo istituzionale non spetta invece a noi».
Se nella maggioranza non trovano l??accordo entro la data utile per andare al voto anticipato, potrebbe nascere un governo istituzionale. Che ne pensa?
«? un??eventualità che va bandita. Sarebbe un??ulteriore forma dello sprofondare nella cattiva politica. Governo balneare, istituzionale, di tecnici, non si capisce perché della prima Repubblica dobbiamo ereditare solo le forme degradate, dimenticando le forme alte del confronto politico, delle grandi capacità di relazione con le istituzioni e con la realtà sociale del paese».
Non è che dietro al suo no a un governo istituzione, per il quale già si fanno i nomi di Casini o Pisanu, c??è il timore di vedere poste le basi per la nuova casa dei centristi?
«Sono due pericoli che vedo, ma che vedo distinti. Il secondo è un pericolo politico che va contrastato con argomenti politici, non istituzionali, validi per il primo».
Limitando allora il discorso al secondo?
«L??ipotesi neocentrista va contrastata perché disperderebbe l??annuncio di queste elezioni regionali e di tante altre esperienze, e cioè che il Paese è maturo non semplicemente per l??alternanza, in cui si sostituisce un ceto politico con un altro, ma per un??alternativa. Un??alternativa di società che considera il berlusconismo non una parentesi ma una narrazione in un??Italia che ha dato luogo agli esiti drammatici che abbiamo sotto gli occhi. L??ipotesi centrista, invece, considera il berlusconismo una parentesi: si tratta di depurarla dagli eccessi e di andare avanti».
*segretario di Rifondazione

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