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Articolo 21 - Editoriali
Storia di due donne in Afghanistan
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di Mimosa Martini

Si chiamava Shaima Rezayee e ha avuto l'amaro destino di essere uccisa mentre un'altra donna veniva rapita. Una giovane afgana e una giovane italiana, Shaima Rezayee la musulmana e Clementina Cantoni l'occidentale. Triste e amaro destino finire con una pallottola sparata a bruciapelo contro la testa quando tutti i riflettori sono accesi su un'altra emergenza.

Che ha messo tragicamente una donna contro l'altra, persone pesate in quanto notizie. Shaima Rezayee conduceva un programma televisivo musicale, un programma di successo che si chiamava "Hop" e piaceva ai ragazzi di Kabul. Tanto da essere presto diffuso anche nei dintorni della capitale. Ce n'era abbastanza da far arrabbiare i fondamentalisti che ancora dettano legge in Afghanistan. Pensate: la musica, bandita in toto dai talebani e per giunta quella occidentale; presentata da una donna, che non dovrebbe lavorare e neppure farsi vedere in giro da sola; una donna con il volto scoperto, seppure sul capo portasse l'hijab.

Shaima Rezayee è stata uccisa con un colpo di pistola alla testa all'età di 24 anni, il suo corpo senza vita portato all'ospedale di Emergency a Kabul. Ma la sua storia, come quella di tante donne afgane è rimasta oscurata, che triste destino, dalla storia di Clementina Cantoni, che quelle donne, anzi le più emarginate, vessate e punite tra le afgane, le vedove, ha aiutato per oltre due anni fino a pochi giorni fa.

Eva contro Eva, finisce sempre così nel mondo che pesa costantemente le donne: quando cominciano a contare qualcosa di più, quando osano esprimersi senza farsi portavoce di altri, quando tentano di esistere in quanto persone.
Improvvisamente torniamo a ricordarci che l'Afghanistan è un terreno a forte rischio, una polveriera tutt'altro che pacificata, un terreno pericoloso per gli occidentali ma anche per i suoi abitanti. Comunque sempre per le donne.

Quelle che osano togliersi il burqa, quello azzurro o quello trasparente. Improvvisamente ci accorgiamo anche che i morti ammazzati e i rapiti, in Afghanistan, in Iraq, cominciano a far parte del nostro orrore quotidiano. E se ancora smuovono le coscienze, cominciano a scuotere meno le nostre emozioni, non abbastanza almeno da interrompere la routine quotidiana e scendere in piazza per non lasciarli, lasciarle, da soli. Le tante Rezayee ancora vive, Clementina, e Florence Aubenas.

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