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Articolo 21 - Editoriali
Articolo 21-Articolo 18: libertĂ  fondamentali e democrazia economica a rischio.
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di Gianni Rossi

 

Lo scoglio delle sirene dove si abbattono le fragili navi dei governi italiani è sempre lì  e ancora non si intravvedono né Ulisse né gli Argonauti per aggirarlo. E’ bastato un invito a doppiare il capo Miseno della burrasca, tra le onde increspate della riforma RAI e la crisi della Giustizia, che le infide sirene hanno rigettato tra i marosi il traballante naviglio del governo della destra tecnocratica di Super-Mario Monti.

Da oltre 20 anni, da ancora prima che Berlusconi “scendesse in campo” con le sue aziende, i suoi miliardi e le sue potenti amicizie, questo paese non è riuscito a creare una legislazione che tutelasse alcune libertà fondamentali: come il diritto alla libera e plurale informazione, la tutela dell’autonomia della magistratura, l’abolizione dei conflitti d’interessi, una severa legislazione antitrust, l’allargamento della democrazia economica.

A nulla sono valsi i governi tecnici di Amato, Ciampi e ora Monti, così come quelli usciti dalle vittorie del centrosinistra, guidati da Prodi. Lo scoglio delle sirene è sempre lì a ricordarci che l’Italia è un paese ancora immaturo, a sovranità limitata. E che solo l’intervento esterno, con manovre finanziarie o con dossier segreti, può modificare gli assetti di potere.

 

 

Le recenti deliberazioni dei giudici della Corte costituzionale sul blocco dei referendum elettorali, della Cassazione sul processo Dell’Utri, del Tribunale di Milano sul caso Mills-Berlusconi hanno il sapore amaro di mandorle antiche: la giustizia italiana si allinea ai “poteri forti”, appena questi riprendono in mano saldamente le redini. Le ricette iperliberiste per ridurre il potere d’acquisto delle classi povere e medie, con i tagli alle pensioni, il blocco degli stipendi nella pubblica amministrazione, l’innalzamento di oltre 2 punti percentuali della pressione fiscale, da una parte, e il blocco di una fiscalizzazione patrimoniale sulle rendite finanziarie e immobiliari di lusso, di una tassazione europea sulle transazioni finanziarie, dall’altra; la determinazione a ridurre se non annullare le tutele dell’Articolo 18 dello Statuto dei Lavoratori, sono gli altri epifenomeni di questa arroganza del potere capitalistico nel pieno del suo tragico tramonto.

Come sempre, poi, il nodo gordiano resta l’assetto del sistema radiotelevisivo, la torta degli affari pubblicitari, il business che coniuga l’addomesticamento delle coscienze con il mantenimento del potere politico e affaristico.

 

 

La politica, quella gestita dai partiti che siedono in Parlamento, non è stata capace finora di offrire un’alternativa a questa deriva. I movimenti degli Indignati o espressione delle varie emergenze sociali (disoccupati, cassintegrati, studenti, ricercatori, metalmeccanici, agricoltori, precari) sembrano ristretti dentro le loro “gabbie rivendicative”.

Alcune voci istituzionali, fuori dal coro del Parlamento, del governo e dei grandi media, hanno lanciato l’ennesimo allarme sui pericoli per la nostra democrazia, sia economico-sociale sia per quanto riguarda la difesa delle libertà fondamentali: il Garante per la Privacy, la Corte dei Conti, ampi strati della magistratura inquirente, in prima fila nella lotta alla corruzione e alla criminalità organizzata.

Le ultime manovre decise dal governo Monti e ratificate da un’amia maggioranza parlamentare, con alla testa il centrosinistra del PD e il centro democratico del cosiddetto “Terzo Polo”, hanno creato le basi per una miscela sociale esplosiva: alta tassazione, scarsa efficienza nella lotta all’evasione ed elusione fiscale (nonostante le “sceneggiate mediatiche” di Fiamme Gialle e Agenzia per le Entrate), attacco all’Articolo 18 dello Statuto dei lavoratori e più in generale ai diritti del lavoro, come fossero merce di scambio, intrusività illegittima, senza precedenti nella nostra storia e in quella dei paesi maggiormente sviluppati, sui dati sensibili e privati dei contribuenti.

 

 

“E’ l’emergenza”, è stata la giustificazione. No! È solo incapacità di saper governare, rispettando le regole di una democrazia liberale e quelle sancite nella nostra Carta costituzionale. Molti limiti sono stati oltrepassati, anche quelli posti dall’Unione Europea, eppure non si vede all’orizzonte un movimento di protesta determinato, tranne alcune voci dissonanti, come quelle che da una decina di anni hanno sempre posto questi temi all’attenzione dell’opinione pubblica: Articolo 21 e Libertà e Giustizia, in primis.

Ancora troppo poche!

La crisi che stiamo attraversando non è solo economica, ma anche ideale, culturale e “di classe” (termine abusato negli anni post-Sessantotto, oggi invece desueto). E’ una crisi globale, che si combatte con le armi dei grandi media, attraverso TV, satelliti, agenzie, Internet, ma anche tramite i ricatti della finanza “creativa”.

Ecco, allora, che la difesa e l’estensione di alcune libertà fondamentali, come all’informazione e all’equità sociale e lavorativa, diventano obiettivi principali per una moderna sinistra riformista. Il resto, dalle soli-ipsiste costruzioni di nuove architetture costituzionali, alle teorie più o meno liberal-monetariste, alle “convergenze parallele” di alleanze tra partiti centristi decotti, è davvero aria fritta.

 

 

Dal 2008 ad oggi, dopo 4 anni di Recessione vera, sul baratro di una Depressione senza prospettiche vie d’uscita, l’agenda delle priorità politiche torna al punto di partenza: o si cambia il mondo della comunicazione e si ampliano i diritti sociali oppure saremo facili prede del Grande Fratello.

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