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Articolo 21 - Editoriali
Una norma «tecnica» che azzera la ripubblicizzazione di Napoli
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di Corrado Oddi*

In molti si sono cimentati nella discussione sulla discontinuità o meno del
governo Monti rispetto al precedente governo Berlusconi. Molto ci sarebbe da dire
in proposito, ma certamente non si sbaglia ad evidenziare come non sia cambiato il
metodo di accreditare ipotesi e regolarsi sulla base delle reazioni che esse
suscitano. Non si può pensarla diversamente rispetto al fatto che nella giornata
di ieri sono girati varie versioni sul presunto testo del decreto legge sulle
liberalizzazioni che il governo dovrebbe varare il prossimo 20 gennaio.

Non è certamente un bel modo di fare la discussione, ma si rischia di non potersi
sottrarre a quest’esercizio poco edificante se il governo sceglie di non
confrontarsi con i soggetti che sono portatori delle varie istanze e
rappresentanze sociali. Questo vale anche sul tema dei referendum del giugno
scorso sull’acqua pubblica: subito all’indomani dell’insediamento del governo
Monti il Forum dei movimenti per l’acqua ha chiesto un incontro con il Presidente
del Consiglio per poter discutere sull’applicazione e il rispetto dei due
referendum che hanno sancito che la gestione del servizio idrico deve essere
pubblica e che su di esso non si possono fare profitti.

Questa nostra richiesta è stata del tutto ignorata; in compenso, ieri ci è toccato
leggere un testo del presunto prossimo decreto del governo che all’art. 20
contiene una dizione molto tecnica, ma che assesta un colpo molto pesante alla
volontà referendaria espressa dalla maggioranza assoluta dei cittadini italiani.
Lì si dice che le Aziende speciali, soggetti di diritto pubblico e non società per
azioni che operano allo scopo di produrre utili, sono abilitate a gestire solo
servizi pubblici «diversi dai servizi di interesse economico generale».

Uscendo dal tecnicismo, il governo vuol dire che il servizio idrico, considerato servizio
di interesse economico generale – anche se ci sarebbe molto da dire su ciò –
potrebbe essere gestito solo tramite gara o da società per azioni, eliminando il
punto più importante dell’esito del primo referendum sull’acqua, quello che ha
nuovamente reso possibile una gestione realmente pubblica del servizio idrico
stesso. Per dirla in un altro modo, si vuole cancellare l’esperienza che ha
iniziato il Comune di Napoli, trasformando la società per azioni a totale capitale
pubblico che gestisce il servizio idrico in Azienda speciale, e che potrebbe
interessare in tempi brevi la gran parte del nostro Paese. In più, il presunto
testo del decreto rafforza la volontà privatizzatrice in materia di trasporto
pubblico locale e ciclo dei  rifiuti che era già stata messa in opera con la
manovra dell’estate scorsa del governo Berlusconi, che contravveniva platealmente
con il risultato referendario. Infine, si continua a non dare applicazione al
fatto di togliere la remunerazione del capitale investito dalle tariffe del
servizio idrico, non rispettando così quanto dettato dalla stessa Corte
Costituzionale sul secondo quesito referendario.

È bene che il governo cambi completamente rotta: cancelli i provvedimenti
ipotizzati sulle Aziende speciali, consideri il ruolo fondamentale svolto dai
servizi pubblici locali anziché lavorare per la loro privatizzazione, dia
applicazione all’eliminazione del profitto sulle tariffe, si confronti con chi
rappresenta la volontà di 26 milioni di cittadini. Come è necessario che le forze
politiche e sociali si pronuncino in modo chiaro per evitare che sia inferto un
grave colpo alla democrazia nel nostro Paese. Si sappia che, comunque, la
mobilitazione del popolo dell’acqua è già in corso e si intensificherà nei
prossimi giorni, con iniziative in tutto il Paese, con la campagna di obbedienza
civile per il ricalcolo delle bollette, con l’azione perché si affermi una
gestione realmente pubblica del servizio idrico.


* Fp Cgil – Forum italiano movimenti per l’acqua

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