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Articolo 21 - Editoriali
Abolire l'art.8, un referendum per i lavoratori
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di redazione

Si è ormai diffusa, anche grazie a una vigorosa campagna di denuncia, la consapevolezza che l'art. 8 della legge di manovra finanziaria costituisce, oltre che una mostruosità giuridica, un pericolo gravissimo per i diritti dei lavoratori, e non solo per quello di tutela contro i licenziamenti ingiustificati (art. 18 statuto lavoratori), ma di tutti gli altri, ad esempio, in tema di qualifiche, di orario, di controllo della «privacy», di trattamento di fine rapporto, di contratti precari, ecc. È, pertanto, posta in pericolo la stessa convivenza civile.
      È significativo, allora, che si sia prodotto un ripensamento da parte della Confindustria, che aveva salutato l'art. 8 con entusiasmo, e di quei sindacati che l'avevano salutato come una attribuzione a loro di un potere di cancellare anche le leggi. Adesso, invece, prendono le distanze da quell'intervento legislativo. Lo fanno rivendicando la loro competenza esclusiva nelle relazioni industriali e nel sistema contrattuale, e promettono di attenersi - vertici e strutture periferiche - unicamente ai contenuti e alle procedure dell'accordo interconfederale 28 giugno 2011.
      Non ci si può illudere, però, che la manifestazione di volontà politica, pur apprezzabile, di non utilizzazione dell'art. 8 lo renda davvero inerte e innocuo. L'ordigno non è stato disinnescato, ma è, al momento, solo inesploso, e, quindi, sempre pericoloso. Infatti, l'art. 8 - norma di rango giuridico superiore rispetto alle intese sindacali - conferisce il potere di deroga a leggi precedenti direttamente a sindacalisti locali. Questi, dunque, in ogni momento potrebbero valersi dell'investitura di poter sottoscrivere validi ed efficaci accordi di deroga delle tutele legislative dei lavoratori in ambiti aziendali o territoriali, rischiando al massimo una eventuale sanzione disciplinare all'interno della loro organizzazione.
      La totale cancellazione dell'art.8 resta dunque obiettivo irrinunciabile e perseguibile per la via maestra del referendum abrogativo, strumento che la costituzione affida al popolo per censurare e cancellare leggi sbagliate, ingiuste e contrarie alla coscienza sociale.
      Dalla società civile, dai lavoratori, dalle loro organizzazioni sindacali, da tutti i partiti progressisti e democratici, dalle associazioni e dagli uomini di cultura deve venire, ancora una volta, come di recente è avvenuto con l'acqua, le centrali nucleari e l'uguaglianza di fronte alle leggi, un'indicazione certa, non equivoca o equivocabile che costituisca l'inizio di una rinascita sociale e civile, che interrompa la lunga disattenzione e anzi la compressione operate nei confronti del lavoro e ridia ad esso, con un auspicato lungimirante processo riformatore, quella funzione di realizzazione dei diritti primari della persona sancita nel progetto emancipatorio tracciato dalla nostra Costituzione. In particolare, l'indizione del referendum abrogativo dell'art. 8 renderà nuovamente attuale l'esigenza di definizione di una organica legge di sostegno in tema di rappresentatività e contrattazione che superi l'attuale stato di incertezza e conflittualità nelle relazioni sindacali.
      Pertanto, i sottoscritti primi firmatari di questo secondo appello, non più diretto al rigetto parlamentare dell'art. 8 del decreto governativo, ma alla cancellazione della norma ormai purtroppo approvata, invitano ad aderire al comitato promotore - in corso di formale costituzione - del referendum popolare, il cui quesito sarà l'abrogazione integrale dell'art. 8 della legge di manovra finanziaria.
      Le prime adesioni possono essere fatte pervenire all'indirizzo di posta elettronica: associazione@dirittisocialiecittadinanza.org
      Piergiovanni Alleva, Luciano Gallino, Sergio Mattone, Valentino Parlato, Umberto Romagnoli, Mario Tronti

*tratto dal Manifesto

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