di Silvana Pisa
Ieri alla Camera è passato un emendamento di tutta lâ??opposizione che ha bloccato la normativa che riguarda il codice penale militare di guerra.
Il voto espresso dallâ??aula è stato importante non solo perchè ha fermato una riforma gravissima, che proponendosi di applicare il codice di guerra automaticamente a tutte le missioni allâ??estero, indipendentemente dalla loro natura (umanitaria, peace-keeping, peace-enforcing), avrebbe reso la guerra un fatto normale e ordinario (violando gli articoli 11, 78 e 87 della Costituzione), ma perchè ha opposto uno stop anche alle limitazioni della libertà allâ??informazione previste dal provvedimento in palese contrasto con lâ??art. 21 della Costituzione. Lâ??articolato del codice penale militare di guerra prevedeva che le missioni allâ??estero fossero divise in due categorie: quelle ad alta intensità (Afghanistan e Iraq) e quelle a bassa intensità (tutte le altre).
Mentre per le seconde i reati previsti dal codice militare di guerra del â??41 (procacciamento e diffusione di notizie non solo segrete ma anche riservate) valgono solo per i militari, per le missioni ad alta intensità questi reati valgono per â??chiunqueâ?: operatori umanitari delle ong, lavoratori civili e naturalmente giornalisti. Nelle missioni in Iraq e in Afghanistan dunque, la costituzione repubblicana è abolita e si ritorna al codice fascista del â??41: se, per esempio, un giornalista diffonde notizie â??riservateâ? sullo stato di salute dei militari, sarà punito con una pena che va da 5 a 20 anni da scontare in un carcere militare (in barba allâ??articolo 103 della Costituzione che prevede che, â?? in tempo di pace,- la giurisdizione militare si applichi esclusivamente ai militari!). Questo nonostante il ministro Martino in audizione in commissione Difesa il 2 febbraio 2005 avesse dichiarato â?? il progetto di legge non contiene alcuna disposizione che possa produrre riflessi negativi di sorta sulla libertà di manifestazione del pensieroâ?.
Sottolineiamo che la normativa proposta dal governo risulta molto più restrittiva di quella di qualunque altro paese europeo: in Europa per lo più sono solo le legislazioni penali ordinarie, e solo in casi estremi, a prevedere per i civili (e quindi anche per i giornalisti) reati riguardanti la diffusione di notizie sulle attività delle Forze Armate.
Avere fermato un provvedimento così grave, pericoloso e incostituzionale è stato merito di un lavoro collettivo svolto dai deputati dellâ??Unione insieme ai Cocer, ai magistrati e giornalisti democratici, al movimento pacifista.