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Articolo 21 - Editoriali
Sulla tragedia di Barletta. Lettera aperta a Nichi Vendola
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di Carlo Soricelli*

Caro Presidente Vendola e cari amici, sono Carlo Soricelli dell'Osservatorio Indipendente di Bologna sulle morti per infortunio sul lavoro. Dopo la tragedia della Thyssen, dal 1 gennaio 2008 l'Osservatorio monitora  i morti sul lavoro in Italia e  archiviati e catalogati migliaia di casi sull'incivile fenomeno. Ieri sera ho visto Piazzapulita di Formigli su La 7 su la tragedia di Barletta. La realtà delle morti sul lavoro è completamente diversa da come viene percepita dalla popolazione, dai media  e anche da come viene presentata dalle statistiche ufficiali. Poi entrerò nello specifico, ma prima vorrei fare alcune considerazione sulla strage di Barletta. E' ben evidente che anche in questo caso esiste una stretta correlazione tra morte delle 4 operaie e della figlia del proprietario e lavoro nero. Lo  stesso proprietario del maglificio Salvo Cinquepalme  ha detto "avevo visto le crepe, è tutta colpa mia", "mi ero accorto che la palazzina aveva dei problemi, non ho dato l'allarme perchè avevo paura dei controlli". E basta questo per comprendere la stretta correlazione tra vittime, crollo della palazzina e lavoro nero. Se il proprietario e le operaie avessero potuto comportarsi  liberamente, probabilmente avrebbero avvertito Carabinieri, Asl, Ispettorato del Lavoro che sarebbero accorsi e  fatto sgombrare il laboratorio. Purtroppo, anche più spesso di quel che si pensa, lavoratori e "padroni" in "nero" e in "grigio" sono spesso vittime sul lavoro perchè lavorano insieme e svolgono lo stesso lavoro. Sono già decine dall'inizio dell'anno gli artigiani, o il loro unico operaio a morire per infortuni sul lavoro. Tutti associano le morti sul lavoro al livello d'industrializzazione e all'indice occupazionale; niente di più sbagliato,nell'industria, in tutta l'industria si muore molto meno che in altre categorie (12%). A morire per oltre il 60% sono agricoltori in tarda età, per due terzi schiacciati dal trattore che guidano (oltre il 33%), ed edili meridionali e stranieri anche nei cantieri del centro-nord (27,5%).  E in questi casi il livello d'industrializzazione non c'entra nulla: i trattori e la terra d'arare e le case le costruiscono  in egual misura in tutto il paese. Occorre ricordare anche che le statistiche ufficiali escludono tantissimi morti per infortunio sul lavoro, come per esempio i militari  morti in Afghanistan e le centinaia di agricoltori morti schiacciati dal trattore ma già pensionati e probabilmente anche queste povere ragazze morte a Barletta che non erano assicurate dall'INAIL. Detto questo si capisce anche perchè non ci sono più  morti sul lavoro nel sud d'Italia. L'Osservatorio monitora tutte le vittime indipendentemente dal lavoro che svolgono e non distinguendo se sono lavoratori attivi, pensionati, in "nero" o "grigio".  In questo momento è la mia regione l'Emilia Romagna che con 42 morti sul lavoro guida questa classifica in rapporto al numero di abitanti, seconda solo alla Lombardia che di morti ne ha 58 ma che ha il doppio degli abitanti. La Puglia, anche con le quatto lavoratrici morte a Barletta arriva a 34 morti.  Piemonte 37, Veneto 35, Lazio, Toscana 34, Sicilia 35  e Campania 30. L'aumento nei primi 9 mesi dell'anno del 2011 rispetto allo stesso periodo del 2010 è di oltre il 13%. Alla luce di questi dati e anche da quello che mi ha detto il Senatore Paolo Nerozzi Vice Presidente della Commissione Morti sul lavoro del Senato in occasione della visita della Commissione a Bologna, vengono fatti dagli organi addetti, più controlli al sud che al nord. Quindi per piacere "amici" della Lega, almeno su queste tragedie non speculate: se guardiamo le morti,  delle regioni elencate, tutte documentate in appositi file, non è che il nord possa elevarsi a portatore di maggiore civiltà, perchè di morti per infortunio sul lavoro si tratta. Di inciviltà.

*Osservatorio Indipendente di Bologna sulle morti sul lavoro

 

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