di Eugenio Scalfari
da La Repubblica
Sembra abbastanza verosimile pensare, sulla base delle riflessioni avviate dopo l´esito del referendum sulla procreazione assistita, che l´elemento di maggior peso nel determinare un´astensione così massiccia sia stata la paura dell´onnipotenza scientifica e della manipolazione della vita umana. Per dirla in breve, la paura di un Frankenstein e dei mostri che possono esser fabbricati dalla sua mente e dalle sue mani.
Se questa spiegazione corrisponde alla realtà di quanto è accaduto ne deriva un´altra conseguenza, di carattere politico: l´intervento massiccio della Chiesa in favore dell´astensione ha sicuramente accompagnato ma non determinato il comportamento di un´ampia maggioranza di elettori, i quali hanno rifiutato il voto non tanto per ragioni di fede e tantomeno di razionalità quanto per timore di mettere a rischio la «naturalità» e l´immutabilità della nostra specie. Il fortunato slogan «sulla vita non si vota» nella sua icasticità esprime il concetto che non si vota sulla trasformazione della vita e dei connotati della specie.
Questo infatti è il fantasma che ha suggerito alla maggioranza degli elettori di disertare le urne.
Per alcuni di loro si è trattato di una scelta consapevole, per altri di un timore subliminale. La martellante predicazione dell´episcopato e dei parroci ha dato una spinta a una decisione presa indipendentemente, a una latenza divenuta esplicita nelle ultime settimane e addirittura negli ultimi giorni.
Lo stesso «vincitore», il cardinal Ruini, si è detto infatti molto colpito dalle dimensioni dell´esito referendario. Sicché stupisce la critica rivolta dal quotidiano della Conferenza episcopale a tutta la stampa italiana di non aver capito, anzi di non aver voluto capire quanto stava accadendo nel profondo della società. Lo stupore del presidente della Cei conferma invece che una scelta astensionista di quelle dimensioni non era percepibile neppure a chi aveva mobilitato 25 mila parrocchie, 25 mila antenne ben più capaci di ascolto di qualche decina di cronisti messi in campo dai giornali che, se avessero la stessa arroganza dei colleghi dell´«Avvenire» potrebbero sostenere di aver portato al voto 11 milioni di elettori, cioè molto e molto di più della diffusione complessiva dei quotidiani italiani. Ma queste sono beghe di cortile sulle quali non vale la pena di soffermarsi. In un bell´articolo intitolato «L´uomo e la paura dell´onnipotenza» pubblicato nei giorni scorsi dal «Corriere della sera» Claudio Magris ha affrontato il tema nei suoi giusti termini osservando che è vocazione della nostra specie di modificare la natura, la quale accoglie tali modifiche poiché è essa stessa ad averle rese possibili dando vita a un´infinita molteplicità di forme, ciascuna dotata - appunto dalla natura - delle proprie capacità. Di conseguenza, prosegue Magris, non esistono atti contro natura visto che è la natura stessa ad averli resi possibili.
Capisco che un simile modo di ragionare - che per quanto mi riguarda condivido interamente - possa apparire troppo alto, vagamente paradossale e comunque disadatto a dar conto dei sentimenti della società e degli individui che la compongono, plasmati da un deposito millenario di tradizioni culturali, di credenze religiose, di necessità di dare un senso all´esistenza di ciascuno.
Scrive Magris: «La nostra visione del mondo e il senso della nostra vita si fondano su un presupposto che probabilmente non regge ma a cui non possiamo rinunciare, ossia sulla distinzione qualitativa e assoluta tra l´uomo e il resto del creato. Questo postulato probabilmente non tiene ma non ne possiamo fare a meno. Se abbiamo, a torto o a ragione, l´impressione che qualcosa possa cambiare in quest´ambito essenziale della nostra umanità, ne siamo sgomenti».
Esatto. Penso anch´io che di questo si tratti, che queste siano le colonne d´Ercole da non varcare per non mettere in discussione il senso della vita che serve a rassicurare sul primato della nostra specie nel panorama della creazione e sul nostro destino salvifico e immortale. Per meglio suggellare il primato e la promessa d´immortalità la religione cristiana, unica tra tutte, ha posto al centro della sua rivelazione il mistero dell´incarnazione del Cristo e della resurrezione dei corpi.
La domanda che qui si pone è dunque la seguente: perché l´uomo sente il bisogno, anzi la necessità, di cercare un senso alla propria esistenza? Nessuna delle altre specie viventi avverte il problema del senso. Perché la nostra?
La risposta riguarda la struttura mentale umana, la sua capacità di pensare se stessa, di pensare il pensiero, di pensare l´astratto oltre che il concreto, di pensare per concetti oltre che per immagini. Noi sappiamo d´esser nati, sappiamo di crescere e d´invecchiare, sappiamo di dover morire. Viviamo non solo nella dimensione dello spazio ma anche in quella del tempo il quale presuppone il limite poiché l´eternità equivale all´annullamento del tempo.
Questa essendo la nostra struttura mentale, la ricerca di senso diventa un elemento fondante della nostra sopravvivenza come individui e come specie. Il «chi siamo, da dove veniamo, dove andiamo» costituisce uno dei fondamenti della nostra attività mentale che non possiamo eludere. Ma qui nasce anche la vocazione alla conoscenza.
Non è un «optional» quella vocazione. Fa parte integrante della nostra natura, della forma umana.
Del resto la Scrittura ne fa un caposaldo della sua narrazione. Il peccato dei nostri progenitori avviene nel momento stesso in cui essi mangiano i frutti dell´albero della conoscenza e vengono gettati nel mondo, nel tempo, nella storia, nel dolore dal loro stesso creatore e dalle spade fiammeggianti degli arcangeli.
Da quel momento la stirpe di Adamo porta impressa su di sé il peccato originale d´aver una mente consapevole e quindi, per definizione, non innocente. Solo il Figlio dell´Uomo, essendo il Dio incarnato, conserva l´innocenza monda dal peccato e sua madre Maria, senza peccato perché visitata dalla Grazia dello spirito santo. Così anche le anime assolte nel giorno del giudizio torneranno innocenti e godranno le beatitudini in cospetto alla pienezza di Dio.
Non è meraviglioso questo racconto? Non spiega pienamente la necessità di senso? Non consola dagli affanni, non rigenera le energie dello spirito e del corpo, non sollecita la nascita di una morale? E non è dunque spiegabile che il sentimento delle persone sia turbato quando l´avanzamento della scienza arriva al punto di potere intervenire sui meccanismi della riproduzione della specie manipolandone gli elementi costitutivi e sostituendosi in qualche misura al Creatore?
Né basta obiettare che la legislazione vieta ogni esperimento di clonazione rivolto all´eugenetica e consente la sperimentazione sulle cellule staminali soltanto per ragioni terapeutiche. Tutto ciò che è possibile diventa alla lunga lecito, sicché i fantasmi della manipolazione della specie non cessano di turbare le coscienze, suggerendo né più né meno che il divieto di portare avanti la ricerca su questo terreno suscitatore di incubi apocalittici.
Ma domando a mia volta: si può fermare con paletti politici e legislativi l´impulso verso la conoscenza? Questa è la domanda capitale cui occorre rispondere: poiché il bisogno di conoscere non è altro che una delle funzioni mentali della specie, si può accendere il disco rosso vietando quella funzione? Si può intervenire a colpi di maggioranza o in nome di un dogma o con la forza di un potere totalitario, bloccando il pensiero? Lobotomizzando la mente? Si può teorizzare un´operazione regressiva chiamandola risacralizzazione degli individui e delle società mentre altro non sarebbe che il ritorno forzato all´innocenza pre-adamitica? Il cristianesimo non clericale postula il ritorno all´innocenza alla fine dei tempi, quando cioè la specie sarà estinta perché consegnata alle beatitudini eterne.
Arrestare la conoscenza nel presente e nel futuro mentre il tempo, la storia, le consuetudini, la modernità, la memoria, continuano a evolvere incessantemente, non costituirebbe, questo sì, una manipolazione immensa contro la forma della nostra specie quale la conosciamo e quale è stata generata dal seme di Adamo deposto nel grembo di Eva?
* * * Proprio perché la conoscenza è una funzione basilare della nostra attività mentale e un connotato decisivo della nostra forma, essa sta a fondamento della riflessione filosofica ed ha alimentato una serie di miti. Nel cristianesimo costituisce uno degli attributi della divinità (onnisciente). Nel mondo degli dei olimpici si identifica con alcune divinità: Atena, Apollo e Dioniso (sotto forma di divinazione).
Nel mito appaiono le figure di Prometeo, di Sisifo e quelle di Dedalo e Icaro. L´epica omerica la celebra creando la figura di Odisseo, non a caso protetto da Atena e amato da Circe e da Calipso; il suo viaggio di esperienza, la sua discesa agli Inferi, infine il suo riecheggiamento medievale nel canto ventiseiesimo dell´Inferno dantesco («fatti non foste a viver come bruti / ma per seguir virtute e conoscenza») che lo porta al di là di ogni divieto, oltre le colonne «ove Ercole fissò li suoi riguardi / affinché l´uom più oltre non si metta».
Ma l´uomo ci si mette, oltre quei «riguardi»: affrontando il tormento perpetuo (Prometeo) e la morte (l´Ulisse dantesco).
Ci si mette inevitabilmente, perché quella è la sua natura alla quale non può abdicare senza snaturare se stesso.
Mi domando allora a che cosa miri la Chiesa militante del cardinal Ruini e, di sopra di lui, di Benedetto XVI, nel momento in cui vogliono mettere le brache morali alla ricerca scientifica. Si dice: a non sacrificare la vita di «fratello embrione». Risposta futile: gli embrioni attualmente congelati non hanno alcuna possibilità di essere impiantati nel grembo di donna e dunque sono condannati a morire. Perché dunque non dare un senso alla loro residua esistenza utilizzandone i tessuti per la ricerca? Si dice anche: il vero obiettivo è quello di bloccare la strada alla clonazione umana e all´eugenetica. Risposta ancora più futile perché quel divieto esiste già nella legge 40, sarebbe rimasto anche se i quesiti referendari fossero stati approvati e infine gli esponenti culturali e politici favorevoli al referendum avevano diffuso un documento firmato da tutti loro nel quale si confermava e si rafforzava il divieto ad ogni pratica di clonazione e di eugenetica.
Da queste osservazioni si arriva logicamente alla conclusione che gli obiettivi dell´impegno papale ed episcopale nell´occasione referendaria era e resta un altro. Cercai di indicarlo nell´articolo di domenica scorsa («Quando i miscredenti diventano clericali») e resto convinto che di quello si trattasse: compiere, attraverso un´astensione di massa rivendicata come adesione alle indicazioni morali della Chiesa, un passo decisivo verso l´egemonia dei vescovi e del Vaticano sulla classe politica italiana e sui governi che guidano e guideranno il paese, avendo di mira i temi della famiglia, dell´istruzione, della morale cattolica e del concreto potere politico della gerarchia ecclesiastica come ispiratrice principale e possibilmente esclusiva dell´azione pubblica.
In questo disegno la presenza dei laici, anche non credenti ma devoti alla forza culturale e «temporale» della Chiesa, è vista non già come un neo o una mosca nel latte, ma al contrario come un contributo decisivo dell´universalismo cattolico. Papa Ratzinger ha addirittura teorizzato, nel suo libro che sarà dopodomani nelle librerie, questa mano tesa della Chiesa verso i non credenti: «Aderite alla nostra morale indipendentemente dal tema dell´esistenza di Dio. Come se Dio non ci fosse. Ciò che conta è operare in concreto e in conformità alle indicazioni della Chiesa. Il tema di Dio verrà dopo e la morale comune avrà aperto la strada». Si può essere più tolleranti e «aperturisti» di così? E anche, se mi è permesso di dirlo, così blasfemi? Questo si chiama clericalismo, mondanizzazione della religione, secolarizzazione del sacro.
Quanto agli atei devoti, essi hanno colto al volo l´occasione e il ponte benedettiano l´hanno transitato con gratitudine. Un cattolicesimo senza Dio, che mette a disposizione uno scaffale di valori e soprattutto un´autorità che li gestisce e li presidia senza preoccupanti alternanze democratiche, ancorata ai dogmi e soprattutto infallibile, inamovibile e anticonciliare quanto basta rispetto al Vaticano II, non è il coerente traguardo dei laici devoti di una loro lunga marcia partita dallo stalinismo e approdata sulla banchina del Santo Uffizio dopo tappe intermedie nei moli del craxismo e del berlusconismo?
Sarà pure «roba forte», come essi stessi la definiscono con ostentata ghiottoneria, ma abbastanza ripugnante al palato. Non discende né dalla patristica né dalla tomistica né da Bonaventura né da Anselmo e neppure da Loyola. Ricorda piuttosto il cardinale di Retz e soprattutto il gesuitismo settecentesco che confessava (e assolveva) i re per carpirne i segreti e guidarne le mosse.
* * * Infine vorrei chiedere ai teologi che se ne intendono: l´embrione in quanto persona è già marcato dal peccato originale? E il feto durante la sua permanenza nel grembo materno? In quale momento dell´evoluzione biologica il peccato originale si imprime su quel grumo di cellule e poi sul nascituro già formato ma che ancora vive attraverso il cordone ombelicale materno e la placenta che lo racchiude? Sarà una curiosità inutile, ma mi sembra assai pertinente dal punto di vista dei diritti, per chi segue i dettami della Chiesa.
All´onorevole Casini avevo posto, nel mio articolo di domenica scorsa, alcune questioni delicate ma non ho avuto risposta. Ora ne propongo un´altra nella fiducia che il presidente della Camera voglia riscontrarla: l´onorevole Casini non vota nelle deliberazioni prese dall´Aula. Non c´è alcuna norma che lo vieti, ma normalmente avviene così.
Si fa per segno di rispetto verso le istituzioni. Ma lo stesso rispetto non comporterebbe che votasse nelle elezioni politiche ed anche in quelle referendarie? Magari scheda bianca, ma presente e non assente quando l´assenza è mirata a far vincere una tesi contrapposta ad un´altra.Grazie se vorrà rispondere.
Post scriptum. Si è finalmente conclusa la disputa, durata troppo a lungo, tra lo stato maggiore della Margherita e i prodiani co-fondatori di quel partito. L´equilibrio raggiunto sembra (si spera) abbastanza solido per consentire finalmente all´Unione di centrosinistra di lavorare ai temi che interessano tutti gli italiani.
Il paziente tessitore della soluzione finalmente raggiunta è stato Piero Fassino al quale va reso merito del positivo risultato. All´interno della lunga alleanza che va da Bertinotti fino a Mastella i Ds e il loro segretario si sono conquistati sul campo una posizione centrale che dimostra di essere il vero perno dell´intera coalizione.
Ora si mettano in moto tutti insieme in vista delle elezioni del 2006.