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Articolo 21 - Editoriali
Scenari inquitenati
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di Montesquieu

Sono bastati cinque o sei giorni di "ritorno alla politica" - intesa come attività di politici, e null'altro che le assomigli per forma e contenuto - per intravedere sullo sfondo scenari inquietanti che sembravano alle spalle grazie al concorrente contributo di che è entrato al governo e di chi ne è uscito.
Sullo sfondo  degli scenari inquietanti c'è il  vicinissimo semestre bianco, in cui le camere non possono essere sciolte e si possono ricreare le condizioni del baratro sottostante come prospettiva  anche del governo oggi in carica. Con il risultato di smacchiare il precedente esecutivo delle ultime tracce di una responsabilità che, almeno come servizio ai cittadini elettori, era dovere tenere oggettivamente  viva; con l'altro risultato di omologare vecchio e nuovo governo, di predisporsi ad una campagna elettorale all'ultimo voto, densa di tutti i peggiori  istinti e di tutte le più artificiali paure.

C'è un solo modo per evitare questo scenario, nel brevissimo tempo a disposizione: formare una maggioranza di parlamentari e non di partiti. Soluzione in perfetta linea con la Costituzione, e con il suo art .67, e con il momento di eccezionale  transizione politica  e istituzionale che il paese attraversa. Mettere a prova  la tenuta dei partiti dalle spinte centrifughe, che si possono manifestare solo fino a quando è possibile lo spettro dello scioglimento anticipato delle camere, anche se con la perdita di soli pochi mesi di mandato.

Un'impresa difficile, ma a rischio necessario. Difficile anche perchè rappresenta un rovesciamento repentino della strategia di tenere assieme a tutti i costi i due, ormai tre raggruppamenti politici consistenti, per sostituirla con un appello responsabile ai singoli parlamentari .  Difficile da quando si è capito che il " quid"  forse mancante al capo formale del Pdl era la  capacità di difesa degli interessi del capo sostanziale prima di quella del paese ; difficile perché il tentativo, temerario, di ritornare alla guida di un paese di nuovo sull'orlo del baratro è un rischio minore di quello di avere un governo risanatore del paese e in grado, o nella necessità, di difendere l'interesse collettivo dai configgenti interessi particolari.

Il semestre bianco è quello in cui si può tenere in vita vegetativa un governo che non può morire, con il laccio stretto al collo e i margini di manovra in mano altrui. Sei mesi che possono essere eterni, per far maturare i tempi di una campagna elettorale nella quale vedersela con il tradizionale, già battuto, altrettanto impopolare avversario. Sei mesi senza i tradizionali impedimenti alla propria disinvoltura: il capo dello Stato ormai inerte, la stessa Europa , ormai  nuovo risolutore di problemi interni dei singoli paesi, o almeno segnalatore; sei mesi in piena libertà, la libertà agognata da chi ha  sempre teorizzato un impianto costituzionale basato sui rapporti di forza anziché su quelli delle relazioni costituzionali.

Il governo Monti, anziché sfuggire ai temi inaccettabili a questo o quel partito ,dovrebbe porli nell'agenda con la priorità che deriva dalla necessità di affrontarli a camere ancora suscettibili di scioglimento. Compresa la legge elettorale , nei limiti consentiti ad un governo dedicato al superamento delle emergenze ,non solo economiche: quello della restituzione del maltolto agli elettori. L'emergenza è questa  ,non la scelta tra sistemi elettorali.
Compreso la lotta senza quartiere a tutte le concentrazioni, senza la quale è grottesco parlare di liberalizzazioni, impossibile con il consenso dei partiti (o almeno di tutti i grandi partiti)  ,forse possibile rivolgendosi ai mille parlamentari .Oggi ,prima che scatti il famigerato –in questa specifica situazione –semestre bianco.
Compresi gli interventi sul funzionamento della giustizia che ci facciano assomigliare ai paesi europei ,soprattutto a contrasto di un livello di corruzione che è il primo impaccio allo sviluppo economico e al ritorno dei capitali stranieri.
Così ,per fare degli esempi ,che un governo tecnico non in cerca di consenso futuro non può esimersi dall'affrontare. Così ,per giudicare la tenuta dei partiti al di fuori dai vincoli e dei ricatti che hanno tenuto incollati quelli che la Costituzione vuole uomini liberi e rispettabili ,i parlamentari.

Si facesse questo, andrebbe come andrebbe ,probabilmente meglio che tirare a campare anziché tirare le cuoia : che è triste per un governo politico ,imperdonabile per una compagine di tecnici di pronto e risolutivo intervento.
Sarebbe finito il ruolo dei partiti? Forse il contrario ,dovendo convincere i propri deputati e senatori anziché trascinarli al guinzaglio. Dovendoli persuadere della bontà delle proprie politiche  ,anziché  premere il bottone del comando. Potendo ,finalmente ,vederli all'opera senza rete sul tema dei conflitti di interesse:ad esempio ,il conflitto ,non minore di quello portato ad emblema in questo ventennio, tra monopolio delle nomine in capo ai partiti e interesse collettivo ad una buona dirigenza pubblica ,e non solo.
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