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di Enzo Costa
Adoro il Giuliano Ferrara tatticamente elogiativo. Veste che da ultimo ha indossato un istante prima della caduta di Papi, esibendo il suo repertorio mimico-oratorio: occhio ammiccante, affine a quello con cui Oliver Hardy, in barba alle leggi del cinema, guardava in camera per farci partecipi dei suoi tormenti. Invece la pupilla vibrante di Ferrara ci annuncia l‘astuta lode susseguente: stavolta, un plauso autocompiaciuto, da uomo di mondo della politica, a Napolitano. Dipinto come un saggio custode delle norme, su tutte quella per cui non si butta un governo senza un’alternativa pronta. Lodava il Presidente per esecrare, con avviliti scuotimenti del capo, quello sprovveduto di Bersani che voleva cacciare il Capo. Un furbo “Meno male che Giorgio c’è” teso, irridendo comparativamente Pierluigi, a salvare Silvio. Poi, invece, Giorgio ha sovrinteso allo sfratto al Cav. Con buona pace dell’encomio peloso di Ferrara (o grazie ad esso). Meno male che Giuliano c’è.
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