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Articolo 21 - Editoriali
Nasce il coordinamento No Pedemontana
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di Francesco Battaglia

Continua a ritmo serrato l’opposizione alla  realizzazione della Pedemontana Veneta, ancora NO é il coro unanime che si leva dai comitati cittadini.
La “AutoSuperstrada Pedemontana Veneta”, così come è stata ribattezzata dai numerosi comitati cittadini, non è un'opera di primario interesse nazionale, come invece tende ad essere definita dagli addetti ai lavori.
A non demordere nonostante la recente inaugurazione della stessa, sono i comitati, che di fronte alla prevista realizzazione dell’imponente arteria, anziché mollare, continuano nelle manifestazioni pacifiche di contrarietà alla stessa, facendo un ulteriore salto di qualità, non più solo comitati di protesta diffusi sul territorio ma, un coordinamento che offra delle proposte virtuose alla realizzazione di una Superstrada per i Veneti, e non una cementificazione iniqua e spropositata come potrebbe diventare, se così realizzata.
A ribadirlo con forza è l’Arch. Massimo Follesa, Consigliere Comunale di Trissino (VI) e allo stesso tempo esponente del Comitato Difesa e Salute del Territorio Valle Agno, in rappresentanza dei 41 ricorrenti (Pubblici e Privati) presso il TAR Lazio contro la dichiarazione dello stato di Emergenza decretato dalla Presidenza del Consiglio dei Ministri, che ha portato il 10 Novembre scorso l’attuale Governatore Zaia, a porre la posa della prima pietra a Romano d’Ezellino (VI).


Il Presidente della Regione Veneto, nel corso della cerimonia, ha espresso non pochi apprezzamenti per l’apertura del cantiere che vedrà il collegamento (ad opera ultimata) di ben 22 Comuni in provincia di Vicenza e 14 in quella di Treviso; il compimento di un iter procedurale, come lo stesso ha menzionato, iniziato sin dal lontano 1990 quando l’opera fu inserita nel Piano Regionale dei Trasporti e che, nel corso di questi venti anni ha subito notevoli intoppi burocratici, tali da precluderne la realizzazione stessa. Rimarcando inoltre che, ricorrere al progetto di finanza è stato un atto necessario, per far fronte ad un Governo sempre più lontano dai problemi delle Regioni del Nord, dimenticando però di dire che sino al mese scorso, la Lega Nord di cui fa parte,  è stata parte attiva dell’esecutivo nazionale; quindi altro avrebbe da argomentare Zaia per giustificare la realizzazione di un’opera in project financing.
Non a caso, convergono in questo senso le posizioni ben distanti dei numerosi comitati No Pedemontana, dislocati su quasi tutti i comuni del territorio interessato; i quali hanno ben pensato il 25 Novembre scorso di riunirsi in un coordinamento unico. Il Coordinamento Veneto Pedemontana Alternativa si propone di unire alla già espressa  manifestazione di contrarietà, un contributo propositivo al miglioramento del progetto, che gli stessi definiscono lacunoso in più parti.
Un progetto virtuoso che dia, oltre a quanto palesemente propagandato dalle Istituzioni e dai soggetti interessati alla realizzazione, un risparmio dei costi di costruzione e successiva gestione dell’opera da un lato, dall’altro una fruibilità reale dell’infrastruttura così da renderla efficiente e atta allo scopo come era stata pensata nel lontano 1990 e ribadito dai Sindaci interessati nella conferenza dei servizi nel lontano 2001.
L’Arch. Follesa, facente  parte del predetto coordinamento, nel narrare le vicende susseguitesi negli anni, ha posto in essere molteplici aspetti critici del progetto. In primis, ha voluto porre in evidenza come i cittadini contrari a questa scelta progettuale, si siano più volte provati a fare un’opera di convincimento verso le Istituzioni per una soluzione diversa del Progetto, di cui appunto non negano l’importanza ma, ne criticano fortemente sia la lunghezza spropositata del percorso con un impatto ambientale non indifferente (gallerie trincee, barriere anti-rumore ecc.),  nonché l’iter procedurale che ha portato all’ultima stesura.


La AutoSuperstrada a pedaggio (95 km di tracciato), congiungerà Montecchio Maggiore (VI) diramandosi dalla A4, per arrivare sino a Spresiano (TV) per innestarsi sulla A27, per un importo di spesa previsto di 2.100 milioni di €... recentemente il Commissario Straordinario, Ing. Vernizzi (già commissario del Passante di Mestre) ha annunciato un probabile incremento a 2.400 milioni di euro; non certo briciole visto il periodo di forte crisi che l’Italia in primis sta vivendo, un incremento costi che porterà un enorme debito nelle casse regionali, con l’inevitabile ripercussione per le tasche dei cittadini.
Follesa ci racconta, anche sulla scorta della documentazione a cui negli anni ha attinto, che l’idea della superstrada nacque già dagli anni 70; quando a causa dell’intenso traffico insistente sulla pianura veneta,  si iniziò a parlare della sua realizzazione.
Dopo un ventennio di dibattiti, ipotesi e rinvii si arrivò al 1990, anno in cui l’opera fu inserita nel Piano Regionale dei Trasporti del Veneto, piano in cui era inteso che la strada avrebbe dovuto avere numerosi accessi, da permettere il più rapido decongestionamento del traffico locale. Negli anni seguenti la crisi finanziaria di allora, determinò l’accantonamento del progetto.
Nel 1995 la società Autostrada SpA Brescia – Verona – Vicenza - Padova “Serenissima”, annunciò l’intenzione di voler realizzare l’opera senza costi per lo Stato e per la Regione, alla qual notizia vi furono pochissime obiezioni (Sindaci e popolazione), solo alcuni cittadini e gli ecologisti di allora vedevano con occhio critico la realizzazione della stessa. Nel 1997 la Serenissima fece però un passo indietro annunciando che la realizzazione dell’opera non interessava più i privati, inizialmente favorevoli.


A seguito del ritiro da parte di Serenissima e dell’accordo Stato-Regione dell’Agosto 97 la Pedemontana tornò ad essere inserita tra le autostrade da realizzare nella Regione Veneto, così da arrivare alla fine del 1998 (Legge Finanziaria) alla concessione di un finanziamento da parte dello Stato di 600 miliardi di vecchie lire, 5 dei quali furono impegnati per la Progettazione dell’opera, appaltata ad una società di Roma (Bonifica SpA).
Nel 2000 la Bonifica SpA presentò il progetto, senza il tratto tra A4 e A31 (Montecchio – Dueville), precedentemente stabilito dal Governo Nazionale. (Nella presentazione del Progetto, BONIFICA SpA, affermò che solo il 7% del traffico locale sarebbe andato a convergere nella pedemontana vicentina e trevigiana. Questo fattore determinò la protesta popolare, nonché la perplessità dei Sindaci interessati dal tracciato).
Nella finanziaria per il 2001 venne sancito che sarebbe dovuta essere una conferenza dei servizi a decidere se la pedemontana doveva essere un’autostrada o una superstrada, come veniva sempre più richiesto dalla cittadinanza. La conferenza di Castelfranco nel marzo 2001, alla presenza di Sindaci, Provincie di Vicenza e Treviso nonché la Regione Veneto, stabilì, con non poche contraddizioni da parte di Regione e Provincie, che l’opera da realizzarsi doveva essere una superstrada. Una superstrada con numerosi  svincoli di entrata ed uscita ma senza barriere come i caselli autostradali: infatti lungo tutto il percorso fu previsto di realizzare solo tre barriere e nessuna agli svincoli, così da avere un’opera a basso impatto ambientale e con minori costi di realizzazione.
Dalla conferenza a cui sarebbe dovuto seguire la rimodulazione del progetto, ne seguì invece e stranamente, l’acquisizione del Progetto (Bonifica SpA) da parte della Regione Veneto, quest’ultima incamerò il finanziamento dello Stato (600 miliardi) in base alla Legge finanziaria del 2001, approvandone per il 2002 un finanziamento Regionale di altri 120 miliardi per la realizzazione dell’opera.
Nel 2002 nacque la Pedemontana Veneta SpA composta da Autovie Venete 10%, Autostrade per l’Italia 38%, Autostrada Serenissima (Brescia – Padova) 37% e il restante 15% diviso tra i gruppi bancari quali Banca Antoniana Popolare Veneta S.p.A., Cardine Finanziaria S.p.A. e Cariverona Banca S.p.A.
La appena nata Società, a giugno dello stesso anno, presentò il progetto di finanza alla Regione Veneto, relativo alla progettazione, realizzazione e gestione dell’opera in concessione con l’introito dei pedaggi per i 40 anni successivi, in cambio del finanziamento pubblico, 720 miliardi di lire (600 Stato +120 Regione Veneto), con un’ulteriore richiesta di altri 420 miliardi per arrivare a circa la metà del finanziamento necessario, mentre la restante parte l’avrebbe messa la Pedemontana SpA proponente, per un totale complessivo di 2280 miliardi di Lire.
Nel progetto presentato dalla Pedemontana Veneta SpA, il tipo d’intervento rimase di tipo Autostradale con poche differenze da quello presentato dalla Bonifica SpA, venne modificato il nome da Autostrada Pedemontana Veneta in Superstrada Pedemontana Veneta, tutto ciò destò non pochi dissapori tra cittadini e Sindaci; Follesa narra anche del fatto che a quel tempo si vociferava di un copia e incolla del progetto, fatto al sol scopo di procedere alla realizzazione della AUTOSUPERSTRADA.
L’opera non andò in porto grazie all’opposizione presso il Tar del Veneto dei Comuni di Nove, Sandrigo, Montecchio Precalcino e Legambiente Veneto; il Tar annullò la gara precedentemente indetta dalla Regione Veneto, cosicché si tornò punto e a capo.
Alla fine del 2003 la Pedemontana Veneta SpA, presentò un nuovo progetto “project financing”, che comprendeva questa volta anche il tratto Montecchio Maggiore – Dueville (escluso dal precedente progetto).
In questo progetto, la società proponeva di realizzare l’opera (95 km) con un finanziamento di 1989 milioni di euro, richiedendo alla regione un contributo di 487 milioni; a seguito dell’indisponibilità in bilancio, venne stabilito che la Regione avrebbe versato 243,75 milioni (tanti erano i fondi a disposizione) nella fase di progettazione, mentre la restante parte sarebbe stata versata annualmente al costruttore: un contributo di 20,4 milioni per i trenta anni successivi, anni in cui il costruttore ne avrebbe gestito l’opera introitando i  relativi pedaggi.
Nel calcolo del contributo annuale da versare alla sociètà dalla Regione Veneto fu previsto un meccanismo descritto nella delibera D.G.R. 3858 03/12/2004 (introvabile sul sito della Regione) che dichiarò l’opera di pubblico interesse; il meccanismo prevedeva un contributo di 20,4 milioni di euro annui, se il traffico fosse stato inferiore a 24.000 veicoli giornalieri, nel caso in cui i veicoli transitanti fossero stati più di 34.000 veicoli giornalieri la Regione non avrebbe dovuto versare nulla, se invece i veicoli fossero stati tra i 24.000 e i 34.000 sarebbe stato corrisposto un contributo minore di quello stabilito, proporzionale al numero dei passaggi.


Su questo i comitati hanno più volte ribattuto che, il meccanismo partorito ha il solo scopo di finanziare il gestore della Pedemontana. Follesa si domanda, poiché non è ancora ben specificato e se lo è non ha ancora visto i relativi documenti, se nel conteggio dei veicoli transitati verranno o meno calcolati quelli cui è concessa l’esenzione del pagamento del pedaggio che, come più volte annunciato verrà concesso agli utenti che utilizzando la pedemontana nell’arco dei 21 km dalla residenza per i primi 12 anni e poi via via a scemare; altro punto di domanda è chi sarà a certificare i flussi del traffico?
Non minore importanza merita l’aspetto meramente economico dei pedaggi, sempre più redditizio per il gestore: è infatti previsto l’aumento tariffario del pedaggio pari al tasso reale d’inflazione aumentato del 10%, (è chiaro che tutti questi particolari vengano visti dalla cittadinanza come veri e propri regali di soldi pubblici ad un gestore privato, senza neanche portare i reali benefici di cui questo territorio ha bisogno, ossia uno sviluppo sostenibile senza ulteriori consumi di territorio agricolo.)
Motivazioni queste che già in quegli anni furono oggetto da parte del WWF di richieste di delucidazioni e d’intervento ad Eurostat, all’Autorità dei Lavori Pubblici nel 2005, al Ministro Di Pietro nel 2006, senza però vere ed esaurienti risposte in merito.
Follesa, aggiunge che il ricorso portato avanti dai 41 ricorrenti, riguarda oltre alla impugnazione dello stato d’emergenza del traffico, anche la difficoltà riscontrata nell’accesso agli atti, inoltre spiega che Il TAR del Lazio nell’ultima seduta del 23 novembre scorso, oltre ad accettare il ricorso dei 41, si è riservato di pronunciarsi in merito poiché ha ritenuto opportuno unificare tutti i ricorsi in essere contro la realizzazione della Pedemontana e ha così rinviato l’udienza al 25 gennaio 2012; ha però stabilito che tutta la documentazione richiesta dai ricorrenti dovrà essere evasa nel più breve tempo possibile poiché inerente il ricorso e non derogabile da nessuna normativa. L’Arch. Follesa fiducioso che il ricorso portato avanti anche con notevoli sforzi fisici ed economici vada a buon fine, continua la narrazione della procedura, che portò alla gara pubblica con la finale esclusione dai giochi proprio della Pedemontana Veneta SpA; quanto fino ad allora nessuno mai si sarebbe aspettato.


La gara europea dell’ottobre 2006 fu contesa da tre partecipanti: 1) la ATI Cintra-Merloni-Ferrovial, comprendente la Cintra, società spagnola leader mondiale nella gestione delle infrastrutture, Merloni Finanziaria e la Ferrovial, specializzata nelle tecnologie per lo scavo di gallerie;2) il consorzio SIS nato nel 2003 i cui azionisti sono la Sacyr, impresa di costruzioni del gruppo spagnolo Sacyr Vallehermoso, al 60%. Il restante 40% del consorzio è formato dalle imprese italiane Inc General Contractor Spa e Sipal Spa, entrambe appartenenti al gruppo italiano Fininc Spa, Itinere Infraestructuras Sa, già controllata da Sacyr Valehermoso, è stata ceduta al fondo Citi Infrastructure Partners del gruppo Citigroup alla fine del 2008.
3) La Pedemontana Veneta spa, proponente del project financing, la quale già nel 2005 aveva cambiato l’assetto societario con l’entrata di Impregilo, Grandi Lavori Fincosit, Impresa Costruzioni Maltauro, Rizzani de Eccher, Carron Cav. Angelo, CCC, Impresa Ing. Mantovani, Intercantieri Vittadello e Serenissima Costruzioni.
Dopo l’espletamento di gara, la Regione Veneto ha affidato i lavori alla società Pedemontana Veneta SpA, poiché quest’ultima rilanciando la proposta del miglior offerente ossia SIS e facendo valere il diritto di prelazione in quanto proponente ha ottenuto che divenisse il miglior offerente. Subito dopo la SIS ha fatto ricorso, prima al TAR del Veneto (che gli ha dato torto) e poi al Consiglio di Stato che, ribaltando il verdetto del TAR Veneto ha dato ragione a SIS.
La Pedemontana Veneta SpA è passata così da proponente ad esclusa, la motivazione della sentenza a favore di SIS è dipesa da un cavillo temporale, ossia la tempistica del diritto di prelazione che la Pedemontana SpA ha fatto in ritardo rispetto alla tempistica stabilita nel bando di gara.
In seguito all’affidamento SIS è seguito oltre al decreto di circa 3.000 espropri (con alcuni ricorsi da parte dei cittadini), la redazione del progetto definitivo, quest’ultimo approvato a marzo dello scorso anno dal Commissario e che i comitati hanno più volte criticato, soprattutto perché questo non sarebbe completo secondo quanto previsto dalla normativa vigente sui lavori pubblici, ne mancherebbero degli studi geologici accurati sui trafori e la valutazione dell’intervento a 200 anni come indicato nel SIA e dal CIPE; quindi il conseguente progetto esecutivo a stralci funzionali propagandato dal commissario Vernizzi, porterà con molta probabilità ad una lievitazione dei costi finale che, andrebbe a ritorcersi sul bilancio Regionale.
Nonostante queste pubbliche manifestazioni di contrarietà, l’iter è andato avanti come se nulla fosse, a nulla sono valse le manifestazioni cittadine, le richieste di accesso agli atti mai evase, o solo in parte; la macchina amministrativa continua imperterrita il percorso intrapreso.
Quello che in tutta questa vicenda fa inorridire è il quasi totale silenzio dei mezzi d’informazione, che in alcuni casi come ci racconta Follesa hanno tentato di definire i manifestanti e comitati compresi come dei rivoluzionari, facendo una vera opera di disinformazione, ma che in una logica di profitto risulta valida a chi finanzia gli stessi.

Follesa, parla ancora delle proposte che faranno d’ora in avanti sotto la regia unica del coordinamento, e tra queste, quella di presentare richiesta di sospensiva al TAR Lazio, segnalando il tutto alla Corte dei Conti, alla Comunità Europea, al CEDU (l’Osservatorio Europeo dei Diritti Umani), contro la realizzazione delle gallerie previste perché mancano ancora gli studi appropriati a tali siti, non a caso il Commissario ha commentato che tali problematiche saranno risolte in fase di redazione degli esecutivi, ciò avvalorerebbe la tesi dei comitati, secondo cui il progetto definitivo è carente di alcuni fondamentali elaborati. Ma non solo, vi sono tante altre motivazioni che Follesa mette sul tavolo della discussione, ad esempio quello di una direttiva già in vigore della Comunità Europea che prevede l’abolizione dal 2012 di tutti i caselli a barriera, per passare a quelli meno invasivi realizzati con un moderno sistema, una sorta di telepass intelligente già attivo in Austria e Germania, da questi esempi concreti partiranno le proposte a non realizzare delle complanari e relative barriere altamente invasive sul territorio, optando per maggiori svincoli d’entrata e uscita. Se si riuscisse nell’intento si risparmierebbero ben 213 milioni di mq di terreno, previsto dall’occupazione di svincoli e caselli.
Oltre a questo il coordinamento chiede di tornare al vecchio progetto, col percorso da Dueville A31 a Spresiano A27, al contempo propone di realizzare degli interscambi ferroviari, in modo da dare una ulteriore risorsa al territorio, cioè di poter far viaggiare i prodotti manifatturieri che il territorio offre, non più solo su gomma, ma su rotaia. Questo, per altro previsto nel LIBRO BIANCO DEI TRASPORTI emanato quest’anno dall’Unione Europea, porterebbe notevoli vantaggi economici alle imprese locali e di riflesso al consumatore, dando un notevole sostegno all’economia.
Le proposte messe in campo convergono tutte nella direzione, di far diminuire il debito futuro cui la Regione potrebbe andare incontro, de non consumare ulteriormente territorio agricolo con un ritorno sulla economia diretta della popolazione; il risparmio di suolo alla cementificazione avrebbe ancor di più oggi un ulteriore vantaggio, quello di ridurre l’inquinamento atmosferico, poiché non è più possibile continuare ad operare con la pratica del cemento, più l’uomo edificherà, maggiori saranno gli squilibri futuri sull’ecosistema planetario, questo e ormai un dato di fatto inconfutabile.


Queste proposte, sono solo esempi di ciò che il coordinamento oggi si propone di portare avanti, un significativo passo in avanti rispetto al passato, laddove i comitati spesso erano soliti alle manifestazioni di protesta e in alcuni casi in sit-in prolungati.
Oggi il CORDINAMENTO VENETO PEDEMONTANA ALTERNATIVA, non è più quel semplice comitato da raccontare ogni qualvolta tira fuori bandiere e striscioni, non è un comitato ancorato al solo ricorso al TAR, ma un comitato che indipendentemente da questo, farà sentire la propria voce quale parte attiva e dimostrazione tangibile di quella auspicata democrazia partecipata che deve realizzarsi.
Quella forma di partecipazione che realmente parte dal basso, fatta di uomini che il giorno lavorano ma alla sera visto il momento di crisi, si danno da fare per ragionare in termini anche economici, affinché da una strada si tragga il maggiore profitto per la collettività, non un debito futuro da lasciare in eredità, continuando ancora a ragionare nell’ottica che chi verrà dopo metterà a posto e continuando a fare in questo modo perché si è fatto sempre così.
Nel salutare l’arch. Follesa e complimentarmi per la grinta e la competenza con cui porta avanti questa battaglia, mi assumo l’impegno che, continuerò nel mio piccolo a dare voce a questa protesta alternativa perché lo merita in primis per l’impegno straordinario che Follesa e tutti i comitati hanno dimostrato, ma soprattutto perché sono queste a mio parere le notizie di cui dar conto alla pubblica opinione, cioè quella di un impegno collettivo comune alla salvaguardia del territorio. Una salvaguardia con l’occhio puntato al futuro e poiché il futuro che attende noi tutti, non è dei più rosei, questi cittadini hanno ben compreso che oltre a fare richieste per i il bene comune, devono anche essere indirizzate a portare profitti alle casse della pubblica amministrazione, cui noi tutti dovremo d’ora in poi guardare con occhi diversi rispetto al passato, affinché lo Stato no sia più quella vacca grassa da spremere su cui costruire il nostro debito pubblico.

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