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Articolo 21 - Editoriali
Governare la Rai e riformare la Legge Gasparri
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di Luigi Mattucci

Se qualcuno si fosse mai illuso sulle intenzioni della destra italiana di mantenere e ampliare il suo potere  sul nostro sistema  delle comunicazioni , basterebbero a  illuminarlo le vicende che stanno caratterizzando , in questi giorni , il rapporto tra mondo dellâ??informazione e strutture economico-politiche del nostro paese : i ricorrenti e oscuri tentativi di spezzare il sistema di garanzie che tutela tuttora la indipendenza editoriale del Corriere della Sera  e le palesi manovre per mantenere e , se possibile , ampliare il controllo del  Polo ( e quindi di Mediaset ) sulla RAI.

Su questâ??ultimo problema , da parte dei DS e in particolare del Segretario Fassino , era stata offerta alla destra una ipotesi di gestione â?? equilibrataâ? della RAI , attraverso una scelta dei vertici del servizio pubblico che consentisse di garantire allâ?? azienda e ai cittadini un periodo di stabilità e di rispetto del pluralismo culturale e politico.La risposta è stata un secco rifiuto ed anzi la ricerca â?? tuttora in corso - di meccanismi di blindatura della stessa maggioranza che impedissero ogni ipotesi di collaborazione , ogni spazio di autonomia nel Consiglio di Amministrazione e al vertice del Servizio pubblico.

Dunque , poiché allo spirare della incombente estate entreremo di slancio nei mesi che vedranno prendere corpo la  lunga e decisiva campagna elettorale del 2006 , la sinistra si trova oggi di fronte al problema di esprimere una forte e percepibile opposizione al sistema della comunicazione definito dalla Legge Gasparri (e, al suo interno , della condizione e del destino in essa riservati alla RAI ) , e , nello stesso tempo , di condividere la responsabilità di gestire â?? sia pure in condizione di minoranza  - lâ??azienda di servizio pubblico.

Io penso che questa apparente contraddizione possa essere risolta in modo limpido , nellâ??interesse della RAI, degli operatori che in essa lavorano , dei cittadini e delle istituzioni del nostro paese. Si deve continuare a denunciare lo stravolgimento organizzativo, manageriale , culturale cui lâ??azienda è stata sottoposta nei lunghi anni di controllo esclusivo della destra;  lo stato di subalternità strategica  e lâ??assenza di ogni prospettiva di sviluppo industriale cui lâ??hanno costretta gli interessi del Presidente del Consiglio e di Mediaset ;  le pesanti discriminazioni operate contro giornalisti, autori, dirigenti privati del loro diritto di esprimersi e del loro stesso lavoro . Ma , al tempo stesso, non si deve rinunciare a intervenire per esprimere un vertice meno compromesso con il passato , per cercare di costruire una linea editoriale degna del servizio pubblico, per rendere la RAI strategicamente e industrialmente più forte , per reinserire nei palinsesti e nelle strutture operative chi è stato emarginato. Tutto questo â?? beninteso - senza rinunciare a  ricordare  le responsabilità di quanti , oggi o nel passato , assumono o hanno assunto il ruolo di braccio  esecutivo della destra ; e che potrebbero essere tentati, con posizioni â?? aperturistiche â?? o addirittura autocritiche , di cercare riverniciature o ricollocazioni utili in un futuro possibile ( sport molto praticato in questi giorni e non solo nelle sue componenti â?? maschili â??â?¦)..   

Ma se questo è il compito , non facile ma politicamente delicato e di grande rilievo  , che spetta ai rappresentanti del centrosinistra nel Consiglio di Amministrazione e a coloro che saranno eventualmente chiamati a gestire la RAI, alle forze politiche dellâ?? Unione si pone il problema di definire un percorso che conduca la nuova maggioranza parlamentare , che uscirà dalle elezioni del 2006 , a intervenire efficacemente e rapidamente su una materia decisiva per il funzionamento della democrazia nel nostro Paese , per lo sviluppo culturale e industriale italiano , per la creazione di quella coesione nazionale che sarà indispensabile per affrontare i difficili  impegni che il centrosinistra dovrà prospettare al Paese e realizzare nei prossimi cinque anni.

Nelle prossime settimane il centrosinistra metterà dunque  a fuoco le linee programmatiche che guideranno la sua politica nel settore della comunicazione.Si tratta di riassumere e armonizzare un lavoro che , in realtà non si è mai interrotto e che riguarda , sinteticamente , i seguenti capitoli:

-        ridefinizione efficace del â?? sistema integrato della comunicazione â??che distingua tra attività di trasporto e distribuzione e attività editoriale vera e propria , con evidenza dei prodotti â??premiumâ? ( su questo problema sono intervenuti in maniera assai convincente Pierluigi Celli e Luca Balestrieri sul supplemento â??Economia â?? del Corriere della Sera del 27 giugno u.s.);

-        introduzione di meccanismi antitrust non più basati su differenziazioni  tecnologiche ( ormai superate dalla generale digitalizzzione dei messaggi ) o sulle modalità organizzative dellâ??offerta (reti , canali , pay-tv,  ecc.) ormai messa continuamente in discussione dalla competizione globale e dalla fantasia imprenditoriale degli operatori , ma sui livelli di fatturato e sui collegamenti proprietari . Accettati questi come parametri sui quali accertare il formarsi di eventuali posizioni dominanti bisognerà verificare la opportunità di introdurre norme riguardanti anche i sub-sistemi , in particolare per  impedire che chi si trova in una posizione favorita in un particolare mercato, magari economicamente molto consistente,        possa trasferire la sua potenza finanziaria su mercati economicamente più piccoli e facilmente soffocabili ( si pensi, per esempio alle telecomunicazioni e alla editoria giornalistica) ;

-        rigorosa definizione e regolazione dei â?? conflitti di interesse â?? con conseguente (e protratta) incompatibilità tra  proprietari e manager di imprese del settore e assunzione di responsabilità specifiche di carattere politico o di gestione di imprese pubbliche;

-        potenziamento dei poteri e delle responsabilità dellâ?? Autorità per le telecomunicazioni che deve assumere il compito di â??arbitro in campo â??, capace di intervenire prontamente ed efficacemente  - anche attraverso interventi normativi - per rendere il funzionamento del sistema corrispondente ai principi introdotti legislativamente dal Parlamento;

-        aumento ed equilibrata distribuzione delle  risorse economiche a disposizione del sistema: limitazione degli affollamenti pubblicitari sulle tv commerciali e ,in particolare sulla tv pubblica ; adeguamento  ai livelli europei delle risorse pubbliche poste a disposizione della RAI e  precisa definizione parlamentare ( attraverso â??Libri bianchi â?? pluriennali , commissionati ed approvati dal Parlamento ed affidati alle esecuzione del Governo ) degli obiettivi industriali, culturali, produttivi, organizzativi e tecnologici del servizio pubblico . Qui si impone una scelta impegnativa: non si possono perseguire assieme lâ??obiettivo di una pluralità di imprese private , quello di una loro capacità competitiva a livello internazionale , quello di un forte e moderno servizio pubblico               ( anchâ??esso a misura del mondo globalizzato) , senza inserire nel sistema una robusta iniezione di risorse  economiche  o almeno finanziarie , che consentano al nostro sistema della comunicazione di assumere le dimensioni strutturali almeno delle altre nazioni europee. Non si può rifiutare contemporaneamente il protezionismo francese o il forte finanziamento pubblico alla BBC o alla ARD-ZDF inglese o tedesco ( da tre a quattro volte quello che riceve la RAI) e pensare di scimmiottare la liberalizzazione statunitense fondata su un mercato economicamente dieci volte più grande del nostro e su una industria cinematografica e audiovisiva dominante sullâ??intero pianeta!

-        revisione del modello e dei processi di privatizzazione: bloccata dalla stessa destra quella prevista da Gasparri per il suo carattere nominalistico e propagandistico e per la sua incapacità a determinare reali meccanismi di  innovazione del mercato,  la privatizzazione della RAI dovrà essere impostata sulle capacità di conferire allâ??azienda flessibilità operativa e attitudine alle alleanze. Dovrà dunque essere consentita per specifici settori di attività e attraverso specifiche  società operative ( in questo caso superando eventualmente anche la soglia del 51% ), senza perciò intaccare la natura e le finalità pubbliche dellâ??intera azienda che dovrà rispondere sempre e innanzitutto a interessi generali;

-        individuazione di  assetti istituzionali e di meccanismi  di nomina dei vertici della RAI che ne garantiscano lâ??autonomia e lâ??indipendenza , pur allâ??interno di indirizzi programmatici definiti dal Parlamento ( Libri Bianchi ) ed  affidati , anche dal punto di vista dei necessari finanziamenti , alla esecuzione del Governo.Le garanzie dovrebbero estendersi, a cascata , anche agli operatori interni ed esterni allâ??azienda , con il ripristino di una organizzazione che rispetti le autonomie operative e decisionali delle strutture di programmazione e di gestione , con le assunzioni per concorso , con sistemi di accesso e di carriera sottratti allâ??arbitrio clientelare che oggi ( ma non da oggi )  li caratterizzano , con albi di fornitori e appaltatori trasparenti e sottratti agli interessi privati ;

-        definizione di un modello organizzativo capace di garantire autonomia e di individuare le responsabilità delle strutture e di chi le guida , ed anche in grado di integrarsi ,secondo le opportunità e le necessità , con lâ??ambiente normativo , sociale e territoriale nel quale si trovano ad operare.Si pensi qui alle molteplici forme organizzative che può assumere la iniziativa del servizio pubblico sul differenziato scacchiere internazionale o invece su ridotti ambiti territoriali del nostro paese.

Come è facilmente intuibile, rimettere le mani sulla Legge che definisce e regola il sistema della comunicazione in Italia impone al centrosinistra di prendere decisioni rilevanti attorno alle priorità con le quali affrontare le sue prime responsabilità di governo e alla composizione dei molti e contrastanti interessi che operano e si esprimono in questo cruciale settore della vita nazionale. Per queste ragioni, pregiudiziale alla messa a punto del definitivo progetto di regolamentazione della materia ,  diventa , a mio avviso , la soluzione di due problemi metodologici dal cui esito (  o dalla  cui mancata soluzione preventiva ) può dipendere la possibilità stessa di realizzare una riforma che già in passato ha oscillato tra velleitarismi e minimalismi senza giungere alla compattezza necessaria per superare la resistenza degli interessi messi in discussione e i mille corporativismi che prosperano allâ??ombra degli interessi partitici .

Il primo problema riguarda le risorse che la nuova maggioranza intenderà stanziare per dotare il paese di un sistema della comunicazione forte e capace di far competere il Paese , sul piano culturale, dellâ??immagine e dellâ??innovazione tecnologica  nella dimensione internazionale. Ho già accennato alla necessità di dotare la RAI di maggiori risorse pubbliche ( con relativo trasferimento di parte delle risorse commerciali a â??nuoveâ? imprese private ): ma si tratta anche di defiscalizzazioni, di fondi per lâ??ammodernamento tecnologico, di formazione di nuovi manager, autori, registi, attori; di integrazioni tra la promozione della cultura e del prodotto italiano allâ??estero e le nostre strutture audiovisive, pubbliche e private. Si tratta di capire che oggi il sistema della comunicazione di un Paese è la struttura fondamentale e indispensabile per la condivisione di un pensiero nazionale solidale , per la diffusione internazionale  di un immagine dellâ??Italia allâ??altezza delle sue ambizioni e potenzialità, per una integrazione dei progetti e degli sforzi individuali in un destino condiviso che caratterizza ancora le comunità nazionali.

Il secondo problema riguarda lâ??estrema urgenza con cui sarà necessario intervenire:io mi auguro che la larghezza della vittoria elettorale e lâ??omogeneità della maggioranza che ne scaturirà assicurino al centrosinistra la forza per approvare rapidamente una riforma che in tutte le precedenti occasioni ( da quella del 1976, alla fallita 1138, alla stessa Legge Gasparri ) ha richiesto iter parlamentari lunghissimi e pieni di compromessi.Ma di fronte alla alternativa tra un nuovo completo progetto di sistema ( che pure rimane indispensabile per ammodernare il Paese e le sue strutture di comunicazione ) e tempi parlamentari  che rischiano di assorbire  molti mesi e forse qualche anno di attività legislativa , trascinando per lo stesso  tempo danni e compromessi imposti dalla Legge Gasparri , io penso che sarebbe bene operare uno stralcio di alcune norme, riguardanti il conflitto di interessi , il meccanismo di nomina del CdA Rai e le regole della privatizzazione del servizio pubblico approvandole entro le prime settimane della nuova legislatura.Si tratta di quelle norme attraverso le quali la destra italiana ha colpito al cuore la logica di pluralismo e indipendenza che deve stare alla base del rapporto tra potere politico e sistema della comunicazione ; si tratta di quelle norme che fanno del nostro Paese una vera anomalia democratica. Senza la loro correzione tutto il sistema democratico sarebbe a rischio di corretto funzionamento, anche in caso ( e forse proprio nel caso ) di una vittoria elettorale del centrosinistra.

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