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Articolo 21 - Editoriali
“Lei si che non è Masi”
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di Nino Rizzo Nervo*

“Io gli sto facendo cose (a Berlusconi, ndr) che non ha fatto nessuno, perché io ho cambiato i telegiornali, ho cambiato i GR…”. Così l’ex direttore generale Mauro Masi rivendicava con entusiasmo le sue gesta parlando al telefono con il signor Lavitola. E qualche mese più tardi ancora al telefono, ma questa volta con il commissario dell’Agcom Giancarlo Innocenzi che si lamentava di Michele Santoro sempre in nome e per conto del premier, Masi così si giustificava: “ Sai, la stiamo aggiustando (la Rai, ndr), stiamo facendo di tutto, abbiamo mandato via pure Ruffini…”.
Domenica scorsa il segretario del sindacato dei giornalisti Rai ha definito “nauseante” quel che emerge dalle intercettazioni e ha chiesto al nuovo direttore generale un solenne e pubblico impegno di discontinuità. La risposta è arrivata a stretto giro di posta: ”In merito all’invito dell’Usigrai di dare segnali di discontinuità – ha subito dettato alle agenzie di stampa la dottoressa Lei – posso sottolineare soltanto che la discontinuità è dimostrata, oltre che dal mio passato aziendale, dalle mie scelte e dal mio operato”.
Come mettere in dubbio una precisazione resa ancor più solenne dalla brevità e dalla chiarezza delle espressioni usate? Ergo, se Santoro è andato via, se Roberto Saviano non fa più parte della squadra Rai, se qualcosa di simile a “Vieni via con me” nella prossima stagione la vedremo su La7 ma non sulla Rai, se quel tal Ruffini (che Masi in verità non era poi riuscito a cacciare) da ingrato  ha tradito per un’azienda concorrente, se a Rai3 non si potrà più parlare con Serena Dandini se tutto questo non è il risultato della “discontinuità” così orgogliosamente rivendicata (alcuni maliziosi, sicuramente a torto, sostengono che Masi in fondo non era arrivato a tanto) allora la colpa non può che essere del “destino cinico e baro”.
Non ho mai creduto nella mala sorte, ma capisco che possano a volte capitare periodi in cui tutto ti va storto. Quello, però, è il momento in cui bisogna stringere i denti e non arrendersi. Tenga duro dottoressa Lei! Del resto sarebbero sufficienti poche decisioni per dimostrare la sua discontinuità dal prof. Masi: 1) intervenga con urgenza e senza guardare in faccia nessuno per porre fine all’agonia degli ascolti di Rai1 e del TG1. Il pubblico, gli investitori e i dipendenti, che tengono molto ai propri stipendi, le saranno grati; 2) disponga che anche la Rai possa trasmettere il 3 novembre il programma di Santoro. I cinque/sei milioni di telespettatori che sino alla scorsa stagione erano abituati a vederlo gratuitamente tutti i giovedì su una rete della Rai le saranno grati. Mi dia retta serve anche per sbugiardare coloro che, in male fede s’intende, sostengono che è stata la Rai a non volere Michele; 2) richiami la Dandini e faccia in modo che Rai3 invece di perdere “pezzi” possa continuare a competere; 3) “opzioni” sin d’ora Roberto Saviano affinché, alla scadenza del suo contratto, possa rifare in Rai e non altrove “Vieni via con me”. Anche quei dieci milioni di italiani che seguirono quell’eccezionale evento televisivo le saranno grati; 4) difenda con i denti trasmissioni come Report che danno un’anima e un senso al servizio pubblico; 5) non permetta, come è avvenuto in passato, che  ingerenze esterne condizionino la Rai e vari al più presto le misure più idonee per mettere in sicurezza i conti dell’azienda.
Al “destino cinico e baro” non credeva neanche Giuseppe Saragat che coniò quell’espressione per giustificare una sconfitta elettorale ampiamente annunciata. Sia piuttosto d’accordo con Baricco per il quale “il destino fa fuoco con la legna che c’è” o con Ignazio Silone che sosteneva che “il destino è un’invenzione della gente rassegnata”. Faccia come me: non si rassegni. Tra sei mesi l’attuale consiglio di amministrazione scadrà e con lui anche il direttore generale. Come vede il tempo non è molto per dimostrare quella benedetta discontinuità.

* Pubblicato su "Europa quotidiano" del 25 ottobre 2011

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