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Articolo 21 - Editoriali
Internet e diritto d'autore. L'intervento del sen. Vincenzo Vita durante l'audizione del Presidente dell'Agcom
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di Redazione

UFFICI DI PRESIDENZA RIUNITI COMMISSIONI 7 e 8

AUDIZIONE DEL PRESIDENTE DELL'AUTORITA' PER LE

GARANZIE NELLE COMUNICAZIONI SULLE RECENTI

PROBLEMATICHE EMERSE NEL SETTORE INTERNET

IN MATERIA DI DIRITTI D'AUTORE.

Sintesi dell'intervento del Sen. Vincenzo Maria Vita

L’Agcom è giunta a maggioranza all’approvazione dello schema di “Regolamento in materia di tutela del diritto d’autore nelle reti di comunicazione elettronica”, con delibera n. 398/11/Cons. del 6 luglio 2011.

Il testo è oggetto di consultazione pubblica. Le comunicazioni e le modifiche “ potranno essere inviate, entro il termine tassativo di 60 giorni dalla pubblicazione della delibera n. 398/11/CONS nella Gazzetta ufficiale della Repubblica italiana” direttamente alla casella di posta elettronica certificata dell’Autorità.

Il contenuto del nuovo regolamento è stato in parte modificato, a seguito delle discussioni avvenute negli ultimi mesi, culminate con la manifestazione “La notte per la rete”. Una maratona di interventi tesi a richiedere la modifica del testo del regolamento e, soprattutto, ad evocare le numerose perplessità anche in merito alla sua stessa legittimità.

L’unica norma primaria, avente valore di legge, atta a definire il potere all’Autorità di regolamentare in materia, è il decreto legislativo 44/2010 (decreto Romani), che ha introdotto il comma 8 all’art. 1 ter del testo unico 277/2005 (testo unico radiotelevisione).

Come si ricorderà, proprio nel corso delle audizioni svolte prima del parere espresso dalle commissioni competenti, si era sottolineato da più parti che quell'articolato era inadeguato su una materia così delicata. E Lei stesso, Presidente Calabrò, aveva manifestato diverse perplessità. Tra l'altro, la norma è riferibile solo ai fornitori di servizi media come definiti nel medesimo testo unico. I fornitori sono cosa ben diversa dagli Isp, laddove i primi sono i content provider, mentre i secondi sono i fornitori di servizi di caching, hosting e mere conduit. E ciò senza voler considerare che il decreto Romani, quale norma attuativa di una direttiva europea, va ben oltre il dettato della medesima direttiva, assegnando all’AgCom il potere di dettare delle regole in materia di diritto d’autore. In ogni caso, è impossibile sostenere che un regolamento sul diritto d’autore, già dubbio di per sé per eccesso di delega, possa estendersi dai fornitori di audiovisivi all’intera rete internet.

Inoltre, il regolamento all’articolo 1, lettera f, estende il campo di applicazione dai fornitori di servizi media audiovisivi ai “ radiofonici…. cui è riconducibile la responsabilità editoriale e che ne determina la modalità di organizzazione in un palinsesto cronologico o in un catalogo nel caso di servizi a richiesta”.

Eppure, nel decreto Romani non c’è alcun riferimento né ai gestori del sito, né ai fornitori di servizi media radiofonici, né tantomeno alla funzione di organizzazione di un palinsesto cronologico.

Il procedimento di rimozione dei contenuti sul web rimane, infatti, irrispettoso delle prerogative dell’autorità giudiziaria e del diritto di difesa costituzionalmente garantito.

Sebbene il regolamento precisi che il nuovo procedimento è concorrente con e non sostitutivo di quello giudiziario, non è ancora scongiurato il pericolo della violazione del diritto dei cittadini di essere giudicati di fronte al giudice terzo e imparziale.

Il nuovo regolamento prevede un procedimento suddiviso in due fasi.

Nella prima, il titolare del diritto d’autore o della licenza di sfruttamento dello stesso, che ritenga violato il suo diritto, invia una richiesta di rimozione del contenuto web al gestore del sito su cui lo stesso si trova o al fornitore del servizio di media audiovisivo o radiofonico che lo abbia messo a disposizione del pubblico, salvo che questi non abbia già adottato un’apposita procedura di rimozione di contenuti o programmi diffusi in violazione del diritto d’autore (c.d. “notice and take-down”).

Successivamente, la Direzione, previa valutazione della fondatezza della pretesa sulla base di una prima e sommaria cognizione dei fatti oggetto della segnalazione, notifica l’avvio del procedimento istruttorio al gestore del sito o al fornitore di servizi di media audiovisivi o radiofonici.

La comunicazione di avvio contiene una sommaria esposizione dei fatti, l’indicazione della violazione accertata, l’ufficio competente e il responsabile del procedimento, al quale è possibile presentare eventuali scritti difensivi mediante posta certificata entro il termine di quarantotto ore dalla comunicazione stessa.

Qualora sia necessario acquisire altri elementi, la Direzione può chiedere ai soggetti che ne siano in possesso informazioni e documenti utili all’istruttoria, da produrre nel termine di cinque giorni dalla richiesta (art.9 comma 5 del regolamento).

L’AgCom si rifà alle best practices americane. Tuttavia, la procedura di notice and takedown è prevista sì negli Usa, ma limitatamente alla prima fase, non essendo recepita la seconda che consente il ricorso giurisdizionale.

Nei casi in cui il contenuto oggetto della segnalazione sia stato caricato da terzi, il soggetto cui sia stata trasmessa la richiesta, ove possibile, lo comunica all’“uploader” (ogni persona fisica o giuridica che rende disponibile al pubblico contenuti su reti di comunicazione elettronica), il quale ha la facoltà di presentare le proprie controdeduzioni.

Trascorsi quattro giorni dalla richiesta senza che il contenuto sia stato rimosso, il soggetto segnalante può trasmettere la stessa all’Agcom. In entrambi i casi sono previste le sanzioni ex L. 249/97, art. 1, comma 31 che possono arrivare fino a 250.000 euro: una cifra enorme per gestori dei siti/fornitori di contenuti media audiovisivi o radiofonici. Nella sostanza irrogare una sanzione del genere vuol dire far chiudere i siti e, comunque, manca la previsione esplicita della non applicazione del comma 32, art. 1, legge 249/97, che prevede la sospensione o revoca dell’attività.

Da qui ha inizio la seconda fase c.d. “istruttoria” del procedimento innanzi alla “Direzione contenuti audiovisivi e multimediali” dell’Autorità.

Ricevuta la segnalazione, la Direzione ne verifica la completezza ai fini dell’ammissibilità e l’avvenuto esperimento della procedura “notice and take-down”.

Il punto nodale, in tutta la procedura, è che quest'ultima potrebbe avere un senso se solo potesse ritenersi semplice la valutazione dell’illecito, ma ciò non è nella maggior parte dei casi, poiché tutti gli aspetti sono di valutazione molto complessa, a partire dalla titolarità del diritto (si pensi ai casi di licenze condivise), fino all’individuazione del “gestore del sito”, e così via.

Per i “gestori dei siti” è previsto l’ordine di rimozione selettiva dei contenuti illeciti.

Per i “fornitori di servizi media audiovisivi e radiofonici” è immaginato l’ordine di cessazione della trasmissione o della ritrasmissione di programmi audiovisivi diffusi in violazione delle norme sul diritto d’autore.

Una procedura del genere mette nelle mani del titolare del diritto in prima battuta, e nell’AgCom in seconda, la difficile e complessa valutazione dei diritti in gioco, nonché il bilanciamento di tali diritti.

Inoltre, ai sensi dell’art. 182 ter della legge sul diritto d’autore, l’AgCom ha l’obbligo di compilare il processo verbale da trasmettere immediatamente agli organi di polizia giudiziaria, in caso di accertamento di violazione delle norme di legge. Come si concilia questa norma con la proposta AgCom? In ogni caso, dovrà inviare gli atti all’autorità giudiziaria, che dovrà procedere nei confronti dell’autore dell’illecito, per cui vi saranno due procedimenti concorrenti tra loro in corso.

Salvo archiviazione, la Direzione, entro dieci giorni dall’avvio del procedimento istruttorio, trasmette al destinatario della comunicazione le risultanze istruttorie. In esse è fatta menzione della possibilità di procedere all’adeguamento spontaneo entro il termine di quarantotto ore con l’avviso che, in mancanza, la Direzione trasmetterà gli atti all’organo collegiale per l’adozione dei provvedimenti di sua competenza.

Ove il destinatario del materiale si determini all’adeguamento, ne darà comunicazione alla Direzione contestualmente e comunque non oltre quarantotto ore.

In caso di mancato adeguamento spontaneo o di mancata comunicazione, la Direzione trasmetterà gli atti all’organo collegiale competente (Commissione per i servizi e prodotti dell’Autorità).

Il termine per l’adozione del provvedimento finale è di venti giorni decorrenti dalla notifica delle risultanze istruttorie e può essere sospeso per non più di quindici giorni nel caso in cui sia necessario svolgere altri approfondimenti.

In seguito all’attività istruttoria, l’organo collegiale dell’Autorità adotta i provvedimenti di rimozione dei contenuti considerati illegali o di ripristino, a seconda di quale sia la richiesta ritenuta fondata.

Il regolamento prevede anche i provvedimenti che può adottare l’Autorità nei confronti dei gestori di siti, i cui nomi di dominio siano stati registrati da un soggetto non residente o non stabilito in Italia e che diffondano contenuti in violazione del diritto d’autore, la cui fruizione è destinata al pubblico italiano.

L’Agcom potrà, infatti, richiamare i gestori suindicati al rispetto della legge sul diritto d’autore e, nel caso, in cui il richiamo non abbia esito, l’Autorità, trascorsi quindici giorni, potrà richiedere la rimozione selettiva dei contenuti oggetto di segnalazione. Qualora la violazione permanga, si avrà una segnalazione all’Autorità giudiziaria competente.

Da quanto descritto emerge che i tempi destinati all’intero procedimento sono stati raddoppiati rispetto al precedente schema di regolamento.

Tale concessione, tuttavia, non sembra comunque sufficiente a tutelare il diritto di difesa.

La procedura si esaurirebbe in un mese, un tempo certamente limitato per un idoneo accertamento.

Il testo dice anche che il procedimento è interrotto qualora una delle parti ricorra al Giudice.

E’ assurdo pensare che - in poche ore - (quarantotto) il gestore di un sito possa ricorrere al giudice per difendersi in relazione ad un singolo contenuto pubblicato dai propri utenti.

Nel dubbio, egli preferirà eliminare il contenuto ritenuto illegittimo, evitando così gli elevati costi e tempi della giustizia.

E questo la dice lunga sulla forzatura cui sono sottoposti il gestore o il fornitore del contenuto.

Inoltre, al termine del procedimento, contro i provvedimenti dell’Autorità potrà essere esperito ricorso al Tribunale Regionale Amministrativo del Lazio (foro esclusivo).

E’ evidente che la competenza esclusiva del Tar del Lazio non può che costituire un ulteriore deterrente alla presentazione del ricorso.

L’unico punto da accogliere con favore è che la procedura, nel rispetto del principio del “fair use” (lecita riproduzione di stralci di opera coperta da copyright), non dovrebbe coinvolgere i seguenti casi:

a) i siti non aventi finalità commerciale o scopo di lucro;

b) l’esercizio del diritto di cronaca, commento, critica o discussione;

c) l’uso didattico o scientifico;

d) la riproduzione parziale per quantità e qualità del contenuto rispetto all’opera integrale che non pregiudichi il normale sfruttamento economico della stessa.

Il provvedimento, quindi, esclude i siti amatoriali e personali (blog, siti privati e quant’altro). Il garante ha specificato, inoltre, che le regole non si applicheranno all’utente finale, né alle applicazioni peer-to-peer.

Ma chi decide i confini delle regole e delle eccezioni?

Infatti, il problema persiste, perché la valutazione circa la sussistenza di un’ipotesi di “fair use” è rimessa alla stessa Direzione dell’Agcom.

Presidente Calabrò, a questo punto, terminerei con le sue stesse parole, contenute nella relazione annuale al Parlamento: “Sono settant’anni che in Italia si attende la riforma della legge sul diritto d’autore. Basterebbe una norma – una sola ben calibrata norma di legge – a consacrare a livello di legislazione primaria principi-guida equilibrati …”.

Presidente Calabrò, lei parla di “legislazione primaria”, che dovrebbe ancora oggi spettare al Parlamento. Quindi, è del tutto discutibile che sia l'Autorità e non il Parlamento a disciplinare la materia.

Eppure, numerose sono le proposte presenti sia al Senato sia alla Camera. Soltanto per citare i disegni di legge presenti a palazzo Madama:

• S 2297 Butti (PDL) "Modifica alla legge 633/1941 in materia di tutela della proprietà intellettuale dell'opera editoriale"

• S 1757 Perduca (PD/Radicali) "Modifiche alla legge 633/1941 per l'apertura del mercato dell'intermediazione dei diritti d'autore e dei diritti connessi"

• S 1710 Vita (PD) "Disposizioni per garantire la neutralità delle reti di comunicazione, la diffusione delle nuove tecnologie telematiche e lo sviluppo del software aperto"

• S 1312 Belisario (IDV) "Abolizione dell'obbligo di contrapposizione del contrassegno da parte della SIAE e delle relative sanzioni"

• S 590 Gianbrone (IDV) "Delega al Governo per il riassetto della normativa concernenete la durata dei diritti d'autore e dei diritti connessi"

• S 520 Asciutti (PDL) "Delega al Governo in materia di parità di condizioni tra i soggetti che esercitano l'attività di intermediazione dei diritti d'autore"

Internet non ha bisogno di censura, ha - semmai - necessità di ulteriori garanzie: uno dei principi irrinunciabili della rete - che va urgentemente sancito in via normativa – è, quindi, proprio quello della neutralità della rete, anche perché l’opzione dell’intervento repressivo ad opera di autorità non giurisdizionali non sia la dannosa scorciatoia al principio della responsabilità personale degli atti compiuti.

Peculiarità italiana? Sì, ma in senso negativo. Non ritiene, Presidente, che l’Autorità – immaginata in modo inedito e “crossmediale” nel lungo dibattito degli anni novanta – stia mutando la sua natura? E che da “gate keeper” del sistema stia assumendo le sembianze dell’Eroe al contrario: debole con i forti, forte con i deboli?

E, infine, nel capitalismo digitale e nell’avanzamento delle tecnologie web 2.0 ( 3.0, 4.0…), la difesa del vecchio diritto non può rivelarsi un boomerang: la messa in crisi degli stessi interessi che si vorrebbe astrattamente tutelare? Visto che l’evoluzione acceleratissima dei beni immateriali richiede una forma di tutela adeguata al Movimento?

Lei, insigne giurista, non ritiene che, quando una contenuta illegalità assume dimensioni di massa, non sia il diritto ad essere in debito verso la realtà?

E’ accaduto tante volte, solo negli ultimi quarant’anni: sul lavoro, sulla famiglia, sulla salute, sulla casa. Ad esempio.

Non è preferibile una "moratoria" facendo precedere l’Atto definitivo dell’Agcom dal varo di una breve ma impegnativa legge di principi del Parlamento italiano? O è meglio che piovano ricorsi a proposito della legittimità della decisione dell’organismo da Lei diretto e della sua stessa competenza?

Il bene del sistema e del diritto dove sta?

Sono domande niente affatto retoriche, vista la situazione di confusione normativa e in presenza di tante polemiche, dopo recenti sentenze della Magistratura in merito. Le aree di ambiguità, soprattutto per quel che riguarda la responsabilità degli internet service provider, cui tali sentenze hanno contribuito ulteriormente, devono essere urgentemente chiarite, pena il funzionamento stesso della rete e la messa in discussione delle forme di libertà che su di essa si manifestano.

Per ciò, è ormai ineludibile che il Parlamento affronti la questione con una legge e non lasci ad altri soggetti compiti di così straordinaria delicatezza.

Senza una legge il disagio rischia di diventare molto serio.

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