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Articolo 21 - Editoriali
Il museo invisibile della legalità
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di Giuseppe Basile

E’ il “ Museo della legalità”, a Mazara del Vallo, uno dei Comuni più importanti  aderenti al “Consorzio della legalità” del trapanese.
Un museo peraltro “nato bene” : utilizza infatti un ampio edificio sequestrato alla mafia nel Transmazaro, un quartiere nuovo della città oltre il fiume, restaurato e adeguato alle nuove funzioni in tempi record (meno di un anno) dallo stesso Consorzio e consegnato nell’autunno del 2008 alla amministrazione comunale,  dotato di quanto operativamente necessario al raggiungimento della finalità che si intendeva perseguire, l’educazione alla legalità.
Una finalità del resto espressamente richiamata nella targa murata a fianco del portone di ingresso,  che parla esplicitamente di corsi per la formazione e l’educazione alla legalità, rispondendo così implicitamente al dubbio, che anch’io avevo avuto la prima volta che ne avevo sentito parlare, sulla opportunità di “ musealizzare” la legalità, anzi rivelando in chi lo aveva ideato una concezione assolutamente attuale di museo in quanto promotore di attività invece che contenitore più o meno passivo di oggetti preziosi o comunque culturalmente interessanti.
Vi si trova pertanto una vasta aula da conferenza, aule didattiche, spazi per gli ateliers destinati soprattutto alle scuole, ambienti destinati ad ospitare materiali documentari e di supporto didattico: tutto perfettamente arredato e pronto a funzionare, visto che ci sono perfino i computer collegati in rete.
Sull’iniziativa del resto il Consorzio aveva fatto un investimento importante, sia in termini di risorse economiche ( un milione di euro) che, ancora più, civili e politiche, trattandosi del primo esempio in assoluto di un museo del genere: e che l’Amministrazione comunale di Mazara se ne rendesse conto lo dimostra a parte tutto il fatto che era stato addirittura creato un Assessorato alla legalità.  
Poi però qualcosa deve essere successo, che non può essere attribuito solo alla ben nota penuria di mezzi di cui negli ultimi tempi hanno sofferto tutti gli Enti locali.
Il Museo di fatto è rimasto ostinatamente e desolatamente chiuso, con gli ambienti arredati ma vuoti, come li si poteva vedere, almeno quelli del piano terra, dall’esterno attraverso le porte a vetri: ogni tanto qualche cartellone di bambini di scuole mazaresi sulla lotta alla mafia e a ricordo delle stragi di cui essa si è macchiata.
Dalla fine dell’anno scorso alcuni ambienti sono stati dati in uso ad Associazioni di Carabinieri e Guardie di Finanza in pensione, che vi hanno collocato cimeli della storia delle rispettive Armi e svolgono anche, meritevolmente ma impropriamente ( anche perché privi di risorse), “servizio di portineria” ed eventuale visita guidata.
La cosa risulta ancora più inspiegabile in quanto la città non manca certo di realtà associative in grado di animare continuativamente la struttura, da quelle più strettamente impegnate nel contrasto del fenomeno mafioso a quelle di ispirazione ecclesiale che trovano nella Curia Vescovile un solido punto di riferimento. Ma è evidente che nessuna di queste benemerite realtà è in grado di portare avanti un impegno così importante e vitale senza un inequivocabile e concreto sostegno politico e non solo da parte degli Enti istituzionali locali.
E’ possibile che dei 500 milioni di euro previsti per l’attivazione di corsi di formazione nei prossimi anni in Italia non si riesca a recuperarne quei pochi che potrebbero garantire al Museo quell’attività per la quale fondamentalmente è stato istituito? E che , comunque, non si possa, quanto meno, dotare il museo di quelle strutture gestionali minime che però sono indispensabili alla percezione di esso come entità realmente esistente?
Sulla facciata del Museo, sopra il balcone, troneggia la gigantografia ormai famosa dei giudici Falcone e Borsellino, ma non risulta che ci siano state adeguate iniziative né a maggio per l’anniversario della Strage di Capaci né oggi per quella di via D’Amelio ( al qual proposito – sia detto per inciso – non è stata colta neppure l’opportunità di ospitare l’atto unico di Emanuela Giordano Ci posso offrire qualche cosa? dedicato appunto a Paolo Borsellino e ospitato però sia all’Istituto Tecnico di Alcamo che al Liceo di Castelvetrano).
Del resto la presenza di questo museo non potrebbe essere più “discreta” : non c’è notizia, quei pochissimi che ne hanno sentito parlare non sanno neppure dov’è e del resto non ci sono indicazioni stradali per trovarlo e se ti metti a chiedere alla gente della zona, nel caso migliore ti indirizzano al luogo in cui qualche anno fa un automobilista forsennato ebbe a falciare un’intera famiglia …
L’invisibilità è stata e continua ad essere una caratteristica della mafia e perciò non può esserlo della legalità.    
                                                                                        
 
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