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La casta dei militari
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di Stefania Limiti

La casta dei militari

Ma quanto ci costano le nostre Forze Armate? In tempo di crisi anche questo settore è investito dai tagli che penalizzano, fino ad ammazzarlo, il nostro Stato sociale? Dopo le due leggi finanziarie firmate dal governo Prodi che hanno fatto lievitare le spese militari del 22% (oltre 23 miliardi l’anno) quanti soldi sono arrivati alla Difesa? Una risposta dettagliata e completa arriva nelle librerie con il libro di Massimo Paolicelli, leader storico dell’obiezione di coscienza e del movimento pacifista, e Francesco Vignarca coordinatore della Rete italiana per il Disarmo. Si chiama Caro Armato ed è stato pubblicato dalle Edizioni Altraeconomia, una garanzia assoluta di indipendenza.

La crisi economica non ha investito il settore della Difesa. E’ vero, spesso si sentono dichiarazioni vittimistiche del ministro La Russa che aveva esagerato le pretese: all’inizio del suo mandato aveva detto di voler portare il rapporto tra il Bilancio del suo dicastero ed il Pil a 1,25 contro l’attuale 0,9. Tuttavia, nel 2010 le spese militari peseranno sui nostri esangui portafogli con oltre 23 milioni di euro: il nostro (povero) paese resta saldamente all’8° posto nella lista mondiale per spese militari, mentre collassano la sanità e il sistema giudiziario, mentre la cultura viene esplicitamente e senza vergogna mandata a farsi friggere da esponenti del governo in carica, mentre le nostre città profondano nel degrado.

I meandri delle tabelle finanziarie, si sa, sono pieni di sorprese: Paolicelli e Vignarca ci scavano dentro con la consapevolezza che il diavolo sta nei particolari.

Lo stanziamento complessivo del Bilancio 2009 della Difesa ammonta ad oltre 20 milioni di euro: non c’è nessun crollo. Alla funzione Difesa, cioè alle componenti terrestri, aeree e marine delle Forze Armate, vanno oltre 14 milioni di euro (lo 0,91% del Pil, contro lo 0,93 dell’anno precedente). Il nodo centrale è qui: i tagli, benché minimi, incidano sui nuovi reclutamenti, sulle esercitazioni e sulla manutenzione dei mezzi: nessuna cura è prevista, dunque, per i vertici militari (una cifra per tutti, il nostro esercito professionale conta 190.ooo uomini tra i quali il numero dei comandanti – 600 generali e ammiragli, 2.660 colonnelli e decine di migliaia di altri ufficiali – supera di gran lunga quello dei comandanti). Anzi, il generale Roberto Speciale, ex comandante generale della Guardia di Finanza, quello assolto dai giudici per aver fatto condurre con un elicottero spigole fresche (la sua difesa ha avuto buon gioco nel dire che non era un pasto privato), oggi parlamentare del Pdl, ha presentato una proposta di legge per aumentare lo stipendio dei generali di corpo d’armata con cifre che vanno dal 50 al 75%.

A fronte di tutto questo, sui sistemi d’arma non sono previsti certo risparmi: anzi, vanno avanti a gonfie vele il progetto della portaerei Cavour e delle fregate FREMM (568 milioni di euro) o quello per la costruzione del faraonico cacciabombardiere Joint Strike Fighter (13 miliardi di euro). Questi progetti, badate bene, sono finanziati ‘ a debito’ e, cosa rilevantissima, rappresentano proprio ciò che è diventato il nostro sistema di difesa: un modello aggressivo, finalizzato ai conflitti ad alta intensità e con capacità di proiezione in profondità, nulla che sia mai stato discusso, inutile ricordarlo, il parlamento. Un modello che non c’entra un bel niente con il peace keeping, parola usata ed abusata. Infine, esiste un’invisibile ma importantissima questione che non è mai stata affrontata: il ministero dello Sviluppo Economico prevede stanziamenti per la Difesa al di fuori della legge 436 (è del 1988 e ne regola l’approvvigionamento). Si tratta di soldi utilizzati in base a normative di settore e non sottoposte dunque all’esame preventivo delle Commissione Difesa di Camera e Senato. L’utilizzo di questi fondi è deciso solo dai vertici militari e da quelli dell’industria: due zone contigue i cui rapporti sono sempre più stretti tanto che molti alti ufficiali, alla fine della loro carriera, prestano la loro opera all’industria. Un altro evidente, insopportabile, conflitto d’interesse di cui sarebbe bene che il nostro paese si liberasse al più presto. 

 


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