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Le tante verità sulla morte di Cucchi
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di Roberta Serdoz

Le tante verità sulla morte di Cucchi «Cucchi poteva salvarsi se gli interventi dei medici fossero stati adeguati». La perizia medico legale illustrata dal professor Albarello parla chiaro: "Se fosse stata posta in essere un'idonea terapia per Cucchi si sarebbe potuta scongiurare la morte. Da parte dell'ospedale - ha aggiunto  Arbarello- c'è stata omissione e negligenza". Parole dure quelle del capo del pool di esperti nominati dalla procura di Roma, parole che dovrebbero fare rabbrividire ogni cittadino costretto a chiedere aiuto ed assistenza in un ospedale; negligenza, omissione ed incapacità di comprendere il quadro clinico del paziente quando è entrato in ospedale, per non parlare di quello che è successo nelle ore immediatamente successive, di quel rapido peggioramento di cui nessuno ha tenuto conto. Un centinaio di pagine per dire che cosa abbia ucciso Stefano Cucchi, il geometra 31enne arrestato per spaccio di stupefacenti e morto dopo quattro giorni di ricovero nell'ospedale carcerario Pertini di Roma.  "In ospedale  non è stata colta la gravità della situazione e, determinante per la morte,  - ha spiegato il consulente – è stata l'omissione di un piano terapeutico adeguato".
Per  Arbarello, "il reparto di medicina protetta non era idoneo alla sua condizione. Non sappiamo il perché, scrive,  non sia stato ricoverato in un altro".
Cucchi, secondo la relazione dei periti della tribunale,  non è quindi morto per le botte ma per la negligenza dei medici: in sei sono accusati di omicidio colposo; per  i consulenti non ci sono lesioni ricollegabili al pestaggio, tranne la ferita sopra l'occhio e le fratture alle vertebre potrebbero essere state causate da una caduta, in ogni caso guaribili al massimo in quaranta giorni. Una buona notizia per gli agenti della polizia penitenziaria, praticamente scagionati, che potrebbero vedere derubricata a lesioni l’accusa di omicidio preterintenzionale.Smentita però anche la tesi della Commissione parlamentare di inchiesta secondo cui Cucchi sarebbe morto per disidratazione: per gli esperti nominati dalla procura, il giovane aveva bevuto 3 bicchieri d'acqua. Se c’è grande precisione  nel dimostrare le negligenze degli operatori sanitari del Pertini appaiono meno documentate le motivazioni mediche sulla morte del ragazzo: bradicardia, collasso, ma cosa inizialmente abbia determinato tutto ciò in un giovane di 31 anni sano al momento dell’arresto rimane poco chiaro. Il legale della famiglia, Fabio Anselmo sottolinea: «Stefano era un ragazzo che fino al giorno dell'arresto camminava sulle sue gambe e andava ogni giorno in palestra».  Non tardano ad arrivare i risultati della perizia civile, i consulenti di parte raccontano un’altra storia: Stefano è morto per le conseguenze connesse al trauma. “Non ci sono state solamente le negligenze dei medici –ha detto il professor Vittorio Fineschi- ad ucciderlo sono state le botte”. Stefano aveva lesioni al volto e all’addome, due fratture alla colonna vertebrale che, a differenza di quanto sostenuto dai consulenti della procura, erano recentissime dunque compatibili con il pestaggio che sarebbe avvenuto nelle camere di detenzione situate sotto il tribunale. Cucchi viene trasferito nel reparto detenuti del Pertini perché non può più camminare, qui dicono i consulenti della famiglia, viene abbandonato in un letto, non collabora, rifiuta il cibo perché i medici non gli danno la possibilità di parlare, come previsto dalla legge, con un avvocato di fiducia. Ora dopo ora, minuto dopo minuto la situazione precipita e il cuore di Stefano non regge. E’ il 22 ottobre. Nella perizia di parte civile è scritto a chiare lettere che “nessuna perplessità genera la genesi traumatica e l’interpretazione del quadro lesivo sul cadavere di Cucchi. Tutti gli esami effettuati in corso di autopsia dimostrano, inequivocabilmente, l’insorgenza traumatica e la sua genesi acuta, come incontrovertibilmente dimostrato dalle emorragie dei muscoli lombari a livello di L3 e dei muscoli della pelvi in corrispondenza del rachide sacrale”. E ancora si sottolinea come tali lesioni abbiano origine “per l’azione combinata diretta ed indiretta (trasmissiva), reiterata, di tipo contundente e meccanico violenta”. Le botte hanno ridotto Stefano Cucchi in quel modo,  le botte date con ripetuta  violenza lo hanno ammazzato. E’ questa la verità della famiglia di Stefano, una verità che non aiuta ad estirpare il dolore dei genitori e che fa ancora una volta tornare alla mente della sorella Ilaria un pensiero: “La cosa che fa più male, dice al Tg3, è che probabilmente Stefano è morto odiandoci, credendo che lo avessimo abbandonato”.

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