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Articolo 21 - Editoriali
Alla Rai non serve il latte scaduto
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di Bruno Mobrici

Domanda da mille euro. Chi proclamò qualche tempo fa con lucido cinismo che la missione principale della televisione è quella di fabbricare ??la disponibilità cerebrale? per gli inserzionisti, commerciali o politici che siano?
Non siate precipitosi nella risposta, potreste pentirvi. Darò conto più avanti, perché tutto ha un senso, come quello di un mondo - televisivo appunto - dove si parla sempre più di mercato ma non di società, di consumatori ma non di cittadini, di desideri e non di bisogni, di prezzi e non di valori, di quantità e quasi mai di qualità.
La cosa vista così (e siamo molto prossimi alla realtà) mi induce a pensare che il rinnovato interesse per la RAI potrebbe significare voler ??mantenere? o voler ??riavere? il controllo della comunicazione pubblica in tutta la sua declinazione.
Le future nomine per il nuovo consiglio di amministrazione della RAI costituirebbero dunque la stratificazione moderna del potere della politica e la ??riaffermazione? della sua necessità .
Siamo sinceri! La premessa è vera, la conclusione anche, ma è tutto quello che c'è nel mezzo (e mai dichiarato per tornaconti di bottega) che va rivisto senza pudori, senza infingardaggine, senza pregiudizi culturali o di censo. Basta con il dare tutte le colpe alla politica e poi bussare alla porta dei politici. Usciamo una buona volta dall'equivoco e ciascuno faccia in futuro la propria parte con decoro, con rispetto e con la presunzione di voler contribuire alla certezza di poche ma necessarie regole. Mi risulta che alcuni siano già su questa strada; ma occorre un largo consenso.
Un primo elenco di nuovi comportamenti responsabili riguarda proprio il pezzo forte del servizio pubblico, l'informazione.
Sto pensando, ad esempio, alla necessità di dover mettere mano quanto prima a regole che riguardano la trasparenza e la progressione delle carriere dei giornalisti, i poteri dei direttori e i criteri delle loro nomine, la funzione del sindacato, i doveri del servizio pubblico, gli obblighi dell'editore, la responsabilità morale e materiale dei dirigenti nel lavoro quotidiano e non solo di costoro, l'etica disattesa, i conflitti di interesse, l'abuso del potere, il rispetto per il lavoro e per il lavoratore, la tensione fra politica e informazione.
Per il momento devo prendere atto che il solo gesto di rinnovamento viene proprio dal mondo della politica, ed è un punto senza ritorno.
Lo ha fissato, a mio giudizio molto bene, il segretario dei DS Fassino, quando ha detto al centro destra: ??Facciamo un nuovo consiglio di amministrazione della RAI che garantisca tutte le parti per l'intero mandato, e il centrosinistra si impegna a non modificarlo anche in caso di vittoria alle prossime elezioni?.
Bene, avvenga questo anche nelle reti, nelle testate giornalistiche, nelle redazioni, negli uffici di viale Mazzini, nelle sedi regionali. Che senso avrebbe rappresentare una Azienda con una ??nuova politica ideale? e poi vendere quotidianamente il prodotto di una realpolitik che è sotto gli occhi di tutti e per di più con la data di scadenza al limite.
Voi comprereste mai del latte per domani, che è scaduto ieri?
Ebbene, nella percezione di ciascuno di noi la RAI è la stessa cosa.
Voglio dire che il nuovo Consiglio di Amministrazione della RAI non potrà pensare che basta aggiungere qualche posto a tavola per tacitare una situazione progettuale che è giunta un po' per tutti al capolinea. Lo sanno i dirigenti, i giornalisti, i lavoratori, i precari, questi ultimi tanti, tantissimi e in condizione di grave disagio.
Senza scomodare Marx che si chiedeva a quale classe aveva dato origine la macchina a vapore, mi chiedo però con qualche ansia a quale società dell'informazione o dell'intrattenimento vuole dare seguito la nuova RAI.
Mi domando se abbiamo tutti ben presente l'importanza dell'informazione come risorsa chiave non del consenso (politico o commerciale che sia), ma del concetto organizzativo sociale.
Per chiarezza di esposizione propongo una cosa soprattutto: impegnare il prossimo Consiglio di Amministrazione a ??costituzionalizzare? il servizio pubblico della RAI, rendendolo esplicito, autorevole, indispensabile, garante di una democrazia alta.
Ecco allora, il bisogno di telegiornali profondamente diversi, di un senso della pluralità incrociata con la visione del contesto, di strategie economiche combinate con le convinzioni etiche.
La RAI richiami le importanti esperienze troppo presto ??pensionate? o messe in disparte, al fine di recuperare una sapienza televisiva che nessuno sa più insegnare, perché ignorata del tutto.
La si trasmetta a tanti giovani, che vogliono trovare nel lavoro un motivo di crescita personale e aziendale. E poi gli appalti, le consulenze, gli amici, le amiche?..
L'epoca della ??disponibilità cerebrale? per inserzionisti è finita. E quando sarà morta, potremo dire che la televisione del servizio pubblico è nuovamente viva.
Dimenticavo: l'uomo che proclamava la missione della televisione per gli scopi di cui sopra è l'ex presidente di TF1, importante televisione francese.
??Quando è troppo, è troppo?, titolò un giornale parigino. Ma tutto finì li.
Proprio di questo ho paura.
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