di Zap Mangusta
Leggendo il giornale in questi giorni sembra che il problema dellâ?? appartenenza sia salito improvvisamente agli onori della cronaca : Mastella se ne va e poi torna. Follini ci pensa, poi accetta, poi lascia e quindi fa marcia indietro. Craxi junior e De Michelis promettono di fare jogging da soli. La Mussolini lo fa. Piccoli spostamenti progressivi dellâ?? Essere. O meglio dellâ??Avere. Poichè più che altro riguardano rivendicazioni di ruoli in posti di prestigio. Considerazione spiacevole questa, poichè lâ??appartenenza dovrebbe riguardare un sentimento collegato allâ?? "intellectus" e quindi allâ??anima e non alla "ratio" e dunque al calcolo. E quando si è coinvolti, non si va dove conviene andare ma dove un filo inscindibile tiene avvinti : "dove porta il cuore" avrebbe chiosato la Tamaro. Perchè lâ??appartenenza è un valore.
Che legittimamente può essere legata al potere. Ed anche al denaro, ci mancherebbe. Solo che in questi casi cambia nome e si trasforma in "dipendenza", nei casi peggiori in "sudditanza". Queste ed altre considerazioni, tra cui lâ??ascolto di una vecchia canzone di Gaber, mâ?? hanno fatto venire in mente una domanda : dove se ne stanno rintanati in questi giorni, coloro che sino a qualche anno fa sbandieravano ai convegni e nelle interviste la loro immarcescibile fede di "sinistra" ?
Ho letto qualche tempo fa sullâ??Unità che Monicelli, Scola e pochi altri registi, per attirare lâ??attenzione sui problemi del Cinema si sono messi a picchettare sotto la Camera, al fine di sbloccare gli interventi in favore del settore. E mâ?? è venuto da chiedermi : e dovâ?? erano gli altri ? Le legioni di attori, registi, operatori che per decenni hanno gravitato intorno al cosiddetto "mondo culturale della sinistra". Dove erano gli autori di tante illustri sceneggiature ? E i giovani, che in quel mondo ora così asettico, un domani dovranno entrare ? Dâ??accordo, qualcuno non sapeva, qualcuno stava lavorando, qualcun altro era malato, ma gli altri ? E per analogia mi è venuto da pensare : ma dove sono i cantanti del rock, del pop e dellâ??hip-hop, che della "libertà ", del senso di giustizia e della ribellione al "gorgo comune" hanno fatto la loro bandiera, dove sono i comici corrosivi (tranne Paolo Rossi, Luttazzi, la Guzzanti e qualcun altro che ha pagato il suo impegno sulla sua pelle...) che hanno graffiato con la loro arte, comportamenti e potenti.
Qualcuno alle prove, qualcuno sul palco e qualcunâ??altro malato, dâ??accordo, ma gli altri ? Mi piace pensare che non abbiano saputo. Mi piace pensare che non sapessero a chi rivolgersi per segnalare la loro adesione. Mi piace pensare che almeno col cuore fossero insieme ai prodi " semi-ottuagenari" che manifestavano allâ??aperto, come ragazzini. Anche se questo un poâ?? mi preoccupa. Perchè mi si dice che al momento in molti preferiscono indugiare. Di più. Mi si dice che allâ??indugio si sia preferito il rifugio : il rifugio nel "pertugio" del privato. Mi si dice che molti, da un poâ?? di tempo in qua, si siano opportunamente rifugiati nellâ??"intimo". Ovverossia in quella zona "privata" che permette di riflettere sulla propria identità , senza condividere la vita pubblica degli altri. Come se le due cose potessero essere disgiunte.
Per questo, mi si dice, tanti comici ex-scardinatori di potenti hanno preferito ripiegare su una pavida satirella di "costume", che giochicchia coi tormentoncini facili-facili, che compiacciono le menti intorpidite dalla digestione. Gli stessi che sino a poco tempo fa, ed erano i primi anni 90â?? (un decennio, non un millennio fa), facevano i protagonisti in films dâ??autore e dâ??impegno (lo so, la parola oggi "suona" strana) e che riempivano coi loro concerti Festivals e Palasport, gli stessi che coi loro monologhi irriverenti andavano dritti al "nervo del problema". E quelli che disegnavano vignette allâ??acido ? E quelli che scrivevano libri "mozzafiato", gravidi di contenuti ? E le collane che li pubblicavano ? Che accidenti gli è successo a tutti ?
Ad eccezione di quei tre o quattro "coraggiosi" che hanno riempito le cronache recenti, gli altri si sono perversamente impigriti o il timore di un eventuale e possibile ostracismo li ha imbrigliati in una rigida autocensura preventiva. Hanno così potere dunque quei timidi assessori di provincia che oggi assegnano gli spazi "pubblici"? O è il timore di quei pochi dirigenti mediatici ancora in grado di scegliere autonomamente i programmi, che fa cambiare rotta alla creatività ? Chi sono : gli agenti, gli impresari, le agenzie a far pressioni in tal senso ? Sono le case discografiche, le case editrici, i gruppi editoriali ?
Eâ?? sufficiente la paura di perdere tutte queste opzioni a bloccare un sentimento nobile e fiero come "lâ??appartenenza"? Già : lâ??appartenenza. Qualcosa che per qualche ingenuo vale come la propria stessa identità . Come la propria famiglia. Come gli affetti più cari. Perchè, come per gli affetti, anche nellâ??appartenenza ad un â??idea, câ??è parte della nostra anima. Delle nostre convinzioni. Câ??è parte delle scelte per cui ogni giorno, ognuno di noi paga i suoi prezzi.
Qualcosa per cui un individuo si riconosce con gioia in un suo simile. Che la pensa, più o meno, come lui. Di cui ritiene lecito condividere le speranze e le idee. E magari criticarne le decisioni. "Lâ??appartenenza". In omaggio alla quale, mica si chiedono gli atti eroici dei tempi di guerra ma almeno il piacere euforico, il "coraggio" della rivendicazione.
Lâ??appartenenza. Qualcosa che si colloca in alto, vicino alla libertà , per intenderci. Ed anche allâ??amore. Perche "lâ??appartenenza" è condivisione di progetti. E questo è il significato più profondo della parola amore. Che non è solo andare allo stadio a tifare per la squadra del cuore. Eâ?? anche quello. Ma non solo. Eâ?? qualcosa che sarebbe bello il nuovo anno ci portasse. Se lâ??abbiamo smarrita, in uno dei tanti supermarket. Per aiutarci a sciogliere questo "blob" untuoso ed appiccicaticcio di insoddisfazione perenne e dâ?? indifferenza insidiosa che molti di noi si stanno rassegnando a tenersi addosso : come un nuovo montgomery, un eskimo o una grisaglia con polsini, cravatta e fazzolettino in tinta. Portata sotto. Nel senso della pelle. E dunque nelle ossa. Che è cosa triste. E francamente insopportabile.
Ma forse non è così. Forse lâ??esercito degli "invisibili" sta per rientrare nel proprio corpo e sta per rimettersi a remare. Forse lâ??incantesimo è finito. Chissà forse il canto delle sirene sta davvero per terminare. Ed Ulisse ed i suoi, e noi con loro, possiamo liberarci dal palo e riprendere a vogare a pieno ritmo. In maniera contagiosa. Insieme a tutti quanti gli altri. Perchè "lâ??appartenenza è avere gli altri dentro di sè", diceva Gaber. Che è lâ??unica maniera per moltiplicare le forze e tornare più in fretta possibile nella nostra Itaca. Al ritmo di battute insistenti e di una nuova rotta, e dunque, fuor di metafora, in nome di un chiaro progetto politico. Da sbandierare senza timore. Noi, di sinistra.