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Articolo 21 - Editoriali
Il riformismo o è digitale o non è
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di Vincenzo Vita*

*Riceviamo e di seguito pubblichiamo l'intervento del Sen. Vincenzo Vita - Vice Presidente Commissione Cultura all' Internet Governance Forum Italia in svolgimento in questi giorni a Trento.

La Rete, oggi più che mai, è sinonimo di sviluppo sostenibile, crescita, cambiamento.
La sede delle Nazioni Unite di Nairobi - dal 27 al 30 settembre scorsi - ha ospitato
l’IGF 2011, primo forum internazionale sul web in un paese sub sahariano. La
necessità di un confronto mondiale su "Internet come catalizzatore per il
cambiamento: accesso, sviluppo, libertà e innovazione" ha reso di particolare
importanza l’iniziativa.
 La Rete è davvero parte delle nostre vite: dai diritti al libero accesso per tutti, dalla
libertà alla stessa sicurezza. Giungere ad una “visione comune” è ovviamente un
obiettivo arduo. E' evidente che Internet non è una realtà virtuale e separata dai
processi sociali di informazione, comunicazione e conoscenza, bensì ne costituisce
una estensione interattiva potenziata. Internet deve rientrare tra le nostre priorità
strategiche - nel medio e nel lungo periodo - come elemento di democrazia,
                                                                                                       
partecipazione ed uguaglianza: libertà di Rete, per una società più aperta e
trasparente; partecipazione senza discriminazioni; lotta al digital divide.
E’ fondamentale la partecipazione attiva dei Parlamenti. La partita politica più
importante si gioca oggi sul tema della neutralità e dell’accesso aperto alla rete,
contro ogni forma di censura. La vasta presenza a Nairobi dei paesi del Sud del
mondo ci fa sperare che una grande iniziativa mondiale per la diffusione della banda
larga possa incoraggiare un “doppio salto” proprio di quei paesi che non hanno
partecipato al ciclo analogico. Al centro delle giornate keniote vi è stata, dunque, la
Rete sotto il profilo del cambiamento positivo per lo sviluppo umano. Lo stesso
Chengetai Masango, programme and technology manager del Segretariato dell’Onu
per l’IGF, ha notato che “il forum ha dimostrato che è stato in grado di dare a ogni
voce la stessa importanza”.
I paesi rappresentati all’IGF sono stati 125, di cui 53% appartenenti all’Africa, 29%
all’Europa occidentale e agli altri stati, 11% all’Asia, il 4% ai paesi dell’America
latina e caraibica e il 3% ai paesi dell’Europa orientale. Un totale di 38 partecipanti
delle tavole rotonde sono stati in grado di prendere parte al forum via audio o video e
sono state stabilite circa 2.500 connessioni da 89 paesi. Un’organizzazione grandiosa,
con trasmissione in streaming e trascrizioni in tempo reale dei workshop.
Parallelamente si sono anche tenuti 122 gruppi di studio, forum sulla “best practice”,
cioè le procedure operative migliori da seguire, e incontri per futuri progetti. Samuel
Poghisio, ministro per l’Informazione e le Comunicazioni del Kenya, ha enfatizzato
l’impegno del governo a garantire l’accesso a Internet per una società più aperta e
trasparente e ha presentato un piano per il 2030 in cui sono previsti uno sviluppo
basato su un’informazione completa grazie anche al Web e un’economia dove
Internet favorisce lo spirito aziendale e l’innovazione. Importante il contributo di
Hamadoun Toure, segretario generale dell’International Telecommunications Union,
la speciale agenzia delle Nazioni Unite responsabile per le tecnologie
dell’informazione e della comunicazione, che ha descritto il lavoro
dell’organizzazione dei 192 stati membri in materia di sicurezza informatica,
protezione dei minori online e cambiamenti climatici: tre dei punti focali posti dalle
Nazioni Unite.
Insomma, davvero tanti gli argomenti affrontati, ma tutti basati sul connubio tra Rete
e democrazia.
Dalla primavera araba ai risultati elettorali e referendari in Italia, il web diventa - anzi
lo è già – la piazza democratica. Una piazza che si autogestisce in un linguaggio fatto
di tag, hashtag, amicizie, luoghi, tweet, commenti, musica, arte e tanto altro ancora.
Una piazza dove il vecchio e il nuovo si mescolano. Dove non esiste passato tanto
lontano, perché tutto si può trovare o rintracciare. Ecco perché a Nairobi sono stati
ammoniti quei governi, gli africani in primis, che vorrebbero tassare chi usa Google
e Facebook.
Frank La Rue, il relatore speciale autore del documento per l’Onu “sulla protezione e
la promozione del diritto alla libertà di espressione e opinione”, ha scritto che
“Internet è uno dei diritti umani”. L’accesso alla rete - e lo si vede particolarmente
nelle fasi di instabilità politica - è fondamentale.
Basti pensare - nella sola Italia - a cosa in questi giorni sta accadendo su twitter su
#moka o #aeiouy: ossia in che modo la rete ha seguito le dimissioni o no del
presidente del consiglio.
Ma ritorniamo ad una visione globale: la governance della rete come elemento
centrale del programma di sviluppo internazionale che unisce nuove forme di
accesso, crescita economica, innovazione, nuove libertà e diritti umani. Ma
soprattutto è emerso da Nairobi un consenso fondamentale sul fatto che la Rete non
deve appartenere a nessuno. La rete è libera e tale deve rimanere. Internet è il più
grande Spazio Pubblico che l'umanità abbia mai conosciuto.
Tuttavia, “se la conoscenza è un bene comune – come ricorda Rodotà – possiamo
affidarla tutta soltanto a una mediazione privata, come quella di Google (e/o
Facebook) e di pochi altri mediatori? E' evidente ormai la necessità di un Internet Bill
of Rights".
Ancora una volta uno dei temi centrali, emersi anche in Kenya, è stato il rapporto tra
Internet e politica, e la sottile linea di demarcazione tra la necessità di concordare una
governance di Internet e la tentazione di imporre sulla rete un vero e proprio controllo
politico. Tanto da suscitare allarme tra gli attivisti del web, alcuni dei quali hanno
letto il summit quasi come fosse un abbozzo di “Stati Generali per il controllo globale
della rete”, vedendo, di conseguenza, nell’allarme-sicurezza lanciato dal Forum un
tentativo di giustificare una maggiore ingerenza dei governi in Internet.
Tra chi invoca la costituzione di un grande controllore del web sopranazionale e chi
scongiura per un modello di governance diffusa, c’è chi prova a fare da sé, almeno in
casa propria, dimostrando una visione del web ben diversa da quel “catalizzatore del
cambiamento” così accoratamente sbandierato dall’Igf. Qualche esempio di voce
fuori dal coro si può trovare nella Vecchia Europa. Internet come “territorio
selvaggio da civilizzare”, parole del Presidente francese Nicolas Sarkozy. Immagine
della rete in buona sostanza ripresa dalla commissaria europea Neelie Kroes durante
l'incontro africano. L’e-g8 di Parigi del maggio scorso è risultato agli occhi di molti
un incontro per gestire, da parte dei governi, la paura nei confronti di uno strumento
così potente a livello politico, vedi le rivolte arabe. Le spinte censorie non sono
mancate in Italia, basti pensare alla prima versione del regolamento sul diritto
d’autore dell’Agcom, fino ad arrivare al “ddl sulle intercettazioni”, con all'interno la
cosiddetta “norma ammazza blog”.
                                                                                         
Riparta da Trento l’idea già lanciata a Nairobi di un IGF dei Parlamenti dove la
trasparenza - attraverso l’open access e il free software - fa da protagonista.
Si individui un’agenda di priorità nella prossima legislatura concentrata su banda
larga per tutti, lotta al digital divide, neutralità della rete e nuovo copyright.
Infine, perché non immaginare “un esame di ammissione” sulla cultura digitale per i
prossimi candidati al Parlamento? Un programma di partito che si definisca
“riformista” deve, infatti, mettere al primo posto questi temi.
Il riformismo o è digitale o non è.

Per info e approfondimenti http://www.igf-italia.it/                                                                                

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