Clicca qui per il nuovo sito di Articolo 21 »
Ricerca con Google
Web articolo21.info
 
 
Articolo 21 - Editoriali
Invitare allâ??astensione è incostituzionale
Condividi su Facebook Condividi su OKNOtizie Condividi su Del.icio.us.

di avv. Giovanni Moscarini

Nei numerosi dibattiti sul referendum sulla procreazione assistita che si susseguono in questi giorni i fautori del â??siâ? criticano la posizione assunta dai difensori della legge, lâ??invito espresso allâ??astensione, definendola un atteggiamento opportunistico, moralmente scorretto, volto a sfruttare a proprio vantaggio il naturale tasso di astensione insito in qualsiasi tipo di consultazione elettorale.

A queste accuse gli astensionisti replicano affermando sempre lo stesso concetto, e cioè che la loro posizione, al di là dei giudizi morali, più o meno condivisibili, è e resta costituzionalmente legittima, perché il nostro ordinamento riconosce a ciascun elettore non due ma tre opzioni: votare si, votare no o, appunto, astenersi.

A questa affermazione nessun commentatore, neppure il più accanito difensore dei quesiti referendari, ha mai mosso alcuna contestazione, dando per scontato che, per lo meno su un piano strettamente giuridico, la tesi sia legittima.

Ma così non è.

Lâ??invito allâ??astensione non è una scelta discutibile solo su un piano etico: contrariamente a quanto comunemente si crede, essa risulta in aperto contrasto anche (e soprattutto) con la nostra Carta Costituzionale.

Lo scopo degli astensionisti, come noto, è far fallire il referendum, cioè impedire il raggiungimento del quorum.

Ebbene, una simile scelta, lungi dallâ??essere garantita dalla Costituzione, come i più ritengono, ne viola direttamente i principi, o, meglio, comporta uno stravolgimento della volontà in essa espressa dal legislatore costituzionale.

Lâ??art. 75 Cost., nel prevedere che la consultazione referendaria è valida se vi ha preso parte la maggioranza degli aventi diritto, contiene una prescrizione che ha un significato univoco: il referendum non ha effetto se la maggioranza degli italiani ha dimostrato disinteresse verso il quesito propostole, se il numero di coloro che hanno espresso unâ??opinione non è sufficientemente significativo da poter rappresentare la volontà dellâ??intera popolazione.

La ratio sottesa alla norma, dunque, è una ed una soltanto: il legislatore costituzionale ha ritenuto che per considerare significativa una consultazione referendaria è necessario che almeno la metà degli italiani più uno esprima un proprio orientamento sul quesito.

Ora, è pacifico che una norma della carta costituzionale non può essere letta da sola, prescindendo dalle altre; nel nostro caso, lâ??art. 75 cit. non può non essere interpretato anche alla luce dellâ??art. 48 della Costituzione, secondo cui lâ??esercizio del voto è un â??dovere civicoâ?.

Ebbene, alla luce di tali due norme, con lâ??invito allâ??astensione i difensori della legge sottoposta a referendum provocano un vero e proprio stravolgimento dellâ??impianto costituzionale, e forzano unâ??interpretazione dellâ??art. 75 della Costituzione che è certamente contraria alla sua reale portata.

La cosiddetta astensione attiva, e cioè il non andare a votare al preciso scopo di far fallire il referendum, invero, non è lâ??astensione cui fa riferimento lâ??art. 75 Cost.: in comune esse hanno solo il nome, perché secondo la logica del legislatore costituzionale lâ??astensione attiva equivale in tutto e per tutto ad unâ??espressa manifestazione di voto.

In poche parole, gli autori della nostra Carta Costituzionale hanno previsto un quorum del 50% + 1 dei voti perché non hanno neppure pensato allâ??astensione come possibile indicazione di voto, come espressione di un preciso orientamento sul quesito, come equivalente o, meglio, come sostituto del â??noâ?.

Ed essi non hanno neppure preso in considerazione un simile scenario perché nel precedente art. 48 avevano già chiarito che il voto è un dovere civico, che gli elettori devono comunque andare alle urne; in poche parole, che non si può votare non andando a votare.

Eâ?? chiaro, quindi, che il legislatore costituzionale non avrebbe mai consentito una simile interpretazione dellâ??art. 75, e se avesse immaginato lâ??â??usoâ? illegittimo che se ne sta facendo nellâ??ultimo periodo avrebbe certamente trovato soluzioni alternative per evitare che si creassero situazioni paradossali - ormai ricorrenti - nelle quali un referendum fallisce anche se, in concreto, ha manifestato il proprio orientamento sul quesito una larghissima maggioranza degli italiani.

Per ovviare a simili scenari, che sono in aperto contrasto con lo spirito delle norme costituzionali citate, ad esempio, si sarebbe potuto abbassare il quorum, o, ancor meglio, si sarebbe potuto prevedere che il quesito si intende approvato ove si sia espressa in suo favore la maggioranza dei votanti che rappresenti anche una determinata percentuale degli aventi diritto al voto (ad esempio il 40%).

Ebbene, simili rimedi sono estranei alla Costituzione non per una scelta consapevole dei suoi Padri, ma solo perché al momento della redazione della Carta Costituzionale la cosiddetta astensione attiva non era stata neppure ipotizzata, né tanto meno appariva legittimamente configurabile, essendo esclusa dallâ??art. 48 e dallâ??indicazione in esso contenuta dellâ??esercizio del voto come dovere civico.

La norma penale di cui si è a lungo trattato in questi giorni, quella che punisce i Ministri di culto ed i principali rappresentati delle istituzioni che, abusando della loro posizione, invitano allâ??astensione, non risulta affatto assurda o incostituzionale come è stato da più parti affermato in questi giorni. Essa, forse, può essere criticata nel merito per la severità della sanzione prevista, ma è del tutto coerente con lâ??impianto costituzionale sopra descritto, si inserisce perfettamente in un contesto in cui lâ??esercizio del voto è un dovere civico ed i referendum non sono validi soltanto se la maggioranza degli italiani ha manifestato un reale e sincero disinteresse nei confronti del quesito.

Se un rappresentante delle istituzioni, approfittando dei suoi poteri e della sua carica, invita gli elettori allâ??astensione, non esprime un legittimo orientamento di voto, come si è spesso ripetuto, ma spinge i cittadini a violare lo spirito e la ratio dellâ??art. 75 Cost., invita di fatto ad â??ingannareâ? la volontà espressa nella carta costituzionale, per cui è più che comprensibile che lâ??ordinamento ne sanzioni il comportamento.

In conclusione, la Costituzione prevede, sia pur implicitamente, un vero e proprio divieto di invitare gli elettori allâ??astensione al fine di provocare il fallimento del referendum.

Lâ??invito allâ??astensione rivolto allâ??elettorato da movimenti di opinione, da esponenti politici, da rappresentanti del Governo, da alcune tra le più alte cariche istituzionali, etc., pertanto, lungi dal rappresentare una posizione giuridicamente lecita, o addirittura ineccepibile - come è stato più volte affermato - costituisce un atto illegittimo, perché comporta unâ??aperta e palese violazione dei principi della nostra Carta Costituzionale, che appare (se possibile) ancor più grave ove operata da rappresentanti delle istituzioni che proprio alla Costituzione hanno giurato fedeltà e che, per il ruolo che ricoprono, hanno il dovere di invitare i cittadini allâ??osservanza dei suoi principi, e non al loro aggiramento o, peggio ancora, alla loro violazione.

(giovanni@studiomoscarini.it)

Letto 1512 volte
Notizie Correlate
Audio/Video Correlati
Dalla rete di Articolo 21