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Articolo 21 - Editoriali
Il mio amico spread
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di Andrea Alicando*

Il differenziale tra i titoli di Stato italiani e i bund tedeschi negli ultimi due mesi è diventato in Italia un soggetto politico fondamentale. L’emergenza economica, pompata a dovere dai quotidiani, è stata il principale sponsor del governo dei professori. Più dei partiti, addirittura più di Napolitano, lo spread è sembrato il vero mentore di Monti e dei suoi ministri. Fino a novembre i media hanno dedicato alla salita dello spread prime pagine e speciali, approfondimenti e dibattiti. Lo spread era diventato una parola d’uso comune, probabilmente utilizzato anche dal fruttivendolo per giustificare l’aumento delle zucchine. Poi Monti ha accettato l’incarico, ha giurato, si è insediato, ha varato la manovra, sta pensando alla ‘fase2’. Solo che lo spread non se n’è accorto e ormai si è stabilizzato sopra quota 500. Senza clamore, però, senza la grande attenzione mediatica di un tempo, senza l’onore delle prime pagine, a meno che non se ne potesse proprio fare a meno. Qualche titolo nelle pagine interne, certo, ma niente di sensazionale. Con Berlusconi al governo, le opposizioni hanno brandito lo spread come una clava. Hanno utilizzato (giustamente) la consolidata tecnica di attribuire al governo le responsabilità di un fallimento. Lo hanno usato un po’ come Berlusconi ha usato i sondaggi: per rafforzare una tesi, per creare un ‘mood’ favorevole al proprio schieramento, per supportare con i numeri una tesi, per far calare la fiducia nell’avversario. Oggi fa lo stesso chi si oppone al governo Monti, ed anche quanti nel Pdl lo sostengono senza entusiasmo, chiedendo polemicamente come mai, caduto Berlusconi, lo spread sia ancora lì in alto. Ma i risultati sono molto diversi perché l’attenzione è molto minore. L’emergenza economica c’è, è innegabile, ma viene anche da chiedersi quanto il sistema dei media, che non è certamente avulso da interessi e logiche di potere, abbia contribuito ad orientare le scelte politiche e quanto a far passare alcune soluzioni come le uniche praticabili, riducendo gli spazi di confronto e di dibattito.

* pubblicato su  GLI ALTRI

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