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Articolo 21 - Editoriali
Bischeri e peones, come si coltiva l'obbedienza
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di Fernando Cancedda

“Il Padreterno ne fa uno intelligente e mille bischeri, uno intelligente e mille bischeri....” Per Ettore Bernabei, mitico direttore generale della RAI negli anni sessanta, quella era più che una battuta. A me la disse una volta parlando di un collega giornalista che aveva appena chiesto l'aspettativa per candidarsi alle elezioni politiche. “Ma che ci va a fare in Parlamento - diceva – chi comanda alla RAI conta cento volte di più che la maggior parte dei deputati”.
Difficile dargli torto, se non fosse che anche alla RAI, come in parlamento, a comandare erano in pochi e tutti gli altri, bischeri o peones comunque si chiamassero, erano lì per obbedire. E che cosa coltiva di più l'obbedienza di un'ambizione premiata e riconoscente? Meno ti meriti e più sarai grato a chi ti ha dato la promozione. E' ancora così alla RAI e in altre aziende. Era così per le cariche di partito o di governo negli anni sessanta. Lo è ancor più oggi che questa triste filosofia del potere non solo si è consolidata ma ha ricevuto consacrazione formale nel cd “porcellum”. Abbiamo una “Camera dei Nominati”. Anche Caligola è stato riabilitato.
Capita a volte per fortuna che tra i “nominati” ce ne sia qualcuno bravo e intelligente, ma è raro. Il sistema richiede solo quel tanto di abilità che consente al nominato di svolgere diligentemente il suo compito. Di più, no. Guai poi se dovesse superare in creatività, spirito critico, originalità di pensiero chi ha provveduto alla sua sistemazione, se il beneficato dovesse trasformarsi in un pericoloso rivale. Ad evitare sorprese c'è il sistema collaudato della cricca. Io ti do una mano a te, tu mi dai una mano a me. E un Bisignani per tutti.
Mi pare che così stando le cose nella gestione del potere politico (ma non solo politico), un graduale ma inesorabile peggioramento qualitativo della classe dirigente sia assicurato. Un direttore mediocre si circonderà di collaboratori mediocri, che, anche volendo, non saranno a loro volta in grado di valutare il merito dei loro subalterni, permettendo ai più bravi di farsi avanti. Invocare il riconoscimento del merito non servirà gran che finché la valutazione sarà affidata a un superiore diretto, senza il vincolo di criteri oggettivi e ben definiti. Ma quali?
Fino ad oggi si è creduto di poterli individuare nei valori premiati dal mercato: in campo economico, il manager più bravo si riconosce dai profitti che riesce a garantire all'azienda e agli azionisti. In campo politico, il candidato migliore è quello più in grado di soddisfare le aspettative dei suoi elettori e dei cittadini in generale.
Come possiamo constatare ogni giorno leggendo i giornali (quei pochi che li leggono) o navigando in rete, ciò vale soltanto in teoria. Nella pratica, invece, in mancanza di buone regole imposte dalla politica, l'economia continua ad essere soggetta a crisi e genera diseguaglianze crescenti. Senza un controllo assiduo e informato da parte dei cittadini, l'oligarchia svuota la democrazia di ogni reale significato. Gli ultimi avvenimenti dicono che stiamo finalmente cominciando a capirlo. E' questa, in definitiva, la questione morale.

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